I prossimi mesi saranno concitanti per il Partito Democratico, chiamato ad eleggere il nuovo segretario regionale. Il partito arriva con delle importanti spaccature interne e le dimissioni del presidente regionale Antonio Ferrante ne sono state la dimostrazione inequivocabile, come descritto nella lettera di commiato: “ciò che oggi riscontro è un partito ormai ombra di sé stesso, lacerato dalle divisioni interne e proiettato già, elmetti in testa, verso un congresso che sin dalle prime battute appare come una guerra fratricida, prima che un confronto democratico per scegliere la classe dirigente”.
A ciò si aggiunge anche la polemica riguardante la modifica dello statuto che prevederebbe l’eliminazione delle primarie, elemento certamente caratterizzante dei dem.
Ne parliamo con il deputato regionale e sindaco del comune di Militello in Val di Catania Giovanni Burtone.
Giovanni Burtone, deputato all’Ars, come sta arrivando il Pd al congresso?
“Il Pd arriva al congresso in maniera articolata, non tutti abbiamo le stesse opinioni. Il partito discute al proprio interno, ma deve poi avere la capacità di trovare elementi unificanti affinché si possa lavorare tutti insieme, perché l’obiettivo è quello di allargare agli altri, costruire le alleanze, e un partito diviso difficilmente riesce a centrare questi obiettivi. C’è una parte del partito che indica una modifica statutaria, quella che è in questo momento rappresentata principalmente dal segretario regionale uscente Barbagallo, modifica che include la proposta di eliminare dallo statuto la possibilità che ad eleggere il segretario regionale siano gli elettori attraverso le primarie, e poi c’è un’altra parte che vorrebbe mantenerle perché sono l’elemento caratterizzante del Partito Democratico, ricordiamoci che il partito è nato con le primarie, prima dell’Ulivo e poi del Pd, e ricordo bene l’entusiasmo che suscitarono le primarie di Prodi. Dobbiamo tornare a quella capacità di aggregare i tanti soggetti che non entrano nei partiti tesserandosi ma sono pronti a dare un’adesione piena alla coalizione politica, in particolare ad incidere nella definizione dei quadri dirigenti. Aggiungo che le primarie sono state un elemento di rilancio del partito, la stessa elezione della segretaria Schelin ma anche le primarie che si sono svolte nelle Marche e nel Lazio sono state elemento di aggregazione. Io non vedo motivo di eliminarle, sono presenti nello statuto e credo che debbano essere mantenute perché l’obiettivo è quello di stimolare la partecipazione. Oggi tutti lamentiamo che si vada a votare sempre di meno però ci sono alcune questioni che se affrontate bene possono incidere positivamente e recuperare una parte di un tessuto che guarda con diffidenza alla politica ed è quello che in genere le primarie riescono a fare“.
Secondo lei, dato che le primarie sono da sempre elemento caratterizzante del partito, perché questa proposta?
“La mia posizione è netta e mi batterò per mantenere questa caratterizzazione dello statuto, di non cancellare le primarie e anzi di rilanciarle. C’è chi pensa che il partito debba essere in mano ai tesserati, io rispetto tutti anche queste posizioni che considero sbagliate perché l’idea di un tesseramento stile novecento non credo sia ormai adeguato al nuovo orizzonte politico, credo più a questa partecipazione sostenuta nelle primarie e confido che ci sia ragionevolezza e che ci si ritrovi perché è un aspetto identitario. Qualcuno dice che con le primarie arrivi gente da altri partiti, se ci fossero le primarie della destra mi guarderei bene ad andare a votare o i miei amici se andassero a votare non li riconoscerei più come amici politici, non si può andare a votare e decidere in un altro fronte, qualcuno lo ha fatto nel passato ma fortunatamente è andato via, credo che tutti noi dovremmo fare bene le primarie che sono alla base del patto costitutivo del Pd“.
Servirebbero delle modifiche per evitare queste “interferenze esterne”?
“Penso che le interferenze esterne dipendano dalla capacità di vigilanza del partito, se noi facciamo le cose seriamente senza fare la corsa a chi porta più persone ma lasciamo la partecipazione spontanea questo non avverrà. Credo che il partito abbia purtroppo pagato il prezzo di aver avuto nel passato dei passaggi strumentali di persone che sono arrivate, hanno presenziato per un periodo e dopodiché sono passati in altri partiti. Oggi mi pare che la base del partito sia abbastanza definita. Si possono mantenere tesseramenti e poi fare primarie aperte? Per me è indifferente, credo però che sia fondamentale che a partecipare non siano solo gli iscritti ma anche i simpatizzanti, quelli che credono nel partito e che non si sentono di portare avanti un rito che per loro è superato, quello del tesseramento, ma aderisco al partito spontaneamente senza avere bisogno della tessera“.
Quindi bisogna andare oltre i tesseramenti
“Assolutamente. Quello che ha proposto Prodi è stato uno degli elementi di innovazione del sistema politico nazionale e auspico, come accadde quando segretario era Bersani e presidente del partito Bindi, che si svolgano le primarie anche per la scelta dei parlamentari che debbono concorrere all’elezioni politiche, se non ci saranno riproposte le preferenze nella legge elettorale. Questo permetterebbe, come accade nel 2013, che a scegliere i candidati siano i cittadini e non i vertici secondo schemi correntizi“.
Quali saranno i compiti del prossimo segretario regionale?
“Avrà sicuramente il compito di creare uno stretto collegamento tra partito e gruppo parlamentare, di utilizzare il lavoro svolto nelle assemblee elettive per dimostrare che il partito incida seriamente nelle nostre comunità con interventi mirati e che hanno come centralità il bene della nostra società, finora questo non mia pare sia stato fatto, e poi l’apertura ai gruppi dirigenti anche di chi non fa parte del ceto dirigente. Credo che il lavoro da fare sia molto pesante da portare avanti, chi ha maggiore generosità sia metta a disposizione del partito, e che si facciano le scelte più libere possibili. Non temo il controllo delle tessere, potrebbe farlo chi ha le redini del partito oggi, ma non credo sia questo il problema, il problema vero è quello che bisogna allargare la base di quelli che vogliano partecipare e dare il proprio contributo, e ciò può avvenire senza la tessera per quelli che credono nel messaggio del partito attraverso le primarie“.
Infine, come reputa lo stato di salute del Pd catanese?
“Credo che a Catania, ma in generale, i risultati indicano che il partito rispetto al resto del Paese sia indietro, quindi lo stato di salute non è buono. È necessario rafforzare le strutture del partito, renderle più aperte. Vedo che il gruppo dirigente non cerca altro, in questo momento, di dividere a livello provinciale, quanto meno mi è sembrato così ma posso anche sbagliarmi. La mia percezione è stata quella di un gruppo dirigente che non sempre è stato accogliente. Mi auguro e spero che quelli che finora non sono stati inquadrabili nel partito possano partecipare e decidere insieme agli altri e creare gruppi dirigenti che abbiano questa capacità di dialogo con tutto il territorio“.