Leggere, anzi leggerissime. Sono le buste paga medie dei lavoratori dipendenti siciliani (settore privato) che vedono le città dell’isola precipitare nella classifica nazionale stilata nei mesi scorsi dal centro studi Tagliacarne di UnionCamere.
I dati raccolti su 107 città nel 2021 relativamente al reddito da lavoro dipendente pro-capite (rapportato alla popolazione residente) hanno portato ad una media nazionale di 12.473 euro. In vetta c’è Milano con 30.464 euro (due volte e mezzo la media nazionale) e nove volte più alto di quello di Rieti fanalino di coda con poco più di 3.300 euro. E le città della Sicilia non sono messe affatto bene, con una media che è poco più della metà di quella nazionale.
Va detto che si tratta di “medie” e che il riferimento è esclusivamente al lavoro dipendente (settore privato non PA), ma sono cifre che fanno riflettere.
I più “ricchi”, per usare un eufemismo sono i dipendenti di Ragusa con una media di 10.268,88 euro annui procapite (busta paga in crescita dal 2019 di 5,8% in più che la portano alla 51esima posizione) e di Siracusa con una media di 9.243,22 euro (2,2% in più rispetto al 2019 e 60esima posizione). A seguire c’è Catania al 72esimo posto con 8.087,86 euro all’anno (-1,6% rispetto al 2019), Caltanissetta 79esima con 7.491,41 euro (+4,4%), Palermo 80esima con 7.378,06 euro (+0,4%), Messina 82esimo posto con 7.117,01 euro (-2,2% rispetto al 2019). Trapani 98esimo posto con 6.361 euro annui, Enna al posto 104 con 5.557, 75 euro ed Agrigento posto 105 con 5.337 euro.
Dal 2019 al 2021 inoltre mentre tutte le città hanno registrato un aumento nello stipendio medio di 301 euro l’anno, ci sono 22 comuni nei quali i dipendenti di euro ne hanno persi 312 in un anno (tra questi molti comuni del sud).
Crescite al top si rilevano a Milano (+1.908 euro), Parma (+1.425) e Savona (+1.282). Sotto la Madonnina i dipendenti sono anche i meglio pagati d’Italia, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, ma va anche aggiunto che nel capoluogo lombardo il reddito da lavoro dipendente rappresenta oltre il 90% del reddito disponibile contro il 23,9% di Rieti e il 63,1% della media nazionale.
Non è comunque un caso che la Sicilia sia una delle regioni del sud nella quale è stato altissimo il ricorso al reddito di cittadinanza per non parlare di lavoro nero e forme irregolari di precariato ai limiti dell’illegalità. Una media di stipendi da lavoro dipendenti così bassa (in alcuni casi persino ridotta rispetto al 2019) richiede forti interventi anche sul fronte dei controlli ispettivi (sia su buste paga che effettivo carico orario di lavoro).
«L’analisi dimostra che la geografia delle retribuzioni è diversificata territorialmente, e sotto vari aspetti non rispetta la tradizionale dicotomia Nord-Sud – ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne – infatti, se confrontiamo la graduatoria del pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza) con quella delle retribuzioni, vediamo che nel primo caso praticamente tutte le ultime trenta posizioni sono appannaggio di province meridionali (con la sola eccezione di Rieti), mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben 10 province del Centro-Nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale».