Carissimi
Gli oggetti hanno un’anima?
Me lo sono chiesto più volte per il rapporto che spesso ho con le cose e la passione per il passato, il proprio passato, oltre che per la storia.
Ci sono cose che possediamo che ci accompagnano per tanto tempo, a volte per sempre (il sempre umano legato alla nostra esistenza) che hanno per noi quel dichiarato “valore affettivo”.
Ci sono cose che necessariamente hanno rappresentano dei feticci ma sono degli oggetti che ci portiamo appresso nel tempo senza magari accorgercene, ma che finiscono per far perenne parte della nostra scrivania, dei nostri scaffali, della nostra stanza, a volte della nostra macchia e a tutto ciò leghiamo dei momenti e affidiamo la nostra memoria.
Lo so, razionalmente gli oggetti non possono avere un’anima. ma è più forte di noi, attraverso loro registrano il tempo che passa, il nostro divenire e assumono per noi e solo per noi una grande importanza evocativa.
Penso ai collezionisti, penso finanche agli accumulatori seriali, ma penso anche a chi come me raccoglie nella propria stanza dei libri, delle fotocopie, delle riviste che a volte contribuiscono a occupare spazi senza che vengano mai più aperte e senza che si trovi il coraggio di liberarsene.
Quanti di voi spesso ricorrono alle soffitte, le cantine, i garage per conservare roba che viene tolta dalla nostra abitazione o dal nostro studio perché oggi rappresenta un ingombro, quando basterebbe trovare il coraggio di liberarsene convincendosi con realismo che qualunque locale di sgombero altro non è che è un passaggio intermedio, un voler guadagnare tempo verso un destino che già è scritto per quelli oggetti, quello di essere dismessi o gettati.
Mi rendo conto che una volta era molto più semplice poiché magari non veniva fatta una raccolta differenziata, ma oggi anche il volersi disfare di un suppellettile o di qualcosa che non rappresenta il rifiuto organico o tra quelli canonici che vengono differenziati può anche rappresentare un problema, attribuendo a loro alla qualifica dei rifiuti speciali.
Ma torniamo al concetto di base e non lasciamoci vincolare dalla grandezza dell’oggetto, a volte un oggetto può essere tanto piccolo da portarlo addosso, ma rappresentare per noi qualcosa di grande importanza senza che questa assuma valore per il nostro prossimo.
Ecco, questa è la cosa più triste, un giorno quando non ci saremo, tranne in alcuni straordinari casi in cui i figli o i parenti vogliono rappresentare intatta la nostra memoria, tutto ciò che per noi ha avuto un valore, ma che non rappresenta alcun valore commerciale, finirà asetticamente per esser dismesso, buttato nella spazzatura o finire su qualche bancarella dell’usato, come quei tanti libri sui quali trovate delle dediche e che hanno avuto un grande significato per un proprietario che non c’è più.
Non so se vi è mai capitato di entrare in un posto di lavoro che ha finito la sua funzione e che magari porta con sé i sigilli di un fallimento, percependo la sensazione di una fotografia fatta in quel determinato istante nel quale è stato imposto di dovere abbandonare gli spazi e quanto all’interno di essi contenuto prima di effettuare il sequestro, avendo proprio una strana sensazione nel vedere congelato il tempo attraverso gli oggetti e se si chiudono gli occhi si può riuscire anche a immaginare una frenetica attività che fino a qualche istante prima la chiusura aveva animato quegli spazi.
Ancora peggio, non so quanti voi hanno avuto l’opportunità di visitare i musei della memoria trovandosi davanti ad una montagna di scarpe o di effetti personali rimasti l’unica testimonianza di gente dispersa nel vento senza aver avuto una degna sepoltura e oggi evocata soltanto da quegli anonimi oggetti.
Ora è ovvio, non tutti hanno una visione romantica delle cose o delle situazioni, c’è chi affronta gli oggetti in maniera asettica e effettua gli sgomberi senza lasciarsi prendere da nostalgie, ma del resto quante altre attività nella vita sconsigliano il coinvolgimento umano, chi ha avuto a che fare con gli operatori delle pompe funebri può comprenderlo, o anche con un certo tipo di medici, addirittura con un certo tipo di avvocati, pensate che strazio se dovessero perdere il proprio distacco e la professionalità, commuovendosi in ogni occasione.
Quindi, se potete, disfatevi personalmente e per tempo, di qualcosa a cui tenete, tiratevi voi stessi da qualunque coinvolgimento sentimentale, donando o vendendo ciò che per voi vale qualcosa in termini affettivi ma per chi verrà rappresenterà soltanto oggetto di frettoloso sbarazzo prime di poter procedere ad una imminente ristrutturazione.
Forse proprio per questo ho continuato negli anni ad affidare i miei pensieri sul web evitando qualunque tentazione editoriale di creare un “arricogghi pruvulazzu”.
Un abbraccio, Epruno.