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La sentenza

Messina Denaro: condannato a nove anni l’autista del boss

mercoledì 13 Marzo 2024
Giovanni Luppino

Il gup di Palermo ha condannato per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati, a 9 anni, Giovanni Luppino, l’imprenditore di Campobello di Mazara (Tp) che ha fatto da autista al boss Matteo Messina Denaro negli ultimi tempi della sua vita da ricercato.

Luppino, secondo l’accusa, rappresentata in aula dai pm della Dda Piero Padova e Gianluca De Leo, ha inoltre chiesto soldi per conto del capomafia e, insieme ai suoi figli, arrestati a febbraio scorso, ha curato spostamenti, traslochi e diversi aspetti organizzativi della latitanza del padrino di Castelvetrano.

A Luppino la Procura aveva inizialmente contestato il reato di favoreggiamento, ma nel corso delle indagini l’accusa era stata modificata in associazione mafiosa. L’imputato venne arrestato insieme a Matteo Messina Denaro il 16 gennaio del 2023 fuori dalla clinica La Maddalena, il centro sanitario in cui il boss da mesi si sottoponeva alla chemioterapia e dove era stato operato. L’imprenditore ha raccontato, a sua difesa, che a fargli conoscere Messina Denaro spacciandolo per un suo cugino, nel 2020, era stato un compaesano, Andrea Bonafede (il geometra che prestò l’identità al capomafia ndr), che gli avrebbe chiesto di accompagnarlo a Palermo per delle cure. Il capomafia gli sarebbe stato presentato col nome di Francesco Salsi e solo dopo tempo Luppino ne avrebbe conosciuto la vera identità. Da allora “per ragioni umanitarie“, sapendo che il boss era gravemente malato, l’imputato l’avrebbe continuato ad accompagnare Messina Denaro alle terapie. Ma gli inquirenti, oltre a scoprire che Luppino aveva dato Messina Denaro ben 50 passaggi in auto per Palermo e che aveva stretti rapporti con l’amante di Messina Denaro, Laura Bonafede, hanno accertato che l’imprenditore aveva chiesto il pizzo per conto del boss. Tutte condotte incompatibili con la versione data dall’imputato che – hanno poi svelato i magistrati – aveva coinvolto anche i suoi figli nell’assistenza al latitante. Erano loro, infatti, a custodire la macchina del boss, a organizzare i suoi traslochi da un covo all’altro e a dare aiuto e sostegno a al padrino nei difficili spostamenti che dovette gestire in occasione dell’ultimo intervento chirurgico.

 

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