Un quadro ancora negativo per ciò che riguarda i beneficiari dei fondi Pnrr, giovani e donne si trovano ad essere ancora quella fascia della comunità poco coinvolta. Dal 2021 è in vigore un vincolo di assunzione per gli operatori economici che vincono gare d’appalto finanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, questi sono infatti tenuti ad assumere almeno un 30% di giovani sotto i 36 anni e un altro 30% di donne.
Però i dati raccolti non fanno fede a ciò che dice la normativa. L’analisi rivela che il 69% dei bandi aperti non ha previsto quote di assunzioni riservate a donne e giovani. L’ultimo aggiornamento dei dati del 4 aprile 2024 mostra come, a distanza di un anno, e con molti più bandi e gare aperte, la situazione purtroppo è rimasta pressoché invariata.
Tra il 2021 e il 2022 il governo Draghi aveva infatti pubblicato due relazioni sugli obiettivi del Pnrr per il miglioramento delle condizioni proprio di giovani e donne e a quasi 3 anni dall’avvio del piano però, non sappiamo quali siano stati gli effetti finora e, rispetto alle disparità tra territori, non abbiamo proprio nessuna informazione.
Di questi limiti se ne parla da tempo, limiti che sembrano persistere.
Il Pnrr serve anche per spingere le imprese ad assumere più donne e più giovani. E contemporaneamente aprire una riflessione sulla pletora di contratti a titolo precario che esistono ancora nel nostro mercato del lavoro e che probabilmente dovrebbero essere ripensati, tanto più quando si investe nella formazione, a dirlo il ministro Andrea Orlando, un supporto che deve arrivare dal governo nazionale e nel piccolo dagli stessi Comuni.
“Lo spirito iniziale dei fondi Pnrr dall’Ue andavano indirizzate e rivolte proprio al recupero del gap non solo infrastrutturale ma anche sociale tra le regioni ricche e regioni povere, tanto che la mole di risorse importanti che vengono dedicate all’Italia è frutto degli indicatori negativi“, a dichiararlo è Mario Ridulfo, segretario generale della Cgil Palermo. “E inoltre abbiamo un Mezzogiorno che è indietro al resto del paese, per disoccupazione, infrastrutturazione sociale scarsa, almeno il 40% delle risorse deve essere dedicate proprio al Mezzogiorno“.
Cosa sta succedendo? L’unione europea sta finanziando le misure che però ritardano ad arrivare perché soprattutto le amministrazioni, a cominciare dai Comuni, sono in grosse difficoltà poiché non hanno le risorse umane, è risultato di un impoverimento della macchina pubblica. “A fronte di una mole di risorse enorme noi ancora non abbiamo tutta la strumentazione e la progettazione disponibile per far partire i cantieri che potrebbero cambiare le sorti del destino della Sicilia perché impatterebbero nella prospettiva di recupero. Naturalmente questo impegno dell’Unione Europea, dello Stato italiano, della Regione e dei Comuni vanno incontro alle esigenze soprattutto dei più giovani che invece di andare via potrebbero trovare qui occasioni di lavoro. È chiaro che le classi lavoratrici più fragili, giovani, donne o anche gli over 50, che vivono in una condizione di difficoltà nella ricerca del lavoro, sarebbero agevolati. “Questa del Pnrr assieme a tutta la programmazione comunitaria può essere la chiave di un cambiamento importante per la Sicilia. Noi abbiamo bisogno di tecnici, di professionisti e di nuove competenze che mancano nella P.A., falcidiata dai pensionamenti e dal mancato turnover”.
Anche il governo siciliano, grazie alle iniziative dell’assessorato regionale alle Attività produttive guidato dall’assessore Edy Tamajo, ha stanziato 26 milioni per le imprese siciliane per donne e giovani, un’aiuto che potrebbe agevolare la condizione di queste categorie.
Una misura creata per accompagnare e favorire la crescita e lo sviluppo del sistema imprenditoriale siciliano. Grazie alla concessione di agevolazioni sotto forma di finanziamento agevolato e di contributo a fondo perduto, la misura, finanziata dal Pnrr, si pone l’obiettivo di rafforzare il sistema imprenditoriale dell’isola, di favorire lo sviluppo di poli di specializzazione e anche di stimolare il riposizionamento di settori produttivi tradizionali. “Fare impresa in Sicilia” destinato a imprese da avviare costituite da giovani con età compresa tra i 18 e i 46 anni, o donne di qualsiasi età. Imprese costituite da meno di 36 mesi di cui la maggioranza della compagine sociale sia composta da giovani con età tra i 18 e i 46 anni, o donne di qualsiasi età. Per questa linea d’intervento sono stati stanziati 26 milioni di euro, 16 milioni di euro a valere su FSC 2021/2027, 10 milioni di euro a valere su POC 2014/2020. L’investimento massimo è di 300.000 euro. “Circa 200 microaziende siciliane potrebbero trarre nuova linfa, con ritorno in termini occupazionali non di poco conto, supportando centinaia di famiglie”.
Ma qual è la situazione attuale? Numeri alla mano, ad oggi sono 151.863 i contratti in cui si rileva l’assenza di vincoli nelle assunzioni. Mentre i contratti che prevedono delle quote inferiori al 30% per le donne e/o per i giovani sono 7.554, pari al 3%, mentre quelli che rispettano l’obbligo di legge, e che quindi prevedono l’impegno di assumere il 30% di donne e il 30% di giovani, sono 76.118, pari al 32%.
Solo nel 2023 il 42,3% delle donne risultano essere inattive, questo significa che non hanno cercato lavoro nelle quattro settimane precedenti alla rilevazione, o non sono disponibili a lavorare entro le due settimane successive, o entrambe le condizioni. In altre parole non cercano un’occupazione. Si tratta ovviamente di una percentuale molto elevata, se si considera che gli uomini inattivi nella stessa fascia d’età sono solo il 24,3%. Un risultato che sembra essere il riflesso della disparità di genere, una visione ancora radicata nella società che vede la donna come principale responsabile del lavoro di cura della famiglia. Un ruolo aggravato dalla carenza dell’offerta di asili nido e altri servizi educativi per la prima infanzia.
Allo stesso modo e con un distacco meno netto di quello tra uomini e donne, anche i giovani si distinguono per tassi di inattività maggiori rispetto a quelli della popolazione complessiva: il 48,1% di ragazzi e ragazze tra 15 e 34 anni, contro il 33,3% della popolazione 15-64. Potremmo pensare che l’inattività sia così alta perché in quella fascia di età molti giovani studiano, ma è vero solo in parte.
Invece, per ciò che riguarda l’effettivo utilizzo dei fondi in questo momento non abbiamo dati certi, anche se esiste un osservatorio di monitoraggio nazionale. Abbiamo fatto un accordo con il Comune di Palermo per istituire un tavolo di monitoraggio, dice Ridulfo, essendo il comune di Palermo una delle più grosse centrali di spesa, si spera di poter in qualche modo incidere per far sì che le risorse vengano spese ma soprattutto che vengano spese bene.
Possiamo dunque dire che il Pnrr ignora la parità di genere e rischia di aumentare le disuguaglianze già esistenti, i dati parlano chiaro.