Nel 2023 le ecomafie premono sull’acceleratore: 35.487 gli illeciti accertati (+15% rispetto al 2022), alla media di 97,2 reati al giorno.
L’edizione 2024 del Rapporto annuale su ecomafie e criminalità ambientale di Legambienteè particolarmente significativa.
Crescono, infatti, purtroppo, in maniera significativa i reati ambientali nel Paese: nel 2023 sono stati 35.487, con un +15,6% rispetto al 2022, alla media di 97,2 reati al giorno, 4 ogni ora.
Aumenta, in maniera ancora più rilevante, il numero delle persone denunciate (34.481, pari al +30,6%), così come quello degli arresti (319, +43% rispetto al 2022) e quello dei sequestri (7.152, +19%).
I DATI REGIONALI: Sicilia al secondo posto, sale di una posizione rispetto al 2022
A livello regionale la Campania si conferma al primo posto della classifica con più illeciti ambientali, 4.952 reati, pari al 14% del totale nazionale, seguita dalla Sicilia (che sale di una posizione rispetto al 2022, con 3.922 reati, +35% rispetto al 2022), Puglia (scesa al terzo posto, con 3.643 illeciti penali, +19,2%) e Calabria (2.912 reati, +31,4%).
La Toscana sale dal settimo al quinto posto, seguita dal Lazio. Balza dal quindicesimo al settimo posto la Sardegna. Tra le regioni del Nord, la Lombardia è sempre prima.
DATI PROVINCIALI
A livello provinciale, Napoli torna al primo posto, a quota con 1.494 reati, seguita da Avellino (in forte crescita con 1.203 reati, pari al +72,9%) e Bari. Roma scende al quarto posto, con 867 illeciti penali, seguita da Salerno, Palermo, Foggia e Cosenza.
Riportiamo nel raccolta foto sotto le schede dettaglio, per le varie tipologie di reato, con i dati delle nove province siciliane indicati nel rapporto Ecomafia 2024 (Rifiuti, Cemento, Archeomafia, Incendi, Animali e Agromafia).
LA CLASSIFICA DEI REATI AMBIENTALI
Tra gli illeciti, nella Penisola continua a salire la pressione del ciclo illegale del cemento (13.008 reati, +6,5%), che si conferma sempre al primo posto tra i reati ambientali; ma a preoccupare è soprattutto l’impennata degli illeciti penali nel ciclo dei rifiuti, 9.309, + 66,1% che salgono al secondo posto.
Con 6.581 reati la filiera degli illeciti contro gli animali (dal bracconaggio alla pesca illegale, dai traffici di specie protette a quelli di animali da affezione fino agli allevamenti) è al terzo posto; seguita dagli incendi dolosi, colposi e generici con 3.691 illeciti.
Crescono anche i numeri dell’aggressione al patrimonio culturale (642 i furti alle opere d’arte, +58,9% rispetto al 2022) e degli illeciti nelle filiere agroalimentari (45.067 illeciti amministrativi, + 9,1% rispetto al 2022), a cominciare dal caporalato, in rapida espansione.
Attività illecite che insieme a quelle contro gli animali e le specie protette, all’assalto al patrimonio culturale e alla corruzione (sono 75 le inchieste giudiziarie monitorate, da gennaio 2023 ad aprile 2024, sulle “mazzette” connesse a opere pubbliche, gestione di rifiuti, depurazione, concessione di autorizzazioni ambientali alle imprese, con 495 arresti), generano un fatturato di 8,8 miliardi di euro, sostanzialmente stabile, tra leggeri incrementi e flessioni delle singole voci, rispetto al 2022.
La somma complessiva stimata dal 1995 al 2023 “lievita” a 258,9 miliardi di euro, con il coinvolgimento attivo, nello stesso arco di tempo, di 378 clan mafiosi, tre in più rispetto all’anno precedente.
Uno scenario davvero inquietante.
A fronte del quale, però, si rafforza, la collaborazione, mai così ampia e approfondita, tra Legambiente e le istituzioni, ma anche realtà imprenditoriali impegnate ad affermare la legalità nelle loro attività economiche.
