Il Monte Tauro come fonte inesauribile di tradizioni, paesaggi mozzafiato, ma anche di leggende incantate.
Dalla sua edificazione ad oggi, Taormina ripone e custodisce gran parte della sua storia sul ripido monte, che incarna bellezza e cultura, intrecciando sacro e profano. Da un lato il Castello di Taormina con i suoi arcaici segreti, tra luci ed ombre del passato, dall’altro la chiesetta di Santa Maria della Rocca, luogo sacro, di devozione e di ritrovo per i devoti della zona e non solo.
La chiesa della Madonna della Rocca ha origini antichissime e fu costruita sfruttando la conformazione a grotta della roccia lì esistente, tanto che parte del suo soffitto è costituito della roccia viva. Proprio da questo elemento caratteristico e unico nel suo genere deriva il suo nome, fortemente voluta dall’abate Francesco Raineri con l’aiuto dell’arcivescovo di Messina Geronimo Venero, verso il 1640. A Padre Raineri si deve, dunque, oggi la possibilità di poter ammirare la chiesa che in realtà, secondo gli scritti rinvenuti, dovrebbe risalire a circa cinque secoli addietro, con re Ruggero II, e riportata quindi alla luce dalla ristrutturazione avvenuta nel XVII secolo.
Ad affascinare non è solo l’atmosfera che si respira, con una suggestiva vista rivolta verso i monti Peloritani, Castelmola e l’Etna, ma anche la leggenda che ruota intorno al santuario. Si narra che un giovane pastorello, del vicino villaggio di Mola, si rifugiò nella grotta per proteggersi da un improvviso temporale mentre pascolava il suo gregge sul monte. Il giovane fu colto dalla luce abbagliante di un fulmine e in fondo alla gotta gli apparve una bellissima donna, illuminata e splendente, che teneva in braccio un bambino biondo. Il pastorello, spaventato, fuggì abbandonando le sue pecore nella grotta e corse a raccontare l’accaduto ai genitori. Il giovane non venne creduto, ma riuscì comunque a convincerli a recarsi con lui nella grotta, quantomeno per recuperare il gregge. Giunti a destinazione si addentrarono nella grotta ma non videro nulla. Nel posto in cui era avvenuta l’apparizione trovarono, in una larga fessura, un dipinto in cui era rappresentata l’immagine della donna. Il bambino che teneva in braccio, però, era senza testa.
L’apparizione fu presa in mano dal clero, che invocando il miracolo, compì pellegrinaggi e venerò l’immagine sacra su un altare provvisorio. Oggi il dipinto non è più ben visibile e sono presenti solo dei graffiti. La ricorrenza si festeggia ogni anno nella terza domenica di settembre, e viene tuttora celebrata con grande solennità e partecipazione. La festa è preceduta da una Novena, cioè da una preparazione spirituale che, come dice la parola stessa, dura nove giorni. Nel giorno della festa il simulacro della Madonna viene portata in processione. Tradizione vuole che si vada anche a degustare la cosiddetta “carne infornata”, cioè agnello cotto in forni improvvisati sul luogo.
Al termine della visita, viene offerta una pergamena personalizzata, la “Nobilis Castrii Tauromenii“, come ricordo esclusivo di questa esperienza. Ecco che allora vi svelo una chicca importante legata castello che potrete notare anche voi: grazie ai suoi 397 metri di altitudine offre ai visitatori ben 4 panorami mozzafiato a 360°.
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