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I ristori non bastano più. Dopo la decisione di rendere la Sicilia Zona rossa la preoccupazione degli imprenditori e dei commercianti siciliani per la sopravvivenza delle loro attività ha raggiunto livelli altissimi. E le associazioni di categoria spiegano che la strategia economica attuata dal Governo Conte sin dall’inizio dell’emergenza a questo punto non sia più sufficiente per consentire la tenuta del tessuto produttivo.
Il presidente di Confcommercio Palermo Patrizia Di Dio ha sottolineato come a questo punto sia anche necessaria, oltre che un sostegno proporzionato alle perdite, una politica di decontribuzione da attuare per tutta la durata della pandemia: “Le aziende soffrono ormai da quasi un anno ed è da quasi un anno che chiediamo che le aziende vengano sostenute e aiutate con risarcimenti e che questi aiuti arrivino non solo in base ai codici ATECO ma in base ai cali di fatturato che in alcuni casi arrivano all’80% se non addirittura al 100% per quelle attività totalmente ferme. Chiediamo un’altra cosa importante: la sospensione del pagamento di tasse e tributi. Uno Stato non può pretendere da chi è fermo e bloccato da un anno che possa adempiere ai propri doveri: questo sarà possibile quando le aziende riprenderanno a lavorare. Chiediamo la sospensione almeno fino alla fine dell’emergenza perché le aziende sono alla canna del gas”.
Il responsabile area di produzione di Confesercenti Sicilia Nunzio Reina, che di recente aveva proposto un anno bianco fiscale per le attività, ribadisce la necessità di interventi proporzionati e da attuare in fretta alla luce della Zona Rossa: “Fermo restando che il problema sanitario è al primo posto, il problema economico in zona rossa diventa ancora più grave, così grave che abbiamo bisogno di aiuti reali e non sulla carta. Non dimentichiamo che noi abbiamo un prestito di 25.o00 che strada facendo si sta prosciugando: quindi anche quell’aiuto ci metterà nella condizione non di sanare i debiti ma di accumularne ulteriori che solo con l’aiuto da parte dello Stato, della Regione e di tutti gli enti preposti possiamo risolvere. Un aiuto vero in relazione alle perdite reali che si possono quantificare attraverso i corrispettivi degli anni precedenti. Non vogliamo essere aiutati in qualcosa che possa essere uno sfruttamento dello Stato ma a salvaguardia delle nostre famiglie, delle nostre aziende e della nostra vita sociale”.
Quella del ristoro come misura palliativa è una prospettiva ribadita anche dal direttore di Confesercenti Sicilia Michele Sorbera, che spiega come per evitare un ecatombe di attività serva superare la vecchia strategia a favore di interventi diversi: “I ristori sono stati una risposta ma non risolutiva rispetto al problema: le aziende così non si salveranno anche perché i ristori spesso sono arrivati in ritardo o devono ancora arrivare. Non basta continuare a dire ‘vi ristoreremo’: penso alla scelta di lasciare aperte alcune attività come quelle di somministrazione dei ristoranti e dei bar che possono fare asporto ma che hanno perso gran parte del loro fatturato e solo per questo fatto non rientrano tra le attività da ristorare. Ciò è insostenibile: queste attività non ce la faranno a restare sul mercato. Bisogna pensare a qualcosa che vada oltre i ristori: alla decontribuzione, alla defiscalizzazione, per alcune attività come quelle del settore moda una rottamazione dei magazzini, che non ha il valore di mercato iniziale vista la merce invenduta. Bisogna guardare avanti e incentivare anche con interventi a fondo perduto. Il ristoro ha avuto una sua fase: non può essere e non è più un intervento che risolve i problemi dei commercianti siciliani”.
L’idea di una politica di salvaguardia economica che contempli oltre i ristori delle decontribuzioni fiscali importanti è invocata anche dal presidente facente funzioni di Confcommercio Sicilia Gianluca Manenti, il cui ragionamento guarda anche verso le Partite IVA e le politiche di contrasto all’epidemia : L’emergenza economica sta colpendo in modo drammatico la nostra piccola e media impresa. Venerdì scorso dopo che il presidente Musumeci ha annunciato il lockdown della Sicilia ci siamo visti obbligati a proporre al governo regionale dei suggerimenti perché come è noto, dopo questa misura si sta generando un rischio di chiusura. La zona rossa aumenta ulteriormente il rischio chiusura di aziende che non possono e non potranno in questo momento, ci sono le scadenze, far fronte agli impegni che sono stati presi con i fornitori, con i dipendenti e con gli oneri fiscali. La nostra posizione come Confcommercio è quella di tenere aperte tutte le attività senza discriminazione perché la zona rossa ci mette in ginocchio. Abbiamo visto l’allegato 23 e abbiamo notato che fa discriminazioni di alcuni settori merceologici: chiediamo di ripartire con le dovute cautele che già sono state fissate dai protocolli di sicurezza che avevamo recepito. Poi chiediamo controlli serrati per l’applicazione corretta delle norme. Abbiamo chiesto a Musumeci di provvedere ad un piano di ristori tempestivo non basato sui codici ATECO ma sulle cadute di fatturato come anche di prevedere delle moratorie fiscali più ampie e inclusive fino all’esonero totale per le imprese più penalizzate, come previsto nell’ultimo Ristori-Quater del Governo. Abbiamo chiesto anche indennizzi adeguati soprattutto per le startup che hanno avviato le loro attività a partire dal 2019, la defiscalizzazione per i possessori della partita IVA per tutte le mensilità compresa la tredicesima. Una serie di misure che durante la zona rossa sono necessarie per sopravvivere. Sappiamo che la situazione è difficile sia a livello nazionale che regionale ma la cosa più importante che abbiamo sottolineato che questa deve essere l’ultima zona rossa definita: non dobbiamo tornarci più. Dobbiamo prevedere un calendario vaccinale gratuito e garantito a tutti basato sull’età e non sulle categorie da vaccinare in via prioritaria”