La Sicilia si posiziona al 214esimo posto su 236 regioni europee nell’ultima edizione dell’Indice di progresso sociale dell’Ue. L’indagine dell’Unione Europea, presentata il 23 maggio dalla commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira, fotografa un’Europa spaccata in due, con pesanti ritardi per il Mezzogiorno d’Italia.
La Sicilia, insieme alla Campania, rappresenta il fanalino di coda tra le regioni italiane, mostrando gravi carenze nelle opportunità offerte ai cittadini e nella formazione superiore.
Il Sud d’Italia si trova tra le ultime regioni in Europa per le condizioni di miglioramento sociale dei cittadini, peggio fanno solo l’Est Europa e la Grecia. L’indice misura il progresso sociale a livello regionale andando oltre il solo Prodotto interno lordo (Pil).
L’edizione 2024 del rapporto conferma che a livello europeo si osservano ancora disparità sociali importanti che variano tra le regioni del Nord e del Sud ed Est.
Nessuno scatto in avanti delle regioni italiane rispetto all’indagine del 2020, pesanti i ritardi soprattutto sulle opportunità e la formazione superiore. Ai primi posti troviamo le regioni di Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia, fanalini di coda l’Europa orientale e mediterranea.
Un quadro che per l’Italia è una sentenza: guardando le medie nazionali, le regioni italiane sono più sviluppate solamente di quelle di Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Ungheria, Lituania, Romania e Slovacchia.
I dati della Sicilia
La classifica tutta italiana è guidata dalle due provincie autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente 139esima e 151esima in Europa, mentre il fanalino di coda è appunto la Sicilia.
Ma il quadro è se possibile ancora più drammatico se si considera soltanto la dimensione delle opportunità che le regioni offrono ai propri cittadini: a quel punto, oltre alla Sicilia, rientrano nella fascia più bassa anche Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, che totalizzano punteggi in linea con diverse regioni di Bulgaria, Romania, Ungheria, Croazia e Slovacchia.
A voler andare ancora più a fondo, la dimensione Opportunità è quella che mostra i dati più bassi. Una macro-area suddivisa ulteriormente in quattro categorie: fiducia nelle istituzioni, libertà di scelta, inclusività sociale, educazione avanzata. Secondo quest’ultima, nei “cattivi” rientrano quasi tutte le regioni italiane, fatta eccezione del Lazio e – parzialmente – della provincia autonoma di Trento.
La Sicilia, in particolare, registra carenze evidenti in tutte e quattro le categorie, con un impatto devastante sull’educazione avanzata. Se la formazione dei più giovani è il motore del progresso sociale, l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, è un gatto che si morde la coda.
Fonte Dati: Indice del Progresso Sociale Ue – indicatori della Sicilia
La classifica delle regioni in Unione Europea
Per costruire l’indice, la Commissione europea ha tenuto conto di 53 indicatori socio-economici e ambientali, suddivisi in tre macro-dimensioni principali: bisogni di base, fondamenti del benessere e opportunità.
Dall’indagine è emerso che circa il 60 per cento dei cittadini Ue vive in regioni che superano il punteggio medio di progresso sociale. Ma questa percentuale scende al 50 per cento se ci si concentra solo sui bisogni di base, come l’assistenza sanitaria, i servizi igienici e l’alloggio. Nelle regioni meno sviluppate, oltre l’80 per cento dei residenti vive in aree al di sotto della media Ue per quanto riguarda il progresso sociale in tutte le dimensioni, compreso l’indice generale.
Le cinque regioni che guidano il progresso sociale in Ue sono Helsinki-Uusima e Pohjois- ja Itä-Suomi in Finlandia, Midtjylland e Hovedstaden in Danimarca, Stoccolma in Svezia. A chiudere la classifica tre regioni bulgare (Severoiztochen, Severozapaden e Yugoiztochen) e due rumene (Sud-Muntenia e Nord-Est).
Un altro dato interessante è che nella maggior parte degli Stati membri le regioni delle capitali hanno ottenuto risultati pari o superiori alle loro medie nazionali. Ad eccezione di quelle di Belgio, Grecia, Spagna, Francia e Italia.
“Da tempo diciamo che il Pil è uno strumento utile per valutare i progressi delle regioni dell’Ue, ma non fornisce il quadro completo – ha dichiarato la commissaria Ue Ferreira.
