La recente morte della piccola Antonella, a causa di una sfida su Tik Tok, ha sconvolto il mondo della scuola e messo in allarme le famiglie. Molto spesso, però, i genitori non sono in grado di spiegare ai figli i rischi connessi all’uso dei social e dei videogiochi. Ecco perché è estremamente necessario prevenire fatti del genere, diffondendo una corretta informazione. Per poter affrontare gli interventi anche a livello istituzionale, il dipartimento regionale Istruzione di Forza Italia, la cui responsabile è la professoressa Maria Grimaudo, in collaborazione con il dipartimento Istruzione della provincia di Messina, guidato da Francesco Orifici, è pronto a stipulare protocolli di intesa con associazioni ed enti impegnati nell’educazione all’uso consapevole della rete internet e ai diritti e doveri ad esso connessi.
“Nella nostra società tecnologicamente avanzata, internet rappresenta per gli adolescenti un affascinante contesto di esperienza e di confronto – dice Grimaudo -. Ad attirarli è una sorta di maschera che permette loro di evitare un confronto diretto tramite un’identità inesistente. I social network – aggiunge – sono spazi virtuali che producono emozioni reali. Facebook, Youtube, Instagram, Tik Tok creano dipendenze rese ancor più drammatiche dallo sviluppo tecnologico a cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio. Tik Tok è una delle realtà più presenti nel mondo giovanile: soltanto in Italia conta quattro milioni di utenti. È una piattaforma che permette di condividere musica e video e dal 2018 è stata acquistata da una società cinese”.
Si sono verificati diversi gesti estremi riconducibili alle nuove e pericolose “challenge”, sfide di vario tipo che avvengono in rete e che si stanno diffondendo a macchia d’olio. A destare l’attenzione degli inquirenti è una pericolosa challenge online, quella di Jonathan Galindo, così come la Blue Whale o la Momo challenge.
In questo momento in cui la pandemia da COVID-19 costringe molti giovani a stare a casa, smartphone, tablet, Ipad sono sempre più usati e hanno la funzione di mezzi di aggregazione. L’abuso porta spesso a spiacevoli incontri in quello che viene definito “cyberspazio”. Il web, infatti, oltre ad essere una fantastica opportunità di studio e conoscenza, è anche un luogo pieno di insidie spesso identificate con termini molto complicati e sconosciuti. Genitori ed educatori devono assolutamente conoscerne il significato per poter vigilare e prevenire comportamenti scorretti.
Per fare chiarezza il ministero della Giustizia ha stilato il ’Gloss@1.zero‘, una sorta di piccolo dizionario enciclopedico sui comportamenti in rete e sui termini più diffusi, come Candy girl (denudarsi davanti a una webcam per poi vendere le foto in cambio di ricariche telefoniche o regali di scarso valore economico), Grooming (la vittima viene adescata online, tramite chat e social network), Vamping, Hate speech, Sexting e Hikikomori.
“Per arginare questi gravi comportamenti occorre sensibilizzare l’intera società e soprattutto cercare azioni d’urto che coinvolgano famiglie ed agenzie educative – sottolineano Grimaudo e Orifici -. Un valido supporto per i genitori sono le iniziative che hanno l’obiettivo di far riflettere e dare la corretta percezione dei rischi e delle responsabilità”.
La Fondazione Carolina rappresenta, ad esempio, un valido supporto alle famiglie e alla comunità. La fondazione ha raccolto la sfida di Paolo Picchio, papà di Carolina, prima vittima acclarata di cyberbullismo, che si è tolta la vita nel gennaio del 2013. Scopo della Fondazione è quello di realizzare un futuro in cui il web sia un “luogo” sicuro per i bambini e gli adolescenti, coinvolgendo tutti gli attori corresponsabili della crescita dei minori e del loro sviluppo consapevole. Dalla data di costituzione della Fondazione, si sono attivate sinergie e collaborazioni con istituzioni impegnate nella prevenzione del cyberbullismo e dei reati digitali.
Esistono poi iniziative portate avanti da “Genitori Connessi”, progetti sostenuti da vari Comuni, service clubs, amministrazioni provinciali, istituti scolastici. Anche a Palermo è nato un gruppo guidato da Francesco Zanca e un altro, molto attivo, Palermo Mamme.
Grimaudo e Orifici concludono ricordando le parole le parole dello psicologo Gianluca Lo Presti:“Ai vostri figli non dovete togliere Tik tok, e neppure togliere il cellulare. Dovete invece aggiungere tempo. Perché se un problema non si manifesta in un contesto social, si manifesterà in un contesto sociale”.