Dalle bombe d’acqua al caldo infernale. E’ questo il paradosso che l‘agricoltura siciliana ha dovuto affrontare in meno di 3 mesi. Le imprevedibili piogge di maggio avevano vanificato i raccolti stagionali mettendo in ginocchio il settore. Ora bisognerà fare i conti con i raccolti bruciati dalle temperature record e con i terreni devastati dagli incendi.
Le azioni dolose compiute dai piromani si intrecciano adesso agli effetti causati dal repentino cambiamento climatico. Questa volta più che mai aziende e agricoltori sono stati colti di sorpresa. Con le fiamme ancora in corso è difficile ad oggi fare una precisa conta dei danni. Ma è possibile fare un primo bilancio. Secondo le prime stime della Regione si tratta di oltre 200 mln di euro. Una cifra veramente esorbitante, destinata anche a crescere visto che gli effetti rischiano di protrarsi nei mesi che verranno.
I più colpiti sembrano essere i vigneti. Giusto poche ore fa è stato pubblicato dalla Regione il decreto che riguarda la campagna vendemmiale 2023/2024, al via dal 24 luglio e con termine fissato al 30 novembre 2023. Si prenuncia però una stagione molto complessa: circa l’80% dell’uva in Sicilia è andata bruciata a causa delle elevate temperatura.
Quest’ultime hanno seriamente compromesso anche ortaggi, pomodori, meloni e angurie. Oltre ad essere in parte andati a male, quelli raccolti non saranno prodotti di adeguata qualità, con il pericolo di restare invenduti nei mercati. Sembrano invece resistere gli ulivi che nulla però hanno potuto agli incendi divampati nella provincia di Trapani. Come per le aree boschive, ettari ed ettari sono andati in fumo. I danni sarebbero invece contenuti per quanto riguardi i campi di cereali, ormai verso la fine del periodo di mietitura.
Cause diverse ma identici effetti. A pagarne le conseguenze saranno però ancora una volta agricoltori e aziende agricole. Lo spettro di un fatturato inferiore alle previsioni sembra essere concreto. Ma non solo. Anche la manodopera rischia di registrare un forte calo occupazionale, con molti lavoratori che non verranno assunti per la vendemmia o la raccolta degli ortaggi.
Si lavora invece nelle serre. L’irrigazione prosegue ma viste le temperature così elevato le sirene dell’allarme siccità ritornano a suonare. Le condizioni delle reti e del sistema idrico siciliano del resto sono ben note: fa acqua da tutte le parti e non sono adeguate a fronteggiare emergenze di tali portate.
Ora più che mai, con il cambiamento climatico ormai al galoppo, il cambio di passo è doveroso per (almeno) provare a sfruttare al massimo le potenzialità di una terra che, anno dopo anno, rimanda l’appuntamento con innovazione, progresso e la prospettiva di un futuro