‘Abbiamo scherzato’. Potrebbe essere la frase ironica usata dal governo regionale in merito alla banca dati del patrimonio immobiliare della Regione Siciliana. Il Documento di economia e finanza Regionale (Defr) 2020/2022 al vaglio dell’Assemblea Regionale Siciliana parla chiaro: a pagina 76 del documento esiste un capitolo dedicato alla: “Gestione di beni demaniali e patrimoniali”.“La Regione a causa dei frequenti trasferimenti della specifica competenza da un ramo ad un altro dell’Amministrazione regionale – si legge nel documento – è caratterizzata da una complessiva disorganicità e frammentarietà e, pertanto risulta necessario effettuare preliminarmente il riordino organizzativo e degli aspetti procedurali in attuazione dell’obiettivo strategico”.
Dunque, non sono bastati contenzioni, chiavi di accesso perse, quasi 100 milioni di euro per una piattaforma telematica mai usata ed un’indagine aperta dalla Procura di Palermo, per risolvere il famoso censimento dei beni immobili di ‘mamma Regione’. Pare di no, visto che il governo regionale con un tasto reset avrebbe azzerato i trascorsi politici e amministrativi di questa vicenda e adesso scrive nero su bianco che: “…in tal senso, da subito, saranno avviati gli interventi prioritari ed urgenti, definibili, nel triennio di riferimento…”. Fra questi c’è “l’acquisizione di una piattaforma gestionale informatica da utilizzare per l’efficace composizione di un database informativo contenente tutti gli elementi tecnici, documentali ed economici per la razionale gestione dei beni del patrimonio…”
Quella del patrimonio immobiliare della Regione è una storia infinita che nasce nell’era del governo Cuffaro nel 2007 e che conosce bene l’assessore al Bilancio, Gaetano Armao, il quale ricopriva lo stesso ruolo nel governo Lombardo: quasi 100 milioni di euro spesi dai siciliani per avere una lista di 4mila e 400 immobili censiti, il cui valore di mercato è oramai superato.
La spy story del mattone era stata affidata nel 2007 alla Spi (partecipata al 75 per cento ad oggi in liquidazione) di fatto in mano alla società del piemontese Ezio Bigotti. L’ex presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip), nel febbraio scorso è finito ai domiciliari insieme a Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni, con l’accusa di corruzione e falso ideologico. Sulla vicenda del censimento degli immobili regionali, che sarebbe costato tra i 91 e i 110 milioni a fronte dei 13 milioni che erano stati stimati, Armao nel settembre del 2019 è stato ascoltato dalla commissione Antimafia: il contenuto della sua audizione è stato secretato per richiesta dello stesso assessore al Bilancio.
E dunque, adesso si profila un nuovo censimento che la Regione farebbe con “strutture dell’amministrazione” stando alle parole di Armao che qualche mese fa aveva annunciato il ritrovamento della password del server attorno al quale ad oggi gravitano numerosi misteri: “L’assessore Armao e questo governo ci riprovano – afferma a ilSicilia.it il deputato del Movimento 5 stelle, Nuccio Di Paola – Dopo averlo fatto nel ‘collegato’, nuovamente provano a riproporre l’acquisto di una piattaforma informatica per la gestione immobiliare. Noi siamo convinti che si debba utilizzare la piattaforma milionaria pagata dai siciliani. Da lì si deve ripartire. Ecco perché non riusciamo a capire perché nel documento di Giunta non si fa minimamente cenno al censimento che già esiste e deve essere utilizzato, considerando anche che la password è stata ritrovata”.