Andrea Orlando al Lavoro, Dario Franceschini alla Cultura e Lorenzo Guerini alla Difesa: nessuna donna tra i ministri indicati dal Partito Democratico per il governo Draghi. Un fatto che ha fatto saltare sulla sedia in tanti, a partire proprio dai rappresentanti dei Dem.
Come per esempio Debora Serracchiani, secondo la quale il genere ha dovuto imparare una “dura lezione: nessuno spazio ci sarà dato per gentile concessione. Quando si tratta di ruoli di potere vero, non funzionano le quote di genere come riserva indiana oppure gli articoli dello statuto come specchietto per la democraticità interna“.
Serracchiani non è stata l’unica a sollevare la questione. Dello stesso tenore sono state le parole pronunciate da Laura Boldrini, sempre molto attenta al tema in questione, che, lasciata Sel per approdare al Pd, adesso si ritrova a dover fare i conti con l’esclusione delle donne nella lista dei ministri indicata da Mario Draghi: “Le correnti schiacciano il protagonismo femminile“, ha affermato l’ex Presidente della Camera. Di “dato politico che brucia” ha parlato invece Cecilia D’Elia, portavoce della conferenza delle donne democratiche.
Insomma, con le sue scelte Mario Draghi ha creato non pochi grattacapi a Nicola Zingaretti, che non ha potuto fare altro che correre ai ripari e promettere di “fare di tutto” per riequilibrare il rapporto di genere con la sceltasi sottosegretari e viceministri. Basterà? Chissà.
Certo, nel leggere la lista dei ministri, nel Pd siciliano devono essersi trovati in fortissimo imbarazzo. Nell’Isola risuonano ancora le invettive contro il governatore Musumeci, ‘reo’ di aver sostituito l’unica donna presente in giunta, Bernadette Grasso, con un uomo. E che dire dell’impugnativa contro la nomina degli assessori Scilla e Zambuto, promossa proprio dal Partito democratico Isolano un mese fa ‘in spregio alle norme e a quanto previsto dalla Costituzione, oltre che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europa’?
Al momento in Sicilia tra i dem non si registrano voci di dissenso sulla pattuglia di bandiera ministeriale, tutta di uomini. Un silenzio assordante che fa da contraltare all’attivismo che ha contraddistinto le azioni all’indomani del mini rimpasto in giunta regionale.
La rappresentanza di genere è una questione politica seria che non può essere ridimensionata alla battaglia di una parte. E su questo punto che non può essere lasciato spazio alle ambiguità.