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Verso le Europee

Messina, De Luca accende il fuoco Basile fa il pompiere. Ma c’è un detto sul vento e le candele

mercoledì 8 Maggio 2024

Da sindaco di Messina aveva l’abitudine a tener tutti sulla corda con sfuriate periodiche nei confronti di assessori, consiglieri, cda di partecipate. Verso fedelissimi, delfini o eletti “grazie a me”, Cateno De Luca non lesina attacchi al fulmicotone nelle dirette facebook che poi derubrica 24 ore dopo adducendole al suo carattere. Da parte sua Federico Basile, che sindaco di Messina lo è da due anni, ha uno stile del tutto diverso, più incline ai toni pacati ed allo smussare gli angoli lasciati pericolosamente spigolosi dal suo leader. Un po’ come il poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Ma quanto accaduto nelle ultime settimane è il segnale che la situazione, con l’incalzare della campagna elettorale, si è fatta tesa, palesando incrinature.

IL DIKTAT DI CATENO

Dal letto d’ospedale Cateno ha scritto su un post al vetriolo (QUI) quello che pensa sul serio: e cioè che i “suoi” intesi come eletti nel suo movimento, siano davvero i “suoi” nel senso più stretto del termine e che peraltro in quell’elezione ci abbiano messo poco di proprio e tanto di De Luca. Insomma, che gli debbano tutto e siano del tutto irriconoscenti. Così nel post usa termini come “il mio sindaco”, ovvero Federico Basile che in verità è il sindaco di tutti i messinesi, e aggiunge in nome e per conto mio si farà consegnare le lettere di dimissioni di assessori e cda partecipate etc etc”. Un pò come sostenere che la giunta di Basile è sua e la modifica come vuole.

INGRATI E PARASSITI

Basile quindi nel Catenopensiero agisce in nome e per conto di De Luca e oltre a seguirne i dettami deve anche agire come lui. Nel post ne ha pure per il delfino, Danilo Lo Giudice, e per gli imborghesiti, adagiati, parassiti, satiri danzanti sul suo cadavere, gentaglia pronta a vendere i voti al primo offerente e che si fa i cavoli suoi. Nella top ten degli ingrati Dafne Musolino viene raggiunta al secondo posto da Alessandro De Leo, espulso via comunicato stampa dal gruppo Ars.

Il post di Cateno De Luca è un messaggio ai naviganti chiarissimo: io vi ho creati e io vi distruggo.

BASILE IL POMPIERE

Basile anche stavolta ha provato a fare da pompiere. La miccia è un po’ più grossa di quella che Cateno ha fatto scoppiare due settimane fa quando ha deciso che il sindaco di Messina doveva cambiare idea sul Ponte come aveva fatto lui e lo ha portato a Torre Faro al comizio del 25 aprile. Il sindaco ieri ha provato a derubricare il diktat del suo leader in “chiamata alle armi”  aggiungendo che in fondo in fondo a giugno, dopo due anni, un bel tagliando alla sua squadra ci vuole. Insomma, De Luca avrebbe fatto bene a chiedere le dimissioni “in bianco” dell’amministrazione Basile affinché tutti si impegnino a cercar voti e portare sostegno economico alla campagna elettorale per le Europee. E ci sta tutto sotto il profilo politico. Da tempo De Luca non irrompeva nella vita di Palazzo Zanca e la squadra Basile lo vedeva probabilmente in tutt’altre faccende affaccendato, in giro per l’Italia nella costruzione di un partito nazionale.

La sfuriata di Cateno ha riportato indietro l’orologio all’inizio del 2022 quando il sindaco era lui e affiggeva sulle porte i cartelli “gli asini volanti qui non entrano”.

Le reazioni alla richiesta di dimissioni per interposta persona sono state del Pd, dapprima attraverso i consiglieri comunali Felice Calabrò, Alessandro Russo, Antonella Russo, poi con una nota del partito. Per i dem è emerso come De Luca non sia solo il leader del movimento politico ma il capo incontrastato dell’amministrazione comunale che decide le sorti di assessori e cda.

PD: DE LUCA E’ IL SINDACO

E’ evidente la concezione verticistica e utilitaristica che De Luca ha della politica che non ha nulla a che vedere con la tanto sbandierata “libertà” o con il tanto evocato “voto libero e puro”: De Luca pretende che assessori e consiglieri di cda smettano di amministrare e vadano in giro a cercare voti per lui. E’ imbarazzante l’atteggiamento del sindaco Basile il quale sembra non accorgersi di quanto sia stato sminuito nel suo ruolo e minimizza la portata delle affermazioni. Basile si ricordi che è stato eletto per servire la città non per compiacere il suo leader”.

Commenta Palmira Mancuso (coordinatrice regionale di Più Europa): “ Il culto di Cateno ha raggiunto l’ apice: a lui non importano ruoli istituzionali, mandati parlamentari. “Io vi ho fatto e io vi distruggo. E chi non è con me è contro di me. E chi dalle istituzioni dove io l’ ho messo non fa campagna elettorale per me ( come invece fanno i più zelanti Basile e Calafiore) è contro di me”. E giù dimissioni per tutti. Ci meritiamo questo noi messinesi?”

LE ROTTURE BURRASCOSE

Se da una parte l’espulsione di Alessandro De Leo dal gruppo Ars  QUI (che diventa il terzo ex deluchiano alla Regione) ha ulteriormente ridotto la pattuglia dei deputati regionali, dall’altro rischia, con le decisioni che prenderanno i 3 consiglieri comunali di riferimento di De Leo, di restringere ancora di più i margini di manovra in Aula della maggioranza Basile. Ma c’è di più, perché De Leo (che ricordiamo appena un anno fa si è candidato sindaco a Taormina pur di garantire a De Luca la seconda lista e la vittoria), viene dopo un’altra rottura burrascosa, quella che ha portato la senatrice Dafne Musolino a Italia Viva. Ancor prima c’era stato l’addio dell’ex vice sindaca Carlotta Previti.

IL VENTO E LE CANDELE

Sono incrinature che, insieme all’impegno per una campagna elettorale di livello europeo evidentemente hanno portato alla sfuriata di Cateno dalla corsia del Policlinico. Amarezza legittima quella del leader di Sud chiama Nord. Dall’altro lato c’è chi magari è più che orgoglioso del lavoro fatto nel ruolo che ricopre e si chiede perché mai passare per parassita e satiro danzante o perché debba presentare le dimissioni in bianco come viene chiesto alle donne per “timore” che decidano di diventare mamme. Come dice un proverbio siciliano: “il vento ci vuole…….ma non per stutari i cannili”.

Ma oggi, come avviene spesso con De Luca, è un altro giorno e la sfuriata di ieri è stata derubricata a “chiamata alle armi” (fino al 9 giugno perché i conti si fanno sull’uscio).

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