A lanciare la proposta è stata una studentessa universitaria ventiduenne, Samia Outia, con doppia cittadinanza veneta e marocchina, che ha dato vita a un’iniziativa che sta rapidamente conquistando il paese: “Scrivi quando arrivi”. È nata come una semplice frase, ma si è trasformata in un potente simbolo di solidarietà e sicurezza per le donne che tornano a casa da sole, che si aiutano e sorvegliano nei rientri a casa, anche notturni.
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La rete solidale su WhatsApp, nata a Bologna, si è diffusa rapidamente in poco tempo, ed è arrivata anche a Palermo, Torino, Firenze, Roma e Bergamo. Una comunità informale e silenziosa, nata e cresciuta in soli tre mesi.
Dal 4 aprile a Palermo la chat creata su Whatsapp, per l’insight della professoressa di inglese, con una spiccatissima propensione per il sociale, Ida Serena Fragale e da un’avvocata/difensora dei diritti umani, Maria Vittoria Cerami, con il supporto di alcune donne volontarie. E ha già raggiunto in meno di tre giorni oltre 500 iscrite, grazie anche a una campagna social intitolata con l’hashtag #scriviquandoarrivipalermo.
In poche ore dalla nascita della chat sono entrate più di 250 donne, in 48 ore si è arrivate a oltre 350 iscrizioni sulla chat fino a raggiungere le oltre 500 iscrizioni nella serata di ieri. Il segnale inequivocabile di una grande richiesta di ascolto e di sicurezza da parte delle ragazze e delle donne che la sera gira per i locali e le strade di Palermo.
Maria Vittoria Cerami, in un post pubblicato sul profilo personale Facebook, ieri ha dichiarato: “Care, in 48 ore abbiamo avuto 382 iscrizioni. La cosa ci gratifica e allo stesso tempo ci fa comprendere quanto sia reale il bisogno di sicurezza nella nostra città. Stanotte le volontarie hanno accompagnato virtualmente la prima donna che ne ha fatto richiesta. Non abbiamo nessuna voglia di sostituirci alle forze dell’ordine con cui siamo in stretto contatto, e qualora sarà necessario ci rivolgeremo a loro”.
L’ultimo messaggio di aggiornamento e informazioni sulla chat “Scrivi quando arrivi” di Palermo, è stato postato ieri sera sempre da Maria Vittoria Cerami, sul proprio profilo Facebook, per avvisare che: “Al momento abbiamo chiuso il gruppo. La prossima settimana chiederemo un incontro con la Prefettura e con le istituzioni per avanzare le istanze di sicurezza delle ragazze e delle donne di Palermo. Siamo 512, quando abbiamo aperto la chat mai avremmo pensato di raggiungere tale risultato”.
AGGIORNAMENTO
Come funziona “Scrivi quando arrivi”?
Spiegano il funzionamento della chat Whatsapp di Palermo, Ida Serena Fragale e Maria Vittoria Cerami, sui propri profili Facebook.
“Il gruppo nasce con l’intento di dare la possibilità a donne di qualsiasi età che devono affrontare un percorso per strada e si sentono insicure, di rimanere in contatto con altre che sono membri della chat ricevendo compagnia attraverso messaggistica istantanea (appunto WhatsApp), al telefono finché non si giunge a destinazione o di contare su chi in caso di pericolo possa chiamare il numero unico di emergenza 112.
La donna interessata a ricevere compagnia chiederà sul gruppo la disponibilità di qualcuna connessa. Dopo questo primo contatto, le due continueranno le comunicazioni su chat privata o al telefono.
Sarà sempre la donna interessata a scrivere (o a mandare messaggi vocali) durante il tragitto per dare indicazioni sulla sua posizione, (in privato e se necessario), sulla sua sicurezza affinché, in casi di pericolo, possano essere chiamati tempestivamente i soccorsi.
La richiedente potrà essere accompagnata anche telefonicamente durante il tragitto se la situazione è particolarmente difficile.
Con delle regole tassative:
– Non mandare messaggi di buongiorno
– Non scrivere mentre scrivono le amministratrici
– Non inviare pubblicità
– Limitare i messaggi a quelli realmente funzionali al servizio di sostegno, onde evitare che fra i messaggi non utili possano passare inosservati e nascondersi quelli realmente importanti”.
Come è nata la rete solidale “Scrivi quando arrivi”?
Lanciata da una studentessa 22enne a Bologna, l’iniziativa ” Scrivi quando arrivi” in pochi mesi ha rapidamente coinvolto altre città italiane, con un servizio completamente gratuito e basato sul volontariato, che offre compagnia virtuale e assistenza durante il tragitto, con l’obiettivo di garantire maggiore sicurezza e protezione alle donne.
