Secondo lo studio “A novel methodology for epidemic risk assessment of COVID-19 outbreak“, pubblicato sulla rivista internazionale Nature Scientific Reports, esiste una fortissima relazione tra quanto il Covid ha impatto sulla popolazione e diversi fattori: l’inquinamento ambientale, la densità abitativa, la densità ospedaliera, la temperatura invernale e l’anzianità della popolazione.
Lo studio stima il rischio dell’impatto del Covid nelle varie regioni italiane tenendo in considerazione i diversi indicatori che permettono di comprendere il perché della differente incidenza della pandemia sul territorio.
La supposizione che lo smog e una più alta concentrazione di polveri sottili possano aver accresciuto il rischio di contagio e favorito un decorso più rapido della malattia nasce dalla presa d’atto che l’inquinamento atmosferico è associato a un aumentato rischio di infiammazione prolungata, anche in soggetti giovani e sani con la conseguente iperattivazione del sistema immunitario.
Secondo gli esperti, anche il calo drastico delle infezioni a seguito del lockdown e del distanziamento sociale suggerisce che questo dato sia influente nella trasmissione del virus.
Così le regioni sono state classificate in quattro diversi gruppi di rischio (basso, medio, alto e molto alto). La divisione spiega quello che è avvenuto durante la prima e la seconda ondata di contagi dando un’oggettività del perché la regione a rischio maggiore sia la Lombardia (rischio molto alto) seguita da Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna (fascia di rischio alto) ovvero da quelle regioni che sono state maggiormente colpite dal Covid.
“Nella fascia intermedia a rischio medio troviamo regioni come la Campania, la Puglia e la Sicilia, mentre fra quelle a rischio più basso il Molise e la Basilicata, che di fatto sono le regioni che hanno subìto un impatto minore – sostengono i ricercatori – La differenza fra le regioni giustifica pure le diverse misure di contenimento che andrebbero quindi correttamente differenziate non solo in base al numero corrente dei casi di infezione, ma anche in base al rischio a-priori”.
Nell’articolo viene anche proposto un modello che potrebbe supportare le decisioni del governo per il contenimento della pandemia.