“So che potrebbe risentirsi, ma con educazione suggerirei a Calenda di emendare il suo saccente eloquio sulla Sicilia e sui siciliani ricorrendo ad una meditata lettura dell’immaginario dialogo tra Garibaldi e Ippolito Nievo consegnatoci del genio letterario e umano di Leonardo Sciascia ne ‘Il quarantotto’, uno dei quattro racconti contenuti nell’opera ‘Gli zii di Sicilia’”. Lo dichiara Totò Cuffaro, segretario nazionale della DC.
“Gli servirà a recuperare la saggezza necessaria a comprendere che il popolo siciliano ‘ha bisogno di essere conosciuto e amato in ciò che tace, nelle parole che nutre nel cuore e non dice…’. E, in più, un piccolo segreto: la saggezza non si compra in Parlamento, per di più ricorrendo a dileggianti e gratuite semplificazioni nei confronti di una terra che gli ha permesso di diventare senatore della Repubblica, della cui complessità e ricchezza dovrebbe imparare a farsi carico in termini di conoscenza e di azione politica (più che di Azione).
Ma forse è chiedergli troppo, come bene ha fatto comprendere a chi non se ne fosse accorto il risoluto atteggiamento tenuto dal Presidente Schifani, al quale credo i siciliani debbano essere grati al di là di ogni appartenenza o simpatia politica”, aggiunge.
“Esimio Calenda, ‘Iniuriam qui facit, quam qui accipit turpior est’ – Seneca (‘È più vergognoso chi fa l’offesa che chi la subisce’). Insultare non ti farà apparire né saggio né capace. Chi offende si disonora; chi subisce mantiene la dignità… e noi siciliani ne abbiamo da vendere. Parlare tanto e produrre poco, costruendo palazzi di lamentele contro chi lavora davvero sembra essere il tuo abito preferito: per me, il tipico comportamento da populista”, conclude Cuffaro.