La dottoressa V. C., agrigentina, è risultata vincitrice del concorso pubblico bandito dalla Regione siciliana per la copertura di 70 posti di Dirigente tecnico archeologo. La donna veniva però inquadrata dalla Regione siciliana quale Funzionario di categoria D, con applicazione del trattamento economico corrispondente, perchè , secondo l’amministrazione, i vincitori del suddetto concorso non avrebbero potuto essere inquadrati nella terza fascia dirigenziale prevista della legge regionale numero 10/2000, perché entrata in vigore successivamente all’indizione della procedura concorsuale.
In ragione di ciò, nel 2005, la signora V. C., con ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana, impugnava il provvedimento di nomina, chiedendone l’annullamento, nella parte in cui la Regione non aveva inquadrato la signora V. C. nell’area dei dirigenti di terza fascia.
Sul questo ricorso, il Consiglio di giustizia amministrativa, con parere reso a dicembre del 2007 si esprimeva favorevolmente, ritenendo che il corretto inquadramento della sig.ra V. C. “non poteva che essere proprio quello di dirigente di terza fascia”.
Nonostante ciò, nel novembre del 2011, il Presidente della Regione respingeva il ricorso straordinario presentato dalla signora V. C., richiamando una norma (l’articolo 9 del D. Lgs., n. 373/2003) che, a suo dire, lo autorizzava a decidere in maniera difforme al parere del Cga. Ed allora, la dottoressa V. C., nel 2012, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, contestava la decisione innanzi agli organi di Giustizia amministrativa.
In particolare gli avvocati Rubino e Marino, hanno rilevato, tra le altre cose, che l’applicazione della norma richiamata dal Presidente della Regione Siciliana avrebbe violato il principio di uguaglianza che deve essere garantito tra tutti i cittadini italiani: in questo caso, infatti, solo in Sicilia, un organo politico (Presidente della Regione) avrebbe potuto decidere un ricorso in maniera difforme al parere reso dall’organo giudiziale (in Sicilia, il Cga, in tutta Italia, il Consiglio di Stato). Il Consiglio di giustizia amministrativa, ritenendo rilevante la questione sulla legittimità costituzionale della norma che autorizza il Presidente a superare il parere dell’organo giurisdizionale, sospendeva il giudizio e trasmetteva gli atti alla Corte Costituzionale.
In esito all’udienza pubblica del 21.02.2023, la Corte costituzionale, condividendo le tesi degli Avvocati Rubino e Marino, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 5, D. Lgs. n. 373/2003 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana) per contrasto con gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione. A seguito di questa sentenza della Consulta, che ha determinato il venir meno della facoltà per il Presidente della Regione di discostarsi dal parere del Cga, l’appello della signora V.C. è stato accolto dallo stesso Cga.
In esecuzione della pronuncia del Cga la Regione siciliana avrebbe dovuto procedere tempestivamente ad inquadrare la dott.ssa V.C. come dirigente nei ruoli dell’amministrazione regionale. Senonchè, piuttosto che eseguire la sentenza, l’Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione Siciliana ha invece richiesto al Cga un riesame delle risultanze del parere espresso in precedenza sulla vicenda in esame.
E questo perchè, secondo l’amministrazione regionale, l’esito risultante in sede consultiva e giurisdizionale amministrativa contrasterebbe con quello cui è pervenuta la giurisprudenza della Corte di Cassazione in diverse sentenze che hanno definito (in senso favorevole all’amministrazione) alcuni contenziosi promossi dinanzi al Giudice del lavoro.
In riscontro alla richiesta gli avvocati Rubino e Marino evidenziavano l’inammissibilità della richiesta di riesame del parere proposta dalla Regione Siciliana, rilevando come secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale la suddetta possibilità è riconosciuta soltanto nelle fattispecie nelle quali è esperibile il rimedio (a sua volta straordinario) della revocazione, ipotesi queste non ricorrenti nel caso di specie, mentre nel caso in esame non sussiste né una obiettiva non conformità a diritto del parere, nè un irrimediabile contrasto con un orientamento da ritenersi del tutto prevalente e consolidato, sussistendo invece solo una questione di diritto interpretata in modo differente dai diversi organi aditi
Ebbene il Cga, aderendo alle tesi degli avvocati Rubino e Marino, ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame avanzata dalla Regione siciliana, ritenendo che non possa ritenersi ammissibile una richiesta di riesame che trovi fondamento soltanto su una divergenza interpretativa di norme.
Per effetto di quest’ultima ulteriore pronuncia del Cga la Regione siciliana dovrà procedere con la massima sollecitudine all’inquadramento della dottoressa V.C. nel ruolo dirigenziale dell’amministrazione regionale, posto che in caso contrario la ricorrente potrà agire per l’esecuzione della sentenza presso le competenti sedi giurisdizionali.