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Processato con due identità diverse: l’odissea kafkiana di un migrante

venerdì 21 Maggio 2021

Una storia che richiama scenari kafkiani e che mette a dura prova la fiducia nella pubblica amministrazione quella che ha visto protagonista un migrante che si è visto processare con due identità diverse. Tutto ha inizio nel novembre del 2016, quando una piccola imbarcazione con 45 persone a bordo viene soccorsa al largo delle acque di Lampedusa. A questo punto i migranti vengono trasportati nel centro di fotosegnalamento per l’identificazione.

l’avvocato Mario Sorce

In questa sede un uomo che era a bordo dell’imbarcazione dichiarava agli agenti dell’immigrazione di chiamarsi “Montaser Trad”. Durante le operazioni di identificazione, quest’ultimo, veniva indicato dagli altri migranti quale persona che conduceva l’imbarcazione, pertanto, con queste generalità, su iniziativa della Procura della Repubblica di Agrigento è sottoposto a fermo di indiziato di reato e successivamente processato e condannato dal Tribunale alla pena di 3 anni di reclusione per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

A questo punto, però, succede qualcosa che mette in dubbio l’identità della persona in questione: in seguito a rilievi dattiloscopici, quelli che riguardano l’analisi delle impronte digitali, emerge una corrispondenza con la banca dati “AFIS” consistente, secondo la tesi della Procura, in un decreto di espulsione con divieto di rientro in Italia per 5 anni emesso nel novembre del 2012, dal Prefetto di Roma, a carico di una persona chiamata “Louchi Walid”. Una doppia identità per una sola persona, insomma.

L’uomo veniva denunciato ed indagato, con il nominativo di Louchi Walid, dalla stessa Procura che lo aveva già processato e condannato con il nome Montaser Trad, per il reato di false attestazione sull’identità personale rese ad un pubblico ufficiale, cioè gli agenti dell’immigrazione a Lampedusa, e per essere rientrato senza autorizzazione nel territorio dello Stato prima dello scadere del periodo di cinque anni.

In sintesi – spiega il suo avvocato, il legale Mario Sorce, la Procura di Agrigento prima lo processa e lo condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con il nome di Trad Montaser e, contestualmente, lo iscrive nel registro delle notizie di reato e lo processa con il nome Luochi Walid, sulla base del decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma a carico di un soggetto così denominato“.

Insomma, un rompicapo abbastanza complicato in cui, in sostanza, una persona viene processata in due diversi procedimenti con due nominativi diversi. Su cosa possa essere successo non c’è certezza, ma si possono avanzare due ipotesi: la prima che effettivamente si trattasse della stessa persona, ma che il nome falso fosse Louchi Walid e non Montaser Trad; la seconda, che vi fosse stato un errore dell’ufficio immigrazione di Roma, che avrebbe inviato ad Agrigento un decreto di espulsione relativo ad un altro soggetto, tesi sostenuta dalla difesa di Montaser Trad-Louchi Walid.

Ho fondato questa tesi basandomi su alcune discrepanze – afferma l’avvocato Sorce -, perché il decreto di espulsione di Roma riguardava un soggetto, Louchi Walid, nato in Libia e non in Tunisia. Poi perché era entrato nel territorio italiano dalla Svizzera e non dalla Sicilia: come ci era arrivato, c’era da chiedersi. Inoltre – dice ancora il legale – l’identificazione nel nome Louchi Walid derivava non soltanto dal decreto di espulsione del Prefetto di Roma, ma anche dal lasciapassare emesso dal consolato tunisino per farlo rientrare nel paese d’origine che era allegato al decreto di espulsione. I lasciapassare, però, vengono rilasciati sulla base di una lista di nominativi relativa a persone da rimpatriare che l’ufficio immigrazione manda al Consolato stesso. In pratica il Consolato tunisino non faceva altro che prenderne atto senza fare alcun accertamento ulteriore. Dunque identificare un soggetto sulla base del lasciapassare non aveva alcun valore legale“.

A questo punto l’avvocato Sorce fa una piccola digressione: “Dopo aver scontato i tre anni come Trad Montaser per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il prefetto di Palermo ha emesso un decreto d’espulsione a nome di questi che è stato eseguito nel 2019 (quindi il soggetto è da due anni nel suo paese d’origine) al quale era allagato, anche in questo caso, un lasciapassare emesso dal consolato tunisino con il nome Trad Montaser, a dimostrazione che non è possibile identificare con certezza un soggetto dal lasciapassare“.

Un’altra circostanza che faceva pensare ad uno sbaglio era il codice univoco identificativo – afferma ancora l’avvocato Sorce – Questo codice viene dato all’immigrato privo di documenti nel momento in cui vengono prese per la prima volta le sue impronte digitali ed è personale. Pertanto, ogni volta che un soggetto che ha già ricevuto il codice rientra nel territorio dello Stato, con una semplice verifica delle impronte nella banca dati Afis si saprà se è la stessa persona a prescindere da come dirà di chiamarsi. Non a caso nel decreto di espulsione del prefetto di Palermo il codice dato a Trad Montaser era presente ed era quello corretto, mentre in quello di Roma no“.

Riguardo a questo ultimo punto, Sorce ricorda come nel decreto di espulsione del prefetto di Palermo si attestava che un soggetto di nome Trad Montaser con lo stesso codice univoco era già entrato in Italia, frontiera Lampedusa, ad aprile del 2011 (non a nome Louchi Walid nel 2012 dalla svizzera, come si afferma nel decreto del prefetto di Roma) e quindi oltre i 5 anni previsti dalla legge, dato che lo sbarco che ha dato luogo al secondo procedimento era avvenuto a novembre del 2016.

Infine, per riuscire a dimostrare la corrispondenza tra l’identità e quanto da dichiarato dall’uomo ai pubblici ufficiali a Lampedusa l’avvocato Sorce ha utilizzato la copia di un documento d’identità tunisino in lingua araba che gli è stato dato dal suo assistito, documento del quale era in possesso già al momento dello sbarco nel 2016, chiedendo al giudice di acquisirlo e di nominare un mediatore linguistico per la traduzione. Richiesta che è stata accolta dal giudice, il quale ha nominato un perito. Quest’ultimo ha infine riferito che il documento era intestato ad un soggetto di nome di Montaser Trad nato in Tunisia. Da qui l’assoluzione perché il fatto non sussiste per entrambi i reati.

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