Continua l’applicazione della legge 68/2015 sugli ecoreati che nel 2023 ha superato la quota 600, anche se registra un lieve calo rispetto all’anno precedente quando era stata contestata 637 volte. Un calo dovuto al calo dei controlli, passati da 1.559 a 1.405.
Il delitto di inquinamento ambientale resta nel 2023 quello più contestato, 111 volte, portando a ben 210 denunce e 21 arresti.
Preoccupa anche la situazione dei comuni sciolti per mafia: 19 quelli sciolti al momento della stesura del report.
Sono 15 le proposte di Legambiente e blitz “Goletta Verde” all’interno del rapporto per rendere più efficace l’azione delle istituzioni. Di queste sei sono i pilastri su cui si propone di lavorare in maniera prioritaria:
1) Recepire quanto prima la nuova direttiva europea in materia di tutela penale dell’ambiente, approvata dal Parlamento europeo il 27 febbraio 2024, che introduce nuove fattispecie di reato rispetto a quelle già previste dal nostro Codice penale e prevede l’adozione di strategie nazionali contro la criminalità ambientale;
2) Introdurre nel Codice penale i delitti contro le agromafie;
3) Introdurre nel codice penale i delitti contro gli animali;
4) Restituire ai prefetti pieni poteri per la demolizione degli immobili che i Comuni non hanno abbattuto, a partire dall’ultimo condono edilizio;
5) Inasprire le sanzioni contro i reati nel ciclo dei rifiuti;
6) Completare l’approvazione dei decreti attuativi del Sistema nazionale di protezione ambientale e potenziare gli organici delle Agenzie regionali, per garantire controlli adeguati sul Pnrr e sulle Olimpiadi Milano-Cortina 2026.
AGROMAFIA E ARCHEOMAFIA
In particolare, due capitoli del rapporto di Legambiente meritano attenzione e approfondimento come l’Agromafia e la Archeomafia, che impattano e incidono negativamente sull’economia agricola e i beni culturali dei territori nel Sud Italia e in Sicilia.
L’assalto alla filiera agroalimentare
Uno riguarda le attività illecite nella filiera agroalimentare vanno dalle tradizionali attività in agricoltura e in allevamento, come le truffe per ottenere finanziamenti pubblici, false certificazioni, finti marchi di qualità o l’abuso di pesticidi, alla piaga sociale del caporalato, al trasporto della merce, ai mercati ortofrutticoli all’ingrosso, fino alla vendita dei prodotti sui banchi dei supermercati e al business legato alla ristorazione.
Caporalato in Sicilia, tra sfruttamento e paura di denunciare
Sono migliaia i produttori che subiscono il controllo delle cosche, attraverso minacce, soprusi ed estorsioni, soprattutto nelle regioni meridionali e in Sicilia. Quello rurale, poi, è un mondo in cui vige ancora molto forte l’omertà rispetto a questo tipo di illegalità, come conferma il silenzio sull’abigeato.
Le famiglie criminali hanno da tempo le mani sui mercati ortofrutticoli più importanti del Paese. Numerose inchieste hanno smascherato la presenza di ‘ndrine, camorristi e mafia all’interno dei grandi mercati di Milano, di Fondi nel basso Lazio, di Vittoria nel ragusano e nelle regioni del Sud, dove i boss comandano indisturbati.
L’aggressione al patrimonio culturale italiano e siciliano
L’altro riguarda il preoccupante fenomeno in crescita dell’aggressione al patrimonio culturale, con scavi clandestini e razzie nei siti archeologici, furti, traffico illegale di opere d’arte: è questo il core business delle organizzazioni criminali che operano nel redditizio settore dei beni culturali.
Il primo anello della catena dell’Archeomafia sono i cosiddetti tombaroli, quelli che saccheggiano i siti, rubando vasi, anfore, statuine, monete e frammenti preziosi, ci sono poi i committenti e i ricettatori che si occupano di piazzare i pezzi sul mercato clandestino, infine i compratori.
La filiera spesso si conclude nelle teche di importanti musei internazionali dove i pezzi sono “ripuliti” da false documentazioni che ne attestano la legittima provenienza. Lo stesso percorso vale per dipinti e opere d’arte trafugati in ville private.
