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L'analisi

Covid, a tre anni dalla grande paura: cosa è cambiato dall’epidemia alla “normalità”

mercoledì 24 Luglio 2024

Sembra ormai lontano quel 30 gennaio 2020, quando fu dichiarata la pandemia Covid in Italia. La Sicilia, all’inizio, fu quella meno colpita “blindata” dal mare e dalle scelte politiche. Poi le cose andarono diversamente, trasportando il maggior numero di pazienti Covid con l’elisoccorso, più di 300 negli anni di pandemia, ma oggi, fortunatamente, ovunque il quadro è cambiato.

L’incidenza di Covid è pari a 15 casi per 100mila abitanti. Il nuovo picco infettivo estivo, ogni settimana, registra un lieve aumento rispetto alle settimane precedenti, ma sembra non importare più a nessuno.

Il virus ogni 4-6 mesi si rimette al centro della scena, confermando la sua endemicità con caratteristiche di immunoevasività. Riesce quindi a schivare la capacità di risposta del sistema immunitario. Fortunatamente, nella gran parte degli episodi, l’infezione si dimostra meno problematica rispetto a prima. A dimostrarlo è anche l’impatto sugli ospedali che è fortunatamente stabile e limitato: i tassi di ospedalizzazione e mortalità sono più elevati negli over 80.

Le varianti che circolano, al momento, sono KP.2 e KP.3, entrambe discendenti di JN.1  sono attualmente classificate come varianti sotto monitoraggio (VUM), continuano a guadagnare terreno nel panorama globale del COVID-19.

Nell’ultima settimana queste varianti rappresentavano rispettivamente il 22,7% e il 22,4% delle sequenze analizzate, segnando un notevole aumento rispetto alla settimana precedente, quando si attestavano al 14,6% e al 13,0%.

Il cambiamento

Ormai c’è l’indifferenza al Covid, anche psicologicamente è stato superato e c’è la volontà di superarlo. Inoltre non c’è più il controllo rispetto a prima anche perché è endemico“. A spiegarlo è il segretario regionale della Cimo Sicilia Giuseppe Bonsignore, dirigente medico presso l’Uoc di Radiodiagnostica dell’Ospedale Villa Sofia di Palermo, il quale aggiunge che: In ospedale pazienti positivi e negativi, accedono in promiscuità. Si cerca di isolarli per quanto è possibile, ma gli ingressi del Pronto Soccorso non sono più verificati come prima. Oltre che l’80% circa è asintomatico. Per decreto legge, invece, il personale sanitario, vaccinato, viene a lavorare col Covid in mascherina. Non c’è più l’isolamento anche perché è come un’influenza stagionale. Le complicanze le hanno i pazienti fragili gravi, ma da radiologo ne ho visti pochi, anche meno rispetto all’influenza“.

Difatti, in caso di test positivo ma nessuna sintomatologia non ci sono ragioni per cui non ci si può recare al lavoro. Per quanto comunque sarebbe opportuno mettere al corrente il datore di lavoro per evitare che il contagio si diffonda in azienda. Diversamente, se presenti i sintomi influenzali tipici come febbre, dolori articolari, raffreddore, mal di gola e malessere generale, è opportuno chiedere il riconoscimento della malattia attraverso apposito certificato telematico.

In merito ai vaccini, il periodo invernale è quello in cui i virus respiratori hanno maggiore facilità di diffusione e sicuramente partirà la nuova Campagna vaccinale. Sicuramente le persone più a rischio, in caso di contagio dovrebbero prevenirlo con la vaccinazione. Si aspetta intanto l’Ema (European Medicines Agency) per i vaccini aggiornati sulle ultime varianti, sempre più imprevedibili.

 

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