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Gli enti di area vasta

Stallo al Senato, a rischio anche le Province siciliane

lunedì 14 Agosto 2023
EX PROVINCE

I deputati regionali siciliani prima di andare in ferie si sono spinti fino a individuare la finestra elettorale nella prossima primavera per le redivive Province siciliane. La finestra scelta, tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024, potrebbe vedere un accorpamento con le elezione Europee del prossimo giugno, eventualità che però divide le forze politiche siciliane tra chi, forte di un contenitore politico nazionale vorrebbe sfruttare l’effetto traino delle europee e i movimenti regionali che preferirebbero separare le due competizioni elettorali.

Tuttavia la rinascita delle Province siciliane deve fare in conti con un percorso piuttosto insidioso che deve tenere anche conto di quanto sta avvenendo, o non avvenendo, a Roma in questi giorni.

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palazzo comitini

La riforma sfornata dalla Prima commissione dell’Ars riprenderà il proprio cammino parlamentare solamente a metà settembre: l’iter prevede un passaggio in commissione bilancio e poi l’approdo in Aula dove si dovranno fare i conti con le aspettative e le paure dei settanta onorevoli di Sala d’Ercole che si dovranno premurare anche di trovare 16 milioni di euro per il primo anno di attività dei nuovi enti, tra operazioni elettorali e compensi per i politici.

Ma l’ostacolo maggiore per il ritorno delle Province in Sicilia sta a Roma dove pare che il disegno di legge che dovrebbe restituire le Province vecchia maniera su tutto il territorio nazionale si sia arenato al Senato. A Palazzo Madama sul futuro delle Province 2.0 si starebbero guardando “l’un contro l’altro armati” in maniera serrata Lega e Fratelli d’Italia, un confronto che rischia di portare per le lunghe la discussione del ddl.

Materia dello scontro tra i partiti di Salvini e Meloni sarebbe la nuova legge elettorale per gli enti in questione: nel ddl in discussione al Senato si stabilisce di agire attraverso una norma transitoria che prevede collegi unici provinciali ma è sul sistema elettorale che si manifestano le prime crepe nella maggioranza dato che Fdi con il presidente della Prima Commissione Balboni ha presentato un emendamento per adottare il cosiddetto “Provincellum”, sostanzialmente la vecchia legge elettorale delle province, mentre la Lega vorrebbe puntare su un modello regionale con collegi elettorali più piccoli. C’è poi il tema delle risorse finanziare, che in questo contesto così delicato per le finanze dello Stato impensierisce ancora di più: secondo una stima del Viminale ripristinare le Province sul territorio nazionale costerebbe circa 223 milioni. Tutti dubbi che ai più esperti delle dinamiche parlamentari fanno dire che sarà molto difficile arrivare al voto per le province entro il 2024.

L’incertezza romana ha delle ripercussioni anche sui progetti siciliani di restaurazione delle province: una eventuale fuga in avanti dell’Ars con l’approvazione di una nuova legge sulle province in mancanza di una riforma nazionale della legge Delrio metterebbe la legge siciliana a forte rischio impugnativa. Un rischio che il Presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno ha detto già di non voler correre, anche per non muoversi in maniera non concordata con il governo Meloni.

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