La Cassazione ha messo la parola fine alla sentenza riguardante la Tarsu del 2011, per 437.605 euro sulla zona blu.
Il Comune di Palermo ha perso la vertenza contro l’Apcoa, la società mantovana che gestisce alcune aree di parcheggi a pagamento in città e che si è opposta al’intimazione di pagamento da parte del Comune, ricorrendo anche davanti ai giudici tributari. La sentenza riguarda la Tarsu del 2011, per 437.605 euro.
Il calcolo era stato effettuato dall’ufficio tributi per l’occupazione degli stalli nelle zone P2, P4, P19 e P20, una forma di compensazione per il project financing con cui è stato realizzato il parcheggio sotterraneo davanti al palazzo di giustizia.
La società, difesa dall’avvocato Alessandro Dagnino, ha impugnato l’accertamento. Prima le commissioni tributarie, adesso la Cassazione hanno annullato il provvedimento.
Nel ricorso si legge che “le aree gestite dall’Apcoa per conto del Comune non erano suscettibili di produrre rifiuti tassabili, essendo soggette a spazzamento e non a conferimento, e la Tarsu è un tributo che corrisponde al pagamento del servizio reso; non esisteva alcun obbligo giuridico, atteso che l’area era soggetta a spazzamento, il cui costo era pagato da tutti i cittadini: la richiesta di pagamento della Tarsu rappresentava una duplicazione di entrate per la medesima causale“.
Dal Comune erano partiti una serie di avvisi di accertamento con cui si chiedeva di pagare la tassa dei rifiuti a partire dal 2007. La somma complessiva in bilancio è di 5,5 milioni di euro. Adesso il primo ricorso è finito in Cassazione e a cascata arriveranno le altre pronunce dello stesso tenore.
“Il Comune – si legge nella sentenza della Cassazione – ha affidato al concessionario solo la gestione del servizio di sosta tariffata e non anche la concessione o la detenzione dell’area. Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato“