Gli Enti locali siciliani e i tanti paradossi dell’Isola. L’Anci regionale fa il focus sul “caso Sicilia”: aumentano i bisogni sociali e sanitari dei cittadini, diminuiscono i fondi per i Comuni; migliorano le entrate della Regione, cresce il numero dei Comuni in dissesto e pre-dissesto; aumenta la raccolta differenziata delle famiglie, lievita la Tari; si avverte più bisogno di sicurezza urbana, si riduce l’organico della polizia locale.
“Rispetto alla scorsa Finanziaria non è cambiato nulla. Il dialogo con la Regione da un paio di anni si è interrotto e non so perché visto che sono stato eletto presidente sia da sindaci di centrodestra, sia di centrosinistra. L’ultimo dialogo per la costruzione della Finanziaria è stato con l’assessore Falcone. Non ho mai parlato con l’assessore Dagnino“. Ha esordito il presidente di Anci Sicilia Paolo Amenta.
Spazio anche per uno dei nodi cruciali della Manovra: i precari storici degli Enti locali. Il segretario generale Mario Emanuele Alvano ha posto l’accento anche sulle assunzioni del personale qualificato. “C’è qualcosa che non funziona – ha dichiarato commentando i numerosi paradossi – le sedi istituzionali non funzionano. c’è un livello politico e uno istituzionale che imprescindibile“.
Primo caso sotto i riflettori e la crescita dell’avanzo e la diminuzione dei fondi ai Comuni. La Regione ha, infatti, un avanzo di amministrazione di oltre 2,15 miliardi di euro frutto dell’aumento dell’incasso delle entrate tributarie. Contemporaneamente sono aumentati i Comuni in dissesto e pre-dissesto. Il dato più significativo è che dal 2009 al 2025 il Fondo delle autonomie locali ha subito una riduzione di circa due terzi: da 913 a 287 milioni, oltre le riserve.
A fronte dei tagli, ecco l’elenco dei servizi che i Comuni nell’ambito del sociale sono stati costretti a ridimensionare drasticamente.
Per il servizio degli Asacom servirebbero 80 milioni l’anno per le scuole materne, elementari e medie e 35 per le scuole superiori, alle quali vengono erogati integralmente tramite Città metropolitane e Liberi consorzi. Degli 80 milioni necessari invece ai Comuni, la Regione ne eroga solo 10.
A fronte di un fabbisogno di 108 milioni per il ricovero di circa 3 mila disabili nelle comunità alloggio, la Regione l’anno scorso ai Comuni ne ha erogati appena 7.
Servirebbero 50 milioni di euro all’anno per i minori soggetti all’autorità giudiziaria, la Regione l’anno scorso ne ha distribuiti appena 1,5.
In Sicilia circa 33 mila bambini avrebbero diritto all’asilo nido, per rispettare le indicazioni dell’Unione europea. Peccato che oggi a frequentare siano soltanto 13 mila degli aventi diritto, per mancanza di risorse. In sostanza, la Regione non mette un euro per sostenere i Comuni.
Pur essendoci un fabbisogno di 60 milioni per l’assistenza domiciliare di anziani e disabili, la Regione non dà neanche un euro ai Comuni.
In questi ultimi anni è cresciuta a dismisura la povertà alimentare, sanitaria ed educativa. Ma anche in questo caso dalla Regione sono arrivati solo interventi spot. Come il Fondo povertà gestito dall’Irfis: su 90 mila domande, solo 6 mila sono stati i beneficiari finali, col risultato che il problema povertà continua a ricadere sui sindaci.
Per il trasporto degli alunni pendolari e disabili ai Comuni servirebbero 85 milioni, la Regione ne ha assegnati appena 7.
Per garantire la mensa nelle scuole materne i Comuni stanziano nei bilanci 45 milioni di euro. Servizi, la mensa e il tempo pieno, di cui le scuole elementari sono del tutto sfornite e per le quali bisognerebbe almeno raddoppiare la somma.
Per quanto riguarda la manutenzione di strade, scuole e verde pubblico il capitolo è ridotto a zero.
Era invece pari a 50 milioni, fino a due anni fa, il fondo di progettazione per gli investimenti dei Comuni, ora è pari a zero.
“In tutta la Sicilia per coprire i servizi sociali, i Comuni sborsano dai loro bilanci ben 585 milioni di euro. La Regione contribuisce in maniera ridicola, con un contributo di appena 30 milioni. – ribadiscono Amenta e Alvano -. I Comuni per mantenere questi livelli minimi di assistenza fanno ricorso agli introiti dell’Imu, al Fondo regionale autonomie locali ridotto al minimo e al Fondo di solidarietà nazionale che alla Sicilia riserva briciole, dal momento che viene applicato il criterio della spesa storica, anziché del fabbisogno perequativo“.
A conti fatti, quindi, a differenza di ciò che accade in Sardegna, dove la Regione copre integralmente il fabbisogno per il sociale, stanziando ogni anno 200 milioni, con un fondo pari a 550 milioni di euro, per 1 milione e 600 mila abitanti, in Sicilia, il Fondo delle autonomie locali è stato ridotto a 287 milioni, per 4 milioni e 700 mila abitanti. Al di là di pochi aiuti, la Regione ha demandato allo Stato la copertura di tali costi, senza curarsi del fatto che anche il governo nazionale ha allargato le braccia.
Per quanto concerne i rifiuti “Come ha evidenziato recentemente la Corte dei Conti, il sistema attuale per lo smaltimento dei rifiuti produce inefficienze e costi elevatissimi; il trasporto fuori Regione impatta fortemente sulle tariffe e mancano misure finanziarie dedicate alla riduzione della Tari. L’aumento degli extra-costi ha rischiato di compromettere gli equilibri economico-finanziari degli enti locali. Le risorse che il governo regionale in questa Finanziaria ha stanziato per gli extra-costi, circa 10 milioni, sono sicuramente un primo passo ma non possono rimanere episodiche. Servono interventi strutturali“, hanno aggiunto Amenta e Alvano.
Ma non solo questioni finanziarie e organizzative al centro dell’incontro: “C’è un tema più profondo che in Sicilia rappresenta un vero e proprio vulnus. La Sicilia non riconosce fino in fondo il ruolo dei Comuni come istituzioni primarie del territorio – ha spiegato Alvano –. Tant’è che siamo l’unica regione d’Italia a non avere il Consiglio delle Autonomie Locali: una garanzia di politiche solide e equilibrate“. Per il presidente Amenta “una cosa appare chiara: la quantità e la qualità del confronto con le istituzioni regionali non è mai stata così carente come in questa ultima fase sottolinea L’assenza di un serio e strutturato è una delle cause principali della debolezza di molte politiche regionali, delle difficoltà di attuare norme complesse, delle enormi fatiche dei Comuni nel trasformare quelle norme in servizi reali. Lanciamo quindi un appello al governo e all’Ars: c’è ancora tempo fino a venerdì per intervenire a Sala d’Ercole e farsi carico del caso Sicilia. È arrivato il momento di cambiare passo“, conclude Amenta.




