Accedere ai documenti delle amministrazioni pubbliche non è mai stato così semplice come negli ultimi anni. L’obiettivo che gli enti statali si prefiggono è quello di apparire come una “casa di vetro”, dove tutti i cittadini possono osservare ciò che avviene al suo interno, sulla base delle indicazioni contenute anche nelle recenti esternazioni di ieri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
La Regione Siciliana è oggi dotata sia di norme sulla semplificazione che sulla trasparenza amministrativa, al fine di adeguarsi alle spinte europee sulla tutela del diritto alla conoscenza dei cittadini.
Ma si tratta di una strada accidentata, nella quale occorre costantemente bilanciare gli interessi coinvolti nella ostensione al pubblico di alcuni documenti. Giusto per citare alcuni ostacoli alla piena conoscibilità dell’operato della pubblica amministrazione basti citare fra tutti il diritto alla privacy ed il segreto d’ufficio o di Stato.
Una vecchia proposta siciliana
L’Isola è stata anche anticipatrice, tra le regioni italiane, nel proporre alcune disposizioni innovative in materia, specie nella precedente legislatura. Stefano Pellegrino, deputato di FI all’Ars, ha spiegato: “Alla fine della scorsa legislatura era pronto un disegno di legge che era stato trattato già in prima commissione, su proposta del governo regionale e dell’allora assessore all’Economia Gaetano Armao. L’obiettivo di questa norma era quella di un’amministrazione aperta, cioè che potesse essere visionata e controllata da tutti i cittadini in ogni momento.”
Tra gli istituti chiave del disegno di legge, un ruolo fondamentale era ricoperto dalla partecipazione passiva dei cittadini al processo decisionale degli enti pubblici e dalla bidirezionalità nella collaborazione tra i due attori sociali: amministratori ed amministrati. Questi ultimi avrebbero potuto fornire un contributo fondamentale nei procedimenti della p.a. al fine di ottenere un’implementazione della democrazia partecipata.
“C’erano anche delle misure – precisa Stefano Pellegrino – che garantivano la performance organizzativa, la responsabilità, il controllo diffuso, la semplificazione e l’utilizzo di nuove tecnologie dell’informazione.”
Il disegno di legge, già pronto per essere discusso in aula, si è però arenato dopo le dimissioni dell’ex governatore siciliano Nello Musumeci. Ma l’ex capogruppo di FI all’Ars è fiducioso: “Tutte le attività svolte e l’impegno che era stato profuso sarebbe un peccato che venissero persi. Anche perché c’erano state diverse audizioni a tal proposito, tra cui quella dell’Anci e di alcuni dirigenti. Inoltre – prosegue Pellegrino -, quando il disegno era stato approvato in Commissione, avevamo fatto rilevare anche il primato della norma siciliana rispetto a quelle nazionali. Poi il disegno non andò in porto, ma è tutto ancora pronto e speriamo di portarlo avanti.”
Sul più ampio piano nazionale, invece, la necessità di accrescere la consapevolezza dei cittadini è evidenziata anche dagli interventi legislativi che si sono susseguiti nel tempo. Oggi si annoverano ben tre tipologie di “accesso” agli atti.
Accesso documentale
È finalizzato a poter visionare ed estrarre copia di un atto la cui conoscenza è fondamentale per la tutela di un diritto o di un interesse legittimo di chi lo richiede. È la più antica forma di accesso agli atti e risale alla legge numero 241 del 1990.
Accesso civico “semplice”
Quasi 25 anni dopo rispetto alla prima tipologia di accesso, il legislatore nazionale, sulla spinta dell’Ue e dell’opinione pubblica, ha introdotto alcuni obblighi di divulgazione per un tassativo elenco di atti attraverso i siti internet degli enti amministrativi. Se l’obbligo di ostensione non viene puntualmente rispettato, tutti i cittadini hanno la possibilità di richiederne la pubblicazione.
Accesso civico “generalizzato”
Per tutti gli altri documenti, invece, si applica l’accesso civico generalizzato. È entrato a far parte dell’ordinamento nazionale soltanto nel 2016 ed è uno strumento che consente di realizzare l’obiettivo della “casa di vetro”, legittimando la conoscibilità di ogni informazione, dato o atto che sia detenuto dalle amministrazioni.
Le problematiche irrisolte
La consacrazione della trasparenza quale “valore principe” ha creato alcune difficoltà. Innanzitutto, gli enti si sono trovati ad affrontare la questione dei costi. La stratificazione di numerosi dati sui siti web richiede anche una delicata operazione di indicizzazione e di tutela degli stessi. Per questi motivi, è stato introdotto l’ulteriore obbligo di nominare la figura di Responsabile per il trattamento dei dati personali (Data protection officer), oltre alla creazione di un ambiente digitale idoneo al rispetto della riservatezza. La sicurezza informatica, realizzata sia da soggetti fisici che da apparati digitali, richiede degli ingenti costi.
Una seconda problematica è certamente rappresentata dalla scarsa chiarezza e schematicità con la quale alcuni soggetti pubblici caricano le informazioni nella sezione “amministrazione trasparente” dei propri siti internet. Spesso appaiono come un’accozzaglia disordinata di dati, tradendo così l’iniziale ratio legis.
Ulteriore ostacolo è anche rappresentato dai limiti giuridici alla conoscibilità dell’azione amministrativa che il legislatore nazionale ha previsto nelle leggi in materia. In nessun caso, infatti, è possibile accedere ad un atto se questa operazione possa essere in contrasto con il segreto di Stato o d’ufficio, il diritto alla riservatezza, alla dignità personale ed altre numerose ipotesi. Ciò rischia di rovesciare la regola generale dell’accessibilità agli atti, rendendola piuttosto un’eccezione.