“Abbiamo assistito a una ritirata silenziosa dell’accusa dal contraddittorio, alla rinuncia sostanziale a confutare le nostre argomentazioni”. È un passo della replica del legale di Marcello Dell’Utri, l’avvocato Francesco Centonze, nel corso degli interventi delle parti previsti per l’ultima udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia prima che la corte si ritiri in camera di consiglio per la sentenza.
Imputati a Palermo di minaccia a Corpo politico dello Stato gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, il pentito Giovanni Brusca, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà. Centonze parla di “mix di suggestioni create dall’accusa per provare a ribaltare una sentenza definitiva” alludendo al verdetto che ha scagionato l’ex senatore azzurro dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il periodo successivo al 1992.
“Invece di uscire dal suo cantuccio – dice Centonze- la procura generale preferisce restare nella sua zona di conforto“. Il legale ha bollato come “deduzioni prive di dimostrazioni e mere massime di esperienza le argomentazioni dell’accusa“.
“Il Governo Berlusconi si è opposto a provvedimenti favorevoli all’organizzazione mafiosa e questo emerge documentalmente dalle carte della Presidenza del Consiglio depositate al processo”, ha aggiunto il legale Centonze.
Centonze parla di frasi “velenose” dette dall’accusa, emblematiche di una debolezza dell’impianto della Procura generale. “Quanto a Berlusconi vittima della minaccia che la mafia gli avrebbe fatto tramite Dell’Utri, mai avevo sentito l’accusa dileggiare la vittima di un reato. Ne deduco che Berlusconi non goda dell’apprezzamento della procura generale ma, di più, dileggiando l’ex premier è la stessa pg a disconoscerne il ruolo di vittima, altrimenti non ironizzerebbe su di lui“, ha aggiunto. “L’accusa discetta di sociologia, fa deduzioni, insomma guarda il dito e non la luna“, conclude.