Sono stati ricordati, nel giorno del 39esimo anniversario dell’incidente che costò loro la vita, Biagio Siciliano e Giuditta Milella, di 14 e 17 anni, i due studenti del liceo Meli a Palermo, deceduti perché travolti, per errore, da un’auto dei carabinieri di scorta ai magistrati Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta. Nel luogo dell’incidente, in via Libertà, all’incrocio con piazza Croci, è stata deposta una corona di fiori ed è stata affissa un’immagine in loro memoria.
All’iniziativa, organizzata dalla commissione cultura dell’Ottava circoscrizione del Comune di Palermo, in collaborazione con il centro studi Paolo e Rita Borsellino ed il Cna, erano presenti, oltre al presidente dell’ottava circoscrizione, Marcello Longo a Roberto Leone dell’Assostampa Sicilia, anche il presidente della commissione parlamentare Antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, il giudice Leonardo Guarnotta e il magistrato Vittorio Teresi e il fratello di Biagio, Vincenzo Siciliano.
“La mia famiglia fu distrutta dopo quel giorno terribile – racconta il fratello di Biagio – in quel periodo esisteva la lotta fra il bene e il male. La città di Palermo sembrava disturbata dalle sirene e dai morti che, secondo noi, erano lontanissimi dalla nostra realtà quotidiana. Invece non era così, la morte di mio fratello, in quel tragico incidente, fece capire alla città intera che nessuno era esente dal pericolo. Sono passati quasi quarant’anni da allora, ma la memoria resta una cosa importantissima, per non dimenticare quegli anni”. Leonardo Guarnotta, membro del pool antimafia, ricorda che, il giorno prima, era con Carmelo Carrara “ad un’udienza al Nord Italia avevamo fatto tardi, eravamo arrivati in ritardo in aeroporto. Abbiamo insistito per partire perché dovevamo tornare al più presto a Palermo. Se fossimo tornati poco dopo, forse tutto questo non sarebbe successo. Questo però purtroppo era il riflesso di quella Palermo atterrita e spaventata per le centinaia di morti per mano della mafia”.
“Erano ragazzi come voi. Sono morti per la Palermo di quegli anni, perché in città c’era una guerra, dichiarata solo da una parte. La maggior parte dei palermitani, infatti, non sapeva che eravamo in guerra, non era attrezzata a difendersi dalla guerra. Se c’è una colpa che posso attribuire alla mia generazione è che quella guerra si è consumata nell’indifferenza di tutti noi”, così il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Antonello Cracolici, parlando ai giovani dell’istituto Ferrara, a Palermo, nel giorno in cui si ricorda il 39esimo anniversario dall’incidente che causò la morte dei due liceali palermitani Biagio Siciliano e Giuditta Milella, deceduti perché travolti da un’auto dei Carabinieri di scorta ai giudici Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta, in via Libertà.
“Oggi però – prosegue – è possibile parlare di mafia. La mia generazione non parlava di mafia, si negava la sua esistenza. La colpa della mia generazione è stata l’indifferenza, che è stata la principale alleata dei mafiosi“, conclude Cracolici.
“Mi raccontarono che Borsellino, poco dopo l’impatto, uscì dalla macchina. Tutti pensavano che fosse stato un attentato – ricorda Mari Albanese, presidente della commissione cultura dell’ottava circoscrizione – invece Borsellino capì subito che non si trattava di un attentato e disse ad alta voce ‘non è un attentato, è una catastrofe’. Si dice che portò sempre la ferita per quel giorno così triste”.
La dichiarazione del sindaco
“Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella sono vittime di mafia e Palermo ha il dovere di ricordarli come tutti i martiri che hanno sacrificato la propria vita nella lotta alla criminalità organizzata. Biagio e Giuditta sono state vittime del clima di tensione che attraversava le strade di Palermo a metà degli anni Ottanta”, lo dichiara il sindaco di Palermo Roberto Lagalla.
“Conclude il loro sacrificio diede una coscienziosa spinta agli studenti dell’epoca che hanno subito riconosciuto i reali responsabili di quella tragedia. Un importante esempio di come i giovani siano ancora oggi i protagonisti e il motore del riscatto sociale contro il ricatto mafioso”, conclude il sindaco.