La Sicilia sembra quasi divisa in due e, nonostante il capoluogo abbia una maggiore affluenza i Pronto Soccorso sembrano fermi a 50 anni fa. Catania, invece, ha prestazioni più elevate con strutture più “attrattive”.
Il Pronto Soccorso, si sa, è il cuore pulsante di qualsiasi ospedale e il personale sanitario dell’emergenza-urgenza si trova a operare in condizioni estremamente stressanti e spesso pericolose. Proprio per questo vi è una fuga di medici e non solo, evidenziando così, secondo le ultime rilevazioni, organici coperti al 53% del fabbisogno reale, ma meno a Catania.
Le differenze
“A Catania negli anni 2000 vi è stata una spinta propulsiva verso la Medicina d’Emergenza-Urgenza. Questo grazie a persone come Vito Giustolisi, che avevano compreso che l’esigenza del cittadino rispetto all’emergenza-urgenza stesse cambiando e che il Pronto Soccorso non potesse esser più semplicemente un luogo di smistamento ai vari reparti dei pazienti, ma che ci fosse una vera e propria presa in carico del paziente”. A spiegarlo è Massimo Geraci direttore dell’Unità di Medicina d’Urgenza dell’Arnas Civico di Palermo.
“Così sono stati posti in essere provvedimenti di tipo formativo, culturale e anche strutturale – prosegue –. A dimostrarlo sono stati la scuola di Specializzazione nata prima lì e poi a Palermo, il percorso degli specializzandi internisti obbligatorio nei Ps, cosa che non succede a Palermo. Ma un altro aspetto fondamentale è che Catania in 20 anni ha realizzato tre aree dell’emergenza costruite ex novo nell’area metropolitana, mentre a Palermo ci sono stati solo dei “rimaneggiamenti”. Tutto questo fa emergere il perché negli ospedali catanesi non si registri, se non eccezionalmente, carenza di personale medico, a differenza del resto della Sicilia”.
“Quando una struttura dal punto di vista logistico accompagna ed è coerente con le nuove logiche organizzative di flusso di lavoro l’operatore si sente più gratificato e al sicuro. Questo non succede negli altri ospedali, e persino al Civico, dove esistono le reti tempo-dipendenti, i limiti strutturali costringono a spostare i pazienti nei vari padiglioni/edifici con le unità specifiche per la cura del paziente, e mi dispiace che i fondi siano stati congelati, non permettendo così di creare una condizione organizzativa strutturale più confacente, evitando, come per le reti tempo-dipendenti, lo spostamento dei pazienti da un edificio all’altro con l’ambulanza”.
Il quadro normativo
Il sistema di emergenza-urgenza in Italia è regolato da una serie di atti normativi chiave. Il Decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 ha stabilito le condizioni per l’assistenza sanitaria di emergenza a livello nazionale, introducendo i criteri per la gestione dei Pronto Soccorso e dei servizi di emergenza-urgenza. Successivamente, un Atto di Intesa tra Stato e Regioni l’11 aprile 1996 ha approvato le linee guida sul sistema di emergenza sanitaria, stabilendo la rete dei servizi di emergenza e le modalità di intervento coordinato tra ospedali e servizi territoriali. Inoltre, il Decreto Ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70 ha specificato gli standard per l’assistenza ospedaliera, definendo chiaramente la struttura e le funzioni del Pronto Soccorso e del Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA).