Il ddl Enti locali, nelle ultime settimane, ha preso il sopravvento nel dibattito politico. Un disegno di legge di natura parlamentare, nato e cresciuto nella commissione di merito, che ha scosso gli animi di tanti. Dalla norma che aumenterebbe il numero degli assessori (uno in più a tutti i Comuni), al consigliere supplente, sino ad arrivare alle quote rosa all’interno delle amministrazioni. Ne abbiamo parlato insieme all’assessore regionale alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica Andrea Messina.
Assessore regionale alla Funzione pubblica Andrea Messina, la riforma sugli Enti locali, e in particolar modo la proposta sull’assessore in più nei Comuni, ha scosso molti animi. Qual è il suo pensiero a riguardo?
“Ci tengo a precisare che questo ddl Enti locali non è una proposta del governo, bensì una proposta di natura parlamentare, che è stata elaborata all’interno della I commissione Affari Istituzionali e su cui hanno contribuito tutte le forze politiche. È nata in maniera quasi del tutto spontanea, un testo con una serie di iniziative e proposte che in commissione sono state affinate e modificate, tra i quali appunto questa che riguarda l’aumento di un assessore a tutti i Comuni della Sicilia senza costi aggiuntivi. Questa norma, per chiarezza, è stata proposta dal gruppo del M5s che in una prima fase aveva ricevuto il benestare da parte della commissione e che poi successivamente è stata eliminata dal testo“.
“Allo stato attuale sono stati presentati oltre 350 emendamenti, che saranno esaminati dalle commissioni Affari Istituzionali e Bilancio durante questa settimana e si vedrà anche da questi altri emendamenti quale sarà il contenuto e soprattutto cosa diranno sulla proposta degli assessori. In linea di massima, ritengo che nulla guasta soprattutto se non ci sono costi aggiuntivi. In tanti Comuni c’è l’esigenza di avere un collaboratore in più che lavori coadiuvando il sindaco soprattutto se questo non aggrava il bilancio. Certamente ritengo che prima che il testo vada in aula bisogna fare un po’ di sintesi anche all’interno dei gruppi di maggioranza e in seguito un confronto con l’opposizione per cercare di giunge a un testo più condiviso possibile“.
Il presidente della Regione Renato Schifani ha però mostrato la sua contrarietà riguardo la proposta in questione?
“Il presidente Schifani, legittimamente, ritiene di non guidare una Regione in cui si pensa solo ai privilegi o alle poltrone, ma che ovviamente cerca di amministrare con la massima sobrietà e cura possibile. Chiaramente non posso che condividere quelli che sono i pensieri del presidente, però come ho detto in precedenza, questa è stata una proposta di iniziativa parlamentare e non governativa, correttamente il presidente ha detto la sua, che io condivido e rispetto, però vediamo quali sono le condizioni“.
Nel caso in cui il testo arrivi in aula e venisse chiesto il voto segreto, la maggioranza reggerebbe?
“A mio parere, su questo argomento, non è opportuno chiedere il voto segreto. Ricordiamoci che recentemente, purtroppo, con il voto segreto sono state affossate le province. Non ha senso ricorrere al voto segreto, tanto vale da parte delle forze politiche esporre quale sia la propria idea e decidere nel modo più leale possibile. Iniziare un percorso così come è stato per le province in commissione, con studi e ricerche, per poi portarlo in aula, approvare qualche articolo e successivamente bocciarlo con il voto segreto, non ha alcun senso e non è rispettoso nei confronti del Parlamento e dei siciliani“.
“Esprimiamo ognuno di noi ciò che vogliamo. All’interno di ogni gruppo parlamentare, dei partiti di maggioranza e opposizione, non c’è unanimità di pensiero e quindi legittimamente, trattandosi di argomenti non di maggioranza o governativi, ogni deputato lo giudica in funzione di quella che può essere la refluenza sul proprio territorio. Di fatto questa non è una riforma organica, elaborata dal governo, studiata con i tecnici, sono una miriade di emendamenti spesso con il rischio di illegittimità e di incostituzionalità che rischiamo di discutere in aula, dato che è mancato il confronto con i tecnici del dipartimento che potevano dare anche un consiglio su quella che è l’esigenza di una riforma globale“.
Secondo lei, da deputato regionale, l’utilizzo del voto segreto andrebbe modificato o limitato?
