Mogli, mariti, figli, cugini e parenti di assessori e consiglieri comunali di uno dei 391 Comuni della Sicilia potranno ricevere incarichi senza alcun problema. È la conseguenza di una norma inserita nel disegno di legge per i Comuni, al vaglio della commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale, che arriverà in aula per l’esame dopo le elezioni europee.
Non è sfuggita al Servizio studi dell’Ars che ha esaminato l’intero disegno di legge rilevando una serie di “anomalie“. A cominciare proprio dalla norma “liberi tutti“. “La normativa che si intende introdurre, allineandosi alla previsione nazionale del testo unico degli enti locali – evidenziano gli uffici dell’Assemblea – restringe alle ipotesi del coniuge, degli ascendenti, dei discendenti, dei parenti e degli affini entro il terzo grado, del solo sindaco, i quali, oltre a non poter fare parte della giunta, non possono essere nominati neppure rappresentanti del comune“.
La norma, dunque, si fa più severa con i sindaci, che al momento hanno il divieto di dare incarichi fino alla parentela di secondo grado, ma con la modifica scompare il divieto per gli assessori e i consiglieri comunali. Scrive il Servizio studi dell’Ars: “Viene quindi sostituita la più rigorosa disciplina introdotta dal legislatore siciliano che imponeva il divieto di nomina del coniuge, degli ascendenti e i discendenti, i parenti e gli affini, però sino al secondo grado oltre che del sindaco, anche di altro componente della giunta e dei consiglieri comunali“.
Oltre alla norma che modifica la legge sul divieto di incarichi a parenti di assessori e consiglieri comunali, il Servizio studi dell’Ars segnala altre anomalie tra i dodici articoli che compongono il disegno di legge in materia di enti locali. In particolare la norma che introduce l’incompatibilità tra la carica di assessore e quella di componente del consiglio comunale nei Comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti.
“Detta causa di incompatibilità non determina, però, in capo al soggetto che ricopra le due cariche l’obbligo di esercitare l’opzione entro un termine stabilito, a pena di decadenza, come comunemente prevede in tali casi la normativa ma viene risolta attraverso la creazione della figura del consigliere comunale supplente“, scrivono gli uffici nella relazione al testo. Si prevede, infatti, che il consigliere che venga designato assessore venga sospeso dalla carica di consigliere all’atto dell’accettazione della nomina e che al suo posto subentri il primo dei non eletti nella medesima lista come consigliere comunale supplente per la durata dello svolgimento della carica di assessore.
“Si segnala che la figura del consigliere comunale supplente così come descritta, allo stato, non è contemplata dalla legislazione statale o delle altre Regioni speciali – evidenziano gli uffici – Il Tuel, all’art. 64 per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti prevede, infatti, l’incompatibilità tra la carica di assessore e di consigliere comunale ma dispone che, all’atto dell’accettazione della nomina quale componente della giunta, il consigliere nominato assessore cessi definitivamente dalla carica e subentri al suo posto in consiglio in primo dei non eletti“.
Per gli uffici dell’Ars “il meccanismo qui descritto di nomina di un consigliere supplente che rivesta la carica al posto del consigliere titolare nominato assessore rischia di porsi in contrasto con il principio del libero mandato rappresentativo di cui all’art. 67 della Costituzione, il quale è da ritenersi quale un principio generale applicabile a tutte le cariche rappresentative e, quindi, certamente ai consigli regionali ma anche ai consiglieri comunali o provinciali“.
Il consigliere supplente, proseguono gli uffici dell’Ars, “ricoprirà infatti la carica elettiva in una posizione di naturale precarietà in quanto sottoposta alla condizione meramente potestativa rappresentata dalla revoca, da parte del sindaco, dell’assessore in origine titolare della carica che, una volta revocato, tornerà in seno al consiglio al posto del supplente. Tale posizione – sostengono gli uffici – potrebbe apparire non del tutto compatibile con il libero esercizio di un mandato rappresentativo e inoltre, un simile meccanismo rischia di incidere sulla composizione del consiglio comunale, organo di indirizzo e controllo del comune nei confronti della giunta, che rimane potenzialmente sempre soggetta a modifiche per tutta la durata del mandato elettivo, in quanto dipende dalle nomine e revoche degli assessori ad opera del sindaco, ossia da parte dello stesso organo destinatario dell’attività di indirizzo e controllo del consiglio stesso”.
Il Servizio studi dell’Ars sottolinea che “il governo centrale si è atteggiato diversamente nel corso del tempo, con riferimento alla diversa, ma per certi versi assimilabile figura del consigliere regionale supplente. Riguardo all’introduzione nella Regione Calabria del consigliere regionale supplente, il Consiglio dei ministri (delibera del 30 giugno 2014) ha impugnato la disposizione regionale, poi abrogata prima del giudizio della Corte, affermando che inoltre, la previsione del consigliere supplente viola il principio del divieto di mandato imperativo previsto dall’articolo 67 della Costituzione – scrivono i tecnici nella relazione – Si segnala, altresì, che la Corte costituzionale con la sentenza n. 378 del 2004 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione della deliberazione statutaria della Regione Umbria che prevedeva la figura del consigliere regionale supplente. Per completezza – concludono i tecnici – occorre segnalare, però, che la figura del consigliere regionale supplente è stata introdotta in alcune regioni ordinarie (Molise, Abruzzo e Lombardia) senza che la sua previsione sia stata oggetto di impugnative“.