“Ogni indicatore, da quelli economici e sociali a quelli sul benessere, sulle percezioni e la fiducia dei cittadini, ha il proprio ruolo da svolgere; l’indice di progresso sociale fornisce importanti indicazioni sullo sviluppo regionale in Europa. Questi dati possono essere utilizzati per valutare lo sviluppo regionale, contribuendo così al miglioramento della vita di tutti gli europei.”l’Indice di progresso sociale ci permette di avere un quadro completo dello sviluppo regionale in Europa”, ha concluso Ferreira.
Fonte Dati: Report Eu Commission – Indice del Progresso Sociale 2024
Perché il Sud Italia e la Sicilia non progrediscono socialmente?
Il mancato progresso sociale nel Sud Italia, e in particolare in Sicilia, rispetto al resto del paese e dell’Unione Europea è il risultato di una combinazione di fattori economici, sociali e strutturali che si influenzano reciprocamente.
Un elemento cruciale è l’elevato tasso di disoccupazione e sottoccupazione. Le regioni meridionali soffrono di una mancanza cronica di opportunità lavorative, che limita le prospettive economiche e riduce il reddito disponibile per le famiglie. Questo crea un circolo vizioso di povertà e mancanza di investimenti locali, colpendo duramente aree come la Sicilia.
L’educazione rappresenta un altro punto dolente. Il Sud Italia registra livelli più bassi di istruzione e formazione rispetto al Nord. Le scuole e le università sono meno finanziate e attrezzate, e la partecipazione all’istruzione superiore è inferiore. La scarsa qualità dell’istruzione porta a una forza lavoro meno qualificata, frenando ulteriormente lo sviluppo economico e sociale.
Le infrastrutture inadeguate sono un ulteriore ostacolo. Le regioni meridionali ricevono meno investimenti in infrastrutture fisiche e servizi pubblici. Strade, ferrovie e servizi sanitari spesso non sono all’altezza, rendendo difficile l’attrazione di imprese e turisti e limitando la mobilità dei residenti. In Sicilia, ad esempio, questo problema è particolarmente acuto.
La criminalità organizzata, con la sua rete di corruzione e intimidazione, rappresenta un freno significativo allo sviluppo. La presenza di mafia e altre organizzazioni criminali dissuade gli investimenti e crea un clima di insicurezza, aumentando i costi operativi per le imprese e riducendo la competitività della regione.
La fuga dei cervelli è un fenomeno preoccupante. Molti giovani laureati e professionisti qualificati lasciano il Sud, e in particolare la Sicilia, per cercare migliori opportunità altrove, privando la regione di talenti e competenze cruciali per lo sviluppo.
Le politiche pubbliche inefficaci aggravano la situazione. Spesso, le iniziative governative non riescono a indirizzare adeguatamente le specifiche necessità del Sud. La burocrazia e l’inefficienza amministrativa impediscono una corretta attuazione dei programmi di sviluppo.
Infine, il capitale sociale e culturale è meno sviluppato. La fiducia nelle istituzioni, la partecipazione civica e le reti di supporto sono più deboli rispetto al Nord, influenzando negativamente la coesione sociale e lo sviluppo comunitario.
L’insieme di questi fattori crea inevitabilmente troppe disparità e differenze che creano ed amplificano distanze abissali tra chi è nato e vive nel Sud d’Europa, e in particolare nel Mezzogiorno d’Italia, e chi vive nel Nord del vecchio continente.
Cosa serve a livello di politiche pubbliche per invertire la tendenza?
Intanto il diritto all’apprendimento permanente per tutti i nostri giovani; certamente anche un nuovo approccio alla crescita, allo sviluppo e al progresso sociale. È necessario ora più che mai l’impegno per contrastare la povertà economica.
Le persone e le comunità che vivono in realtà che da secoli pagano distanza e differenze non possono essere messe sullo stesso piano di persone che vivono nel benessere economico e sociale, stabilendo regole, fisco e visioni continentali.
L’Europa dei popoli si costruisce se il popolo ha le stesse opportunità, condizioni di vita e prospettive. Per affrontare queste dinamiche è richiesto un approccio integrato e a lungo termine, con investimenti mirati in infrastrutture, istruzione e sanità, e politiche di sviluppo economico efficaci.
Con una classe dirigente politica italiana e siciliana che si dimostri matura e lungimirante rispetto all’ultimo trentennio che non ci ha visti progredire a livello sociale ,rispetto ad altri paesi e regioni, che hanno affrontato le questioni con programmi decennali e ventennali che oggi hanno dato i loro frutti.