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Lo studio Cgia

Emergenza idrica: la Sicilia è la quinta regione per dispersione d’acqua, siamo al 51,6%

domenica 4 Agosto 2024

In Italia ogni 100 litri di acqua immessa nella rete per usi civili ne arrivano all’ utente poco meno di 58. Gli altri 42 (3,4 miliardi di metri cubi) si perdono lungo la rete idrica che in molte parti del Paese è datata e in cattivo stato di salute.

La Sicilia, secondo uno studio pubblicato dalla Cgia, è la quinta regione per dispersione d’acqua: siamo al 51,6%.

 

 

DISPERSIONE D’ACQUA: i dati delle Regioni

 

La situazione della dispersione d’acqua in Italia presenta un quadro preoccupante, soprattutto nel Mezzogiorno, dove le perdite raggiungono livelli critici. La Basilicata guida la classifica con una dispersione del 65,5%, seguita dall’Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%).

 

 

Al contrario, regioni come la Lombardia (31,8%), la Valle d’Aosta (29,8%) e l’Emilia Romagna (29,7%) mostrano dati meno drammatici.

 

I dati dei Comuni

 

I dati comunali rivelano un quadro ancora più critico. A Potenza, il 71% dell’acqua non arriva ai rubinetti, a Chieti il 70,4%, a L’Aquila il 68,9%, a Latina il 67,7% e a Cosenza il 66,5%.

 

 

In contrasto, città come Milano (13,4%), Pordenone (12,1%), Monza (11%), Pavia (9,4%) e Como (9,2%) mostrano perdite nettamente inferiori.

Comune di Trapani

Tra i capoluoghi di provincia siciliani che si sono piazzati al di sotto della media nazionale dello spreco, Trapani raggiunge un buon risultato con una dispersione d’acqua pari al 17,2% all’undicesimo posto nella classifica dei Comuni monitorati.

Si posizionano bene anche Enna (27,4%) e Caltanissetta (31%).

 

 

Comune di Siracusa

La classifica continua con posizioni al di sotto della media nazionale come quella di Catania (con il 40,5%) e poi di Ragusa e Palermo che sono, rispettivamente, al 46,5% e al 49,4%.

Male Agrigento a quota 52,4%, Messina a 56,5% e Siracusa a 65,2% con record di acqua persa per abitante giornalmente, pari a 351 litri.

“La dispersione – spiega la Cgia – è riconducibile a più fattori: alle rotture presenti nelle condotte, all’ età avanzata degli impianti, ad aspetti amministrativi dovuti a errori di misurazione dei contatori e agli usi non autorizzati (allacci abusivi). ma non tutto il Sud versa in condizioni “disastrose“: come abbiamo accennato prima a Trapani la dispersione raggiunge il 17,2%, a Brindisi il 15,7% e a Lecce il 12% .

irrigazioneL’Italia è il Paese europeo con i consumi idrici più elevati: 40 miliardi di metri cubi all’anno.

Di questi, il 41% è in capo all’agricoltura (16,4 miliardi di mc) il 24% viene impiegato per usi civili (9,6 miliardi di mci), il 20% per l’industria (8 miliardi di mc) e il 15% per produrre l’energia elettrica (6 miliardi di mc).

 

Consumi idrici annui in Italia per settore

La Cgia sottolinea e rimarca come siamo il Paese più “idroesigente” d’Europa; seguono a distanza la Spagna (30 miliardi di mc) e la Francia (quasi 27 miliardi di mc).

Sia in agricoltura che nell’industria siamo il Paese che registra i consumi idrici più elevati in UE.

Il settore estrattivo, tessile, petrolchimico, farmaceutico e altre industrie manifatturiere ad alta intensità idrica sono particolarmente colpiti dalla crisi idrica.

 

 

Il Pnrr offre oltre 5,3 miliardi di euro per affrontare questa situazione, ma sarà cruciale spendere queste risorse in modo efficiente e tempestivo per riparare le reti idriche, migliorare l’irrigazione agricola e trattare le acque reflue. A queste risorse va aggiunto un altro miliardo che nello scorso mese di maggio è stato assegnato al Ministero delle Infrastrutture per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione.

 

Le proposte di Cgia

“Soluzioni miracolistiche sottolinea la Cgia non ce ne sono, ma se vogliamo dare acqua a una parte del Paese che nei prossimi anni rischia la desertificazione potrebbe non essere sufficiente creare nuovi invasi, razionalizzare i consumi e mettere a nuovo la rete di distribuzione. Come hanno fatto con successo l’Arabia Saudita, il Kuwait, Israele e in parte anche la Spagna, non è da escludere che anche l’Italia debba puntare sull’uso dei dissalatori”.

dissalatore
Dissalatore

Le controindicazioni non mancano: come l’alto consumo di energia elettrica che contraddistingue questi impianti e i problemi di smaltimento dei prodotti chimici che sono usati per desalinizzare l’acqua.

“Ma gli impianti di ultima generazioneconclude la Cgia – hanno, almeno in parte, superato molti di questi problemi ambientali. E sebbene i dissalatori in funzione in Italia siano di piccola dimensione, quelli fatti nell’Isola del Giglio, a Ustica e a Ponza hanno sin qui ottenuto dei risultati molto positivi”.

 

 

Fonte dati: Report Acqua Sprechi Ufficio Studi Cgia

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