Presentato in concorso all’82esima Mostra del Cinema di Venezia, “Un film fatto per Bene” è l’ultima opera-sfogo del regista palermitano Franco Maresco. Un film che trova la sua finitudine proprio nell’incompiutezza di un’opera ambiziosa e destinata a sgretolarsi tra le sue stesse mani.
La trama

L’opera racconta l’impresa (non riuscita) di dirigere un film su Carmelo Bene, attore, regista, drammaturgo, scrittore e poeta tra i più irregolari e influenti del Novecento. Un progetto nato sotto le migliori intenzioni, che avrebbe dovuto restituire di Bene “uno sguardo unico e inedito nel panorama nostrano”, come racconta proprio lo sceneggiatore Umberto Cantone nel film.
Ma quello che avrebbe dovuto essere un film su Bene diventa presto un racconto del suo autore. Le difficoltà produttive, le tensioni sul set, le incomprensioni tra regista e attori portano il progetto a implodere, trasformandolo in ciò che Maresco definisce un “filmicidio”. I produttori sono furiosi, le giornate di riprese si trasformano in settimane inconcludenti, e la voce che circola è una sola: “Maresco è impazzito”.
La recensione

Chi conosce Franco Maresco ricorderà il cinismo e la ferocia che hanno contraddistinto il suo cinema dagli esordi. Dai primi passaggi televisivi con Cinico Tv – definito dallo stesso Carmelo Bene “un calcio in culo al linguaggio” – ai lungometraggi “Lo zio di Brooklyn” e “Totò che visse due volte” (censurato e boicottato per la sua natura estrema), fino a “Belluscone – Una storia siciliana” e “La mafia non è più quella di una volta”, con cui vinse il Premio speciale della giuria proprio a Venezia.
Con “Un film fatto per Bene” Maresco torna a confrontarsi con un’opera complessa, legata alla figura titanica e irrappresentabile di Carmelo Bene. Ma il film finisce per deragliare tra lungaggini, attori incapaci e velleità artistiche che lo fanno sprofondare in un cul-de-sac. In un delirio di onnipotenza, il regista si autoproclama “il Carmelo Bene del XXI secolo”, accusando attori, produttori e collaboratori di non comprendere la sua arte.
Tra la disperazione di troupe e amici e le reali telefonate del produttore della Lucky Red Andrea Occhipinti, che a un certo punto sancisce: “Basta! Questo film finisce qui!!”, è proprio in questo naufragio che il film trova la sua ragion d’essere. Maresco sfoga la propria frustrazione, la rabbia e il cinismo, trasformando l’opera in una gigantesca invettiva contro il cinema italiano contemporaneo. “Un film in questi anni non si nega a nessuno” afferma il regista palermitano.

Ne esce una requisitoria feroce, spesso esilarante, accolta in sala da più di un applauso. Memorabili le “torture” contro il critico-attore Francesco Puma e contro Gigi Marzullo, definito “uno che in un paese normale venderebbe popcorn e Coca-Cola al circo e alle fiere”. Lo sguardo lucido e feroce di Maresco ci restituisce un’Italia, oggi forse più che mai, culturalmente allo sbando, in cui la tecnologia offre a tutti la possibilità di creare, ma quest’ultima viene continuamente repressa e sminuita da logiche di potere e di mercato.
Il confine tra realtà e finzione si fa quindi sempre più sottile, e quello che doveva essere un film su Carmelo Bene diventa un film sul suo autore, la sua storia e le sue idiosincrasie, fino all’ultima fuga finale. Chiunque si aspettava dunque un’opera sul celebre drammaturgo ne resterà quindi inevitabilmente deluso.
Un Maresco feroce e cinico, ma forse in realtà un po’ addolcito con gli anni. Basti guardare il bianco e nero del film, non più ruvido e tagliente come nelle opere precedenti, ma qui più tenue e pastoso.
Alla fine del tunnel vediamo infatti la luce. La catarsi del suo autore arriva in una delle panoramiche aeree più belle del cinema italiano recente, in cui il regista – quasi fellinianamente – si libra in cielo, consapevole che quell’opera tanto agognata, in un modo o nell’altro, è stata portata a termine.
“E allora, che ha fatto alla fine il Palermo?” La follia di Maresco si scioglie in una serenità che lascia lo spettatore con un sorriso sulle labbra. Alla fine ha vinto il Palermo, e hai vinto anche tu Franco, con questo film.