Scendeva il crepuscolo mentre l’aereo si accingeva ad atterrare a Punta Raisi. La costa fra Carini e Capo Rama appariva già punteggiata dalle luci dei paesi e delle innumerevoli abitazioni che la costellano e che si riflettevano sempre di più nella cerchia dei monti, man mano che la luce del sole tendeva a scomparire.
Questa visione mi portò a ripensare alle favole nordiche che narrano di piccole case con lucerne, di monti e di boschi abitati da elfi e fate che con il loro re Oberon attendono alla felicità degli uomini.
In questo stato quasi onirico, mi vennero in mente le colate laviche dell’Etna che nei secoli hanno affascinato e terrorizzato; le gole dell’Alcantara ed i ciclopi di Acitrezza, Mazzarò e le isole Eolie, frutto anche esse di eventi catastrofici. Ho visto le latomie di Siracusa, la Valle dei templi e Selinunte, Mozia con il suo enigmatico “tophet” fenicio, la rocca di Erice da dove Amilcare Barca comandò la flotta cartaginese nella battaglia delle Egadi e vi fu sconfitto dal console romano Lucio Lutazio Catulo che lo aspettò in agguato dietro Levanzo. Mi è apparsa davanti agli occhi la Cappella Palatina, forse la sintesi di quella Sicilia che fu realtà e non sogno ed ho pensato alla fecondità della nostra terra che restituisce generosamente come pianta qualunque seme le venga gettato. Insomma: il Paradiso Terrestre.
L’impatto del carrello sulla pista mi riportò bruscamente ad oggi. Scomparsa la condizione onirica ho comunque continuato a pensare e questa volta mi sono passati davanti agli occhi i disastri che siamo stati capaci di determinare.
Già nei primi anni cinquanta si parlò dello sviluppo industriale della Sicilia ma il risultato furono gli impianti più inquinanti e con minore ricaduta occupazionale che esistano : la raffineria di Milazzo di fronte alle Eolie, quelle di Priolo- Melilli e Gela, il cementificio di Porto Empedocle, alle spalle della valle dei Templi e quello di Isola delle Femmine, le centrali elettriche di Termini Imerese e Milazzo piazzate in tratti di costa fra i più belli della Sicilia. Poi la “ Sicilia imprenditrice “ con le “perle” dell’Ente Minerario e delle aziende rilevate dall’ESPI già in stato di avanzata decozione e portate all’estinzione in poco tempo, con enorme spreco di risorse pubbliche oltre che di maestranze le cui capacità professionali ci venivano invidiate. Il cantiere navale di Palermo i cui lavoratori costituivano la vera aristocrazia operaia della città occupava circa 4.000 dipendenti e lavorava a pieno ritmo mentre la rada era affollata di navi che aspettavano il loro turno di ingresso in bacino. Oggi si è ridotto con poco meno di 500 lavoratori nel disinteresse della classe politica e sindacale che si limita a qualche intervento di “routine”.
Alimentando speranze ed illusioni si sono costituiti poi i Consorzi per lo Sviluppo delle aree Industriali che fra burocrazia inefficiente e criticità proprie hanno rappresentato e rappresentano solo uno spreco di denaro pubblico. Basti pensare all’ASI di Termini imerese: 600ml di euro di patrimonio immobiliare abbandonato a se stesso e, ad oggi, più di 100 milioni di euro di finanziamenti revocati dalla Comunità Europea, mentre un’altra ventina sono in dirittura di ritorno a Bruxelles.
La SicilFiat è stata chiusa proprio mentre la Fiat apriva stabilimenti in Slovenia ed in Polonia , incentivava lo stabilimento di Melfi e perfino di Pomigliano d’Arco ; ma nessuno ne ha mai chiesto la reale ragione né si è posto qualche domanda sul perché non una azienda si sia detta disponibile all’utilizzazione dell’ impianto: né i sindacati che parlano di “ricollocazione in altri comparti occupazionali” – straordinario sindacalese – che traduco in pubblica amministrazione, né sindaci ed esponenti politici che partecipano ai ricorrenti sit-in esprimendo sempre solidarietà cioè un vocabolo astratto.
I problemi dell’occupazione vanno di pari passo con quelli dello sviluppo, ma della parola sviluppo si fa solo uso propagandistico mentre per l’occupazione si è scelta un’altra strada cioè quella dell’assistenzialismo ammannito nelle forme più fantasiose. Così ci ritroviamo con migliaia di operai forestali, di ex ottantunisti – impagabile neologismo – , ex PIP, LSU e quant’altro la fantasia politica e sindacale sia riuscita a declinare. A tutto questo si aggiungono la pletora di braccianti agricoli più o meno credibili e la massa di percettori di assegni di invalidità che, come ci dicono le cronache giudiziarie, sono talvolta arbitrariamente goduti, mentre i giovani più brillanti vanno all’estero per avere riconosciute le loro capacità.
Da questo ed altro ancora nasce la sensazione che sia stato sottoscritto un patto scellerato : l’assistenzialismo puro e duro contro il silenzio, o il falso strepito su quelli che sono i problemi dello sviluppo reale che vengono scansati con l’agilità delle bisce.
Non è però intellettualmente corretto attribuire tutte le responsabilità ad altri; alla politica, al sindacato che ricordo al tempo di Pio La Torre ed alla burocrazia , dobbiamo assumere anche quelle nostre , di normali cittadini. Talvolta penso che per assuefazione, convenienza o disinganno ci crogioliamo in questo mare tiepido e salato che ci fa stare a galla senza eccessivo sforzo, guardando ciò che rimane, ed è tanto , delle splendide coste siciliane. Temo proprio che il Lucifero di Miltoniana memoria, cacciato dal Paradiso per la sua presunzione sia riuscito, almeno in parte, a consumare in Sicilia la sua vendetta: la corruzione delle anime che è molto più grave di quella di cui si ha notizia dalle cronache giudiziarie.