“Il regolamento e lo statuto devono aiutarci a un’attività anche di imparzialità e garanzia, non si può modificare un regolamento solamente per ovviare o superare problemi e difficoltà tra i vari gruppi parlamentari. Il regolamento deve essere lasciato, secondo me, cosi com’è perché è stato a suo tempo approvato e condiviso. Non può di certo essere modificato ogni qualvolta dobbiamo superare un problema politico, sarebbe svilente per il Parlamento stesso. Non ritengo che sia un ricorso corretto e trasparente quello di modificare i regolamenti per superare i problemi della politica. Anzi, contrariamente la politica dovrebbe adeguarsi ai regolamenti. Le regole non possono dettarsi a colpi di maggioranza, serve confronto e condivisione“.
Sono state parecchie le polemiche circa l’aumento di presenza delle quote rosa nelle giunte comunali, si parla anche di una mobilitazione. Cosa può dire a riguardo?
“Innanzitutto non è un argomento su cui fare speculazione politica. Se facciamo una modifica rispetto alla norma attuale dovremmo modificare anche la presenza delle donne nelle liste con la medesima percentuale. Se oggi, che non vige una regola simile, proponiamo liste con una scarsa rappresentanza di genere e poi siamo costretti ad inserire il 40% di donne nelle giunte che sono slegate dalla rappresentanza nelle varie liste o dal consiglio comunale, andiamo a creare rischi di “mal governo”, rischi di non convergenza tra l’organo consiliare e l’organo esecutivo e quindi dobbiamo portare avanti una riforma organica partendo dalle liste. E, aggiungo, una modifica di questo tipo non si può attuare per le amministrazioni in carica“.
“Purtroppo, alcuni pretendono che questo emendamento venga applicato sin da subito, come per il consigliere supplente. Non possiamo obbligare i sindaci oggi, dopo il percorso già intrapreso, a modificare le giunte per inserire il 40% di quote rosa. Semmai questo può introdursi dai prossimi mandati amministrativi. Noi come partito siamo favorevoli ad elevare la percentuale della quota di genere nelle giunte, ma dobbiamo farlo contestualmente anche nella presentazione delle liste per i consigli comunali e chiaramente, come detto, non deve essere fatto per le attuali amministrazioni perché modifichiamo gli equilibri e rischiamo di indurre i sindaci ad una situazione di ingovernabilità“.
Sui consiglieri supplenti?
“Sin da subito mi sono mostrato sfavorevole alla proposta, dato che in primis non avrebbero un mandato pieno, visto che sarebbero sempre nella propria attività amministrativa condizionati da colui che in quel momento gli ha “prestato” il seggio, e quindi non avrebbero mai una mandato imperativo così come la Costituzione vorrebbe, e ciò mi induce a pensare che sia anche incostituzionale. Ci aveva provato qualche anno fa la Regione Sardegna, ma poi la regione stessa lo ha ritirato per via di un’impugnativa da parte dello Stato. Il consigliere comunale deve essere libero quando decide e vota, nell’interesse del territorio e dei cittadini, deve essere libero e svincolato da qualsiasi condizione. Se deve sottostare sempre a ciò che gli viene detto dall’assessore che gli ha dato la possibilità di diventare supplente, chiaramente sarà condizionato e non libero di esprimere il proprio voto“.
“Ritengo che diventa ancor più incostituzionale se questa modifica la vogliamo applicare nelle amministrazioni in carica, questo rischia di modificare quelli che sono gli equilibri dei consigli comunali e rischiare di portare i comuni all’ingovernabilità, perché laddove ci sono due-tre assessori a cui subentrano supplenti che in quel momento non sono più in linea con l’amministrazione, stravolgiamo quello che è l’equilibrio e modifichiamo quello che è l’assetto di un’amministrazione e anziché dare una mano ai sindaci probabilmente gli creeremo una difficoltà ulteriore, ovviamente con il rischio di una miriade di ricorsi per incostituzionalità che aggravano la vita degli enti locali e della regione. Sarebbe più opportuno, in caso, farlo decorrere dal mandato successivo quello attuale“.
Secondo lei si arriverà ad un “compromesso” con l’opposizione?
“Sulle riforme di questo tipo ci vuole un confronto, per trovare un accordo condiviso e una maggioranza più ampia possibile. Se non dovessero esserci le condizioni, aspettiamo qualche settimana, cerchiamo di redigere una riforma globale condivisa anche con i tecnici, che conoscono i motivi o meno di impugnabilità, e portiamo avanti una riforma di natura differente“.