“Quis custodiet ipsos custodes?” chi controlla i controllori? si chiedeva Giovenale nella sua Satira. Una domanda che, a Catania, rimane senza risposta per una sostanziale e ormai drammatica carenza di personale addetto ai controlli.
Polizia Municipale, agenti di riscossione e, in generale, personale amministrativo: gli uffici del Comune sono ormai ridotti all’osso se si considera che gli ultimi concorsi risalgo alla fine degli anni Ottanta. Con il risultato finale che, nel capoluogo etneo, nessuno riscuote le tasse e, quindi, nessuno le paga. Accanto a questo, il capoluogo etneo primeggia anche per elusione ed evasione delle tasse: nel primo caso perché “non vede” chi dovrebbe pagarla (non esiste un registro aggiornato dei contribuenti) mentre, nel secondo, non riesce a contrastare chi, volontariamente, decide di non pagare.
Stiamo parlando di una situazione che, secondo gli addetti ai lavori, si aggira intorno al 50% dei cittadini residenti che, di fatto, non versa i tributi nelle casse del Comune. Un dato che ha dell’incredibile e che, in assenza di un totale ripensamento del sistema di riscossione dei tributi nei Comuni – e soprattutto per quelli del Sud – creerà un danno ancora più profondo alla città di Catania.
Ad esserne sicuro è, tra gli altri, Manfredi Zammataro, ex consigliere della Commissione Bilancio del Comune di Catania che ha parlato chiaramente di una situazione esplosiva. E che, negli anni passati, ha avuto modo di lavorare insieme ai funzionari comunali della “task-force” che aveva proprio il compito di ripensare il sistema di raccolta delle tasse.
“Partiamo da un dato: il personale dell’Ufficio Tributi si trova in una situazione di drammatica carenza. Parliamo di circa il 15-20% dei dipendenti di cui avrebbe bisogno un Comune come quello di Catania – spiega Zammataro a IlSicilia.it – Assistiamo poi al fatto che esiste un censimento di tutte le persone e, soprattutto, di tutte le attività commerciali che dovrebbero pagare le tasse, ma non è aggiornato costantemente. L’evasione è poi un fenomeno complesso. Consideriamo anche che alcune sacche di cittadini che si trovano in particolare disagio sociale, nei fatti non possono pagare. Non è un dato secondario, soprattutto dopo la pandemia“.
“Noi, nel quinquennio precedente, abbiamo istituito una task-force contro l’evasione fiscale – aggiunge l’ex consigliere – che ha consentito di aggiornare in parte l’elenco dei soggetti che avrebbero dovuto versare i tributi. Un passo in avanti, ma c’è tantissimo ancora da fare“.
A fronte di questa sostanziale incapacità, Catania indossa la maglia nera per un altro dato collegato alle tasse: quello di avere “la spazzatura” più alta d’Italia con un tributo che è passato dai 504 euro ai 594 tra il 2021 e il 2022. Ma sela Tari è la più costosa del Paese riesce ad essere, contemporaneamente, il tributo meno pagato. Perché più facilmente eludibile, soprattutto per chi dichiara di essere nullatenente.
Un dato al quale, a livello nazionale, si è cercato di porre rimedio provando a collegare la tassa dei rifiuti alla bolletta della luce. Proposta rimasta ancora nell’alveo delle “belle idee” che, però non sono mai state applicate.
Come rimane, nei fatti, ancora lontano un possibile concorso che rinnovi e ringiovanisca il personale del Comune. Con il dissesto economico-finanziario, infatti, il Comune non può materialmente indire nuove procedure selettive con il paradosso di trovarsi, tra pochissimi anni, con più personale pensionato che operativo e, dunque, in una situazione di possibile paralisi degli uffici.
I problemi, simili a quelli degli altri Comuni del Sud Italia, sono al centro dei dossier che il sindaco Trantino – una volta chiuso il capitolo delle “emergenze” estive – dovrà affrontare in via prioritaria. Magari “tirando la giacchetta” di Giorgia Meloni e chiedendo, a Roma, un corposo intervento normativo che ripensi non solo le modalità ma anche i soggetti titolari dell’autorità di riscossione: si potrebbe infatti optare per un intervento della Regione o, addirittura, del governo nazionale.