Carissimi
“Dunque, dove eravamo rimasti?”
Una frase molto pesante detta con un sorriso è un’espressione di una persona che aveva sofferto quella che doveva essere la più grossa delle ingiustizie frutto dello spergiuro, la calunnia, la falsa accusa l’ingiusta condanna e la immeritata detenzione.
Quando l’opinione pubblica riesce a farsi manipolare dagli spergiuri, a quel punto non c’è più giustizia e la persona innocente da quel momento è costretta a vivere con l’unico intento di doversi scagionare da false accuse mentre chi costruisce le stesse ad arte magari riesce a costruire per sé una ribalta e avere vantaggi dall’aver rovinato un individuo e il suo contesto familiare.
Lo dico spesso nelle riunioni, dopo averne sentite da tutte le campane: “Palla al centro……. Dunque, dove eravamo rimasti?”
Il lungo viaggio o la lunga pausa, a volte fanno in modo che perdiamo quasi di memoria il punto del nostro precedente arrivo da cui ripartire e quindi abbiamo necessità di doverci chiedere “dove eravamo rimasti”.
Non tutti dopo una lunga “fermata”, una grande “assenza” o un viaggio complicato che ci ha portati lontano hanno la voglia, ancor prima di trovare la forza, di riprendere il cammino e chiedersi: “dunque, dove eravamo rimasti?”
Bisogna avere grande fede nel nostro progetto di vita per volerlo continuare, riprendendo dal punto della sua interruzione credendo che lo si possa fare come se nulla prima fosse successo, ma purtroppo non è così, poiché l’individuo non è un apparato elettronico al quale puoi sostituire una scheda e andare avanti, purtroppo è un organismo complicato che tiene memoria di tutti i danni subiti e delle sue riparazioni e per quanto la riparazione possa esser stata perfetta, presenterà il conto al momento giusto.
Accade ciò per le vicende giornaliere della nostra vita, a volte piccole, in apparenza insignificanti ma essendo l’individuo predisposto alla “offesa strenua” per la tutela della propria posizione, una volta cimentatosi nello spergiuro, come lo fa per le piccole cose, alla stessa stregua lo fa per le grandi cose senza preoccuparsi cinicamente delle conseguenze per il prossimo.
Accadde così che un “Uomo Perbene” una sera tornato in TV, dopo una terribile vicenda giudiziaria che lo aveva visto imprigionare grazie ad una testimonianza di persone senza onore e giudizi di giudici indegni della loro toga, davanti ad un pubblico plaudente in piedi pronuncio:
“Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche, una me la consentirete………….ed ora cominciamo come facevamo esattamente una volta.” (20.02.1987)
Conosciamo tutto della vita degli altri, sol perché prendiamo lo stesso ascensore, addirittura facciamo colazione insieme, o condividiamo un posto di lavoro seduti in due scrivanie difronte per qualche tempo.
Eppure, a volte è “Mago Zurli” un personaggio strano in pagliaccetto a rimanerci Amico e crederci contro “qualunque palese evidenza” (seppur falsa), mentre tutto “il palazzo”, “l’azienda” e gli “amici di sempre” ci abbandonano prendendo le distanze allineandosi al giudizio collettivo fatto attraverso la delazione e l’invidia altrui o soltanto per aver letto storie sui giornali o visto programmi in TV.
Malgrado il ritorno e la risoluzione di questa nefanda vicenda giudiziaria, fu il destino a non dare alla “persona Perbene” la definitiva assoluzione, poiché ammalatosi di una grave malattia, venne a mancare circa un anno dopo (18.05.1988).
Restano di Lui, oltre alle battaglie portate avanti grazie alla sua candidatura al parlamento europeo nelle liste del partito radicale, una “colonna infame” spezzata che contiene le sue ceneri insieme a una copia del libro di Alessandro Manzoni “Storia della colonna infame”, uno dei primi casi documentati di giustizia sbagliata in Italia nell’edizione con prefazione di Leonardo Sciascia “che non sia un’illusione”.
Non sempre, non tutti hanno la possibilità di ricostruirsi una ribalta e poter dire: “Dunque, dove eravamo rimasti?”
Resto disorientato davanti ad episodi di giustizia seppur portati avanti sulla traccia di leggi in vigore che permettono a pluriomicidi di godere di benefici di legge tali da portarli allo sconto di pena e alla libertà.
La giustizia umana è umana come chi la mette in pratica, l’errore, la calunnia, l’invidia sono negatività umane ma sono armi letali, a volte mortali, poiché da tali ferite non si guarisce.
Un abbraccio, Epruno.