A diversi giorni dall’incendio che ha devastato la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro e il vicino Monte Cofano, estendendosi fino a Scopello e costringendo all’evacuazione notturna di circa 50 abitazioni, arriva la decisione dell’Ente Gestore. Le due riserve resteranno chiuse alla fruizione pubblica fino a nuova comunicazione.
Il rogo, domato solo grazie all’intervento di due Canadair e delle squadre antincendio a terra, ha lasciato dietro di sé uno scenario di devastazione: ampie porzioni di vegetazione ridotte in cenere, habitat scomparsi, fauna decimata o in fuga, paesaggi trasformati in un mosaico di tronchi neri e pendii brulli.
Le motivazioni della chiusura
L’Ente Gestore, in una lunga nota, ha spiegato che la chiusura è una misura “necessaria per diverse ragioni, legate principalmente alla sicurezza, alla tutela ambientale e alla rigenerazione dell’ecosistema”.
Le due riserve si trovano in zone idrogeologicamente fragili, classificate come pericolose o molto pericolose per rischio di frane e caduta massi.
“Piante bruciate e instabili possono cadere da un momento all’altro – avverte la direzione –. I sentieri danneggiati dal fuoco possono essere pericolosi o impraticabili, la segnaletica e la tabellazione, in gran parte distrutte, non garantiscono una fruizione sicura e consapevole”.
Ma il pericolo per le persone è solo una parte del problema. La nota sottolinea che la natura ha bisogno di tempo:
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Calpestare il suolo può danneggiare germogli o semi appena depositati, in particolare quelli di rarissimi endemismi vegetali presenti solo in queste aree.
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Gli animali sopravvissuti devono riorganizzarsi in un ambiente alterato, e la presenza umana può rappresentare uno stress ulteriore.
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Dopo un incendio l’erosione del suolo aumenta in maniera significativa, incrementando il rischio di crolli e frane.
- La segnaletica e la tabellazione (in gran parte distrutte dal fuoco) non garantiscono una fruizione sicura e consapevole.
- I tecnici forestali, i biologi e i naturalisti hanno bisogno di accedere per valutazioni ambientali e per progettare eventuali interventi di ripristino.
I danni ecologici sono descritti senza mezzi termini. Distruzione della vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea (la cui rigenerazione naturale può richiedere decenni, o in alcuni casi non avvenire mai), morte immediata della fauna di piccola taglia come ricci, roditori e rettili, perdita di biodiversità con la distruzione di habitat unici, danneggiamento del suolo con perdita dello strato fertile e alterazione a lungo termine degli equilibri ecologici.
“Confidiamo nella comprensione e nella solidarietà di tutti – conclude l’Ente –. Sarà nostra cura comunicare la data di riapertura al pubblico per la fruizione”.
Per Legambiente Sicilia: “La fruizione nelle riserve naturali è finalizzata all’osservazione e alla divulgazione delle bellezze della Natura, e la balneazione è un’attività di fruizione residuale. Pensare di andare oggi a fare un bagno allo Zingaro o a Monte Cofano dopo incendi distruttivi di queste proporzioni è assurdo e offensivo: occorre invece consentire alla natura di riprendersi, anche per far sì che quei pochi animali che non sono stati carbonizzati possano ritornare senza il pericolo e il disturbo rappresentato dalla fruizione in un’area in cui manca la vegetazione che costituisce rifugio per la fauna”.
“Il divieto di accesso e fruizione in queste aree costituisce non solo scelta obbligatoria ma anche tecnicamente corretta, eticamente responsabile e assolutamente condivisibile sul piano gestionale e culturale” conclude.
Una ferita che non è solo ambientale
La chiusura dello Zingaro non è solo la conseguenza di un incendio, ma un simbolo doloroso di quanto rapidamente possa scomparire ciò che crediamo possa durare per sempre. Per molti, questi luoghi non sono solo riserve naturali ma frammenti di una Sicilia autentica e selvaggia che si pensava intoccabile.
Ogni incendio porta via qualcosa di più di alberi e animali, cancellando infatti memorie, opportunità, identità della nostra terra. Quanta bellezza siamo ancora disposti a perdere prima di capire che non tornerà più?
La ricostruzione ecologica richiederà anni, forse decenni, ma certe ferite purtroppo restano, soprattutto nella memorie di tutti i siciliani.