Emblematico è stato il ritrovamento a giugno 2024, di anfore di epoca tardo romana ed un basamento di marmo riproducente scene mitologiche scolpite su tutti i lati, di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore, appartenenti ad un trafficante internazionale di opere d’arte, indicato dagli investigatori come collegato al boss Matteo Messina Denaro.
Sequestrati beni archeologici a un uomo vicino a Messina Denaro, è un trafficante di opere d’arte
Ma in Italia e in Sicilia, che è un continuo susseguirsi di giacimenti a cielo aperto di reperti archeologici, sono quest’ultimi a rappresentare il business più florido, essendo beni sconosciuti fino al loro ritrovamento, non sono catalogati e sfuggono così alle ricerche degli investigatori.
L’archeomafia è anche un’occasione unica per riciclare denaro, utilizzare i beni trafugati come moneta di scambio per partite di droga e armi, come mezzo di ricatto nei confronti dello Stato.
“In questi tre decenni il Rapporto Ecomafia – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è diventato sempre più un’operaomnia per analizzare i fenomeni criminali legati al business ambientale, grazie anche a contributi istituzionali di rilievo, come dimostra l’edizione 2024. Dalla nostra analisi, emerge però che c’è ancora molto da fare nel nostro Paese, dove continuano a mancare norme importanti, come quelle che dovrebbero semplificare gli abbattimenti degli ecomostri – assegnando ad esempio ai Prefetti l’esecuzione delle ordinanze di demolizione mai eseguite nei decenni passati –, l’inserimento nel Codice penale dei delitti commessi dalle agromafie oppure l’approvazione dei decreti attuativi della legge istitutiva del Snpa per rendere più efficaci i controlli pubblici delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente”.
“Dal Governo Meloni ci aspettiamo un segnale di discontinuità– continua Ciafani –, serve approvare quanto prima le riforme necessarie per rafforzare le attività di prevenzione e di controllo. Ne gioverebbero molto la salute delle persone, degli ecosistemi, della biodiversità e quella delle imprese sane che continuano ad essere minacciate dalla concorrenza sleale praticata da ecofurbi, ecocriminali ed ecomafiosi”.
“La voce più pesante dell’illegalità legata al ciclo del cemento, come denunciamo ogni anno con forza, e quella dovuta alla miriade di abusi edilizi che viene realizzata nel nostro Paese. Con il decreto “Salva casa” – aggiunge Enrico Fontana, responsabile Osservatorio Ambiente e legalità – a cui Legambiente ha presentato una serie di emendamenti, si corre il rischio di alimentare nuovi abusi. Ma deve preoccupare molto anche la crescita dei reati nella gestione dei rifiuti, con pratiche illegali che minacciano l’economia circolare. Così come seguiremo con attenzione quanto sta accadendo nella raccolta dei Raee (i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), dove diminuisce la quantità di quelli avviati al riciclo e aumentano le esportazioni illegali, verso Asia e Africa. E manterremo sotto osservazione il mercato illecito degli F-gas, i gas refrigeranti, che vede l’Italia tra i paesi più esposti”.
L’edizione Ecomafia 2024 (dedicata a Massimo Scalia tra i fondatori di Legambiente, presidente delle prime due Commissioni parlamentari d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti) è stata un’edizione speciale – con un’illustrazione di copertina realizzata dall’artista Vito Baroncini – arricchita dai contributi di tutte le forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dell’Ispra e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), ma anche di realtà imprenditoriali impegnate ad affermare la legalità nelle loro attività economiche.
Tra i temi portati in primo piano anche lo scandalo delle navi a perdere, la morte di Natale De Grazia, il duplice omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, a 30 anni dalla loro uccisione.
Il 2024 è stato il trentesimo anniversario dalla presentazione del primo rapporto sulla cosiddetta Rifiuti S.p.A. – pubblicato nel marzo 1994- per denunciare la trama nazionale e internazionale dei traffici illegali di rifiuti e del Rapporto Ecomafia, realizzato insieme all’Arma dei Carabinieri.
Fonte dati: Comunicato Rapporto Ecomafia 2024 e panel dati noecomafia.legambiente.it