Le regole delle varie chat nate nelle città italiane sono chiare e mirano a mantenere l’efficacia del servizio, evitando messaggi non funzionali.
La nascita di questa rete solidale è stata motivata da una profonda esigenza di sicurezza, soprattutto dopo casi di violenza nelle città universitarie.
Samia Outia, la mente dietro questa rivoluzionaria idea, è stata motivata e segnata dal femminicidio di Giulia Cecchettin e dai casi di violenza sessuale nelle strade e all’Università di Bologna. La sua risposta è stata diretta e pratica: centinaia di volantini con la domanda incisiva “Non ti senti sicura a tornare a casa? Neanche io”.
Questi volantini sono diventati il punto di partenza per la creazione di una vasta rete di sostegno, composta principalmente da studentesse fuorisede.
La chat WhatsApp, nata dall’iniziativa di Samia, ha visto tutte donne che si sono aiutate reciprocamente durante i rientri a casa, specialmente nelle ore notturne. Le richieste di aiuto non arrivavano solo durante la notte, ma anche nel tardo pomeriggio o la sera. Si era creato un strumento utile e un’opportunità per le donne di sentirsi meno sole e più sicure mentre affrontano i loro percorsi per strada.
Da quel momento, grazie al tam tam sui social, nuove chat sono nate in altre città italiane, dal Nord al Sud, intercettando le numerose istanze e richieste di sicurezza e protezione delle donne nella notte in giro per i quartieri o di rientro a casa.
L’autotutela femminile: la rete di sicurezza “dal basso” contro il fallimento dello Stato
L’inasprirsi del catcalling e delle aggressioni di genere ha portato molte donne a cercare soluzioni alternative per garantire la propria sicurezza. Servizi come “Scrivi quando arrivi” su WhatsApp, l’app multilingue Viola Walk Home, oppure i “Punti Viola” nelle città emergono come risorse fondamentali in un contesto di quartieri dove lo Stato sembra fallire nel proteggere le donne.
“Viola walk home”: Instagram e App per la sicurezza delle donne per strada di notte
I dati sono preoccupanti, secondo l’indagine dell’Osservatorio Indifesa della Ong Terre des Hommes, il 61% delle giovani donne ha subito episodi di catcalling, contro il 6% dei maschi. E anche la ricerca del progetto Hollaback sviluppato dalla Cornell University ha rivelato che l’88% delle donne ha cambiato strada perchè non si sentiva sicura e la metà di loro ha paura di uscire da sola la sera.
La violenza di genere in Italia rappresenta una piaga sociale sempre più urgente, evidenziata dai dati recenti dell’Eurispes in collaborazione con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale che indicava nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 19 novembre di quest’anno, ben 106 donne sono state vittime di omicidio.
Violenza di genere, dati Eurispes: 106 donne uccise nel 2023, il grido di un paese
Il fenomeno del catcalling, che fa riferimento all’insieme di comportamenti sessisti che alcuni uomini mettono in atto nei confronti di donne che non conoscono e che incontrano per la strada, al parco o in qualsiasi luogo della vita quotidiana. viene inoltre sottovalutato e non può essere ridotto a un semplice complimento molesto; troppo spesso è il preludio di violenze fisiche o di molestie più gravi.
E sebbene le istituzioni abbiano cercato di intervenire, l’aumento della presenza delle forze dell’ordine in certe aree urbane non ha portato a una maggiore sicurezza. Al contrario, può persino esacerbare le tensioni e il disagio sociale, come accade ad esempio a Caivano.
La mancanza di sicurezza nelle strade non si limita ai quartieri degradati, ma è diffusa anche nei centri storici. Le donne si trovano costrette a cambiare i loro programmi, ad evitare certe zone o a evitare di utilizzare i mezzi pubblici la notte in determinate periferie.
L’autotutela è via via nel tempo diventata la risposta praticabile “dal basso” davanti a questa situazione. Le chat e le app sono state la risposta e sicuramente un’ancora di salvezza, ma devono essere integrate da interventi efficaci da parte dello Stato.
Le strade presidiate dalle forze dell’ordine spesso mancano di una formazione adeguata per riconoscere e affrontare situazioni di pericolo. Questo rende ancora più cruciale la collaborazione tra la cittadinanza e le istituzioni per affrontare efficacemente il problema della violenza di genere e delle aggressioni in strada in modo completo e efficace.