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La mobilità urbana sostenibile è una delle principali sfide che le grandi città si trovano oggi ad affrontare, ed è un tema che coinvolge tutti perché incide fortemente nella vita dei cittadini ma anche nell’orientamento delle scelte di vita (la scuola, la palestra, l’asilo nido, etc…).
Un tema sociale e certamente ambientale, ma anche un tema economico, visto che muove circa 270 miliardi di euro all’anno. Un traffico fluido nelle aree urbane potrebbe favorire la crescita economica e accrescere la produttività dei lavoratori fino al 30 %, ma anche contribuire alla riduzione dell’inquinamento ambientale, ad una ridotta mortalità per incidenti stradali e ad un’ottimizzazione dei tempi vita-lavoro.
Insomma, la mobilità sostenibile è qualcosa a cui tutti dovremmo ambire.
Nel periodo 2014-2020, la UE ha messo in campo per la mobilità 16,5 miliardi di euro, ed e a partire da questo budget che i giudici di Bruxelles hanno esaminato quanto in effetti sono state applicate le direttive sulla mobilità emanate dalla Commissione Ue nel 2013 per raggiungere gli obiettivi di crescita sostenibile auspicati.
La relazione della Corte dei Conti UE, pubblicata lo scorso 3 marzo, valuta proprio l’impatto di queste risorse sul sistema, ovvero in che misura il sostegno dell’UE abbia contribuito efficacemente a migliorare la mobilità urbana. In particolare, la Corte ha esaminato se il sostegno dell’UE abbia contribuito a rendere la mobilità urbana maggiormente sostenibile e se le città abbiano realizzato effettivi progressi dopo la diffusione del pacchetto sulla mobilità urbana della Commissione UE del 2013. La relazione ha esaminato i trasporti pubblici, l’inquinamento e la congestione in 8 centri metropolitani europei: Amburgo e Lipsia in Germania, Napoli e Palermo (costruzione del tram e acquisto della flotta di autobus) in Italia, Łódź e Varsavia in Polonia e Barcellona e Madrid in Spagna.
In base alle conclusioni della relazione, non c’è stato il salto di qualità richiesto dalla Commissione europea e non vi sono ancora segnali chiari indicanti un sostanziale cambiamento di approccio nelle città europee in materia di mobilità urbana e l’adozione di modi di trasporto urbano più sostenibili e rispettosi dell’ambiente. In particolare, non vi è una significativa riduzione dell’uso dell’auto privata, e l’inquinamento atmosferico in molte città resta al di sopra dei livelli di sicurezza.
Alcuni indicatori della qualità dell’aria hanno registrato un lieve miglioramento, ma le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai trasporti su strada sono costantemente aumentate e in molte città sono ancora superiori alle soglie di sicurezza fissate dell’UE.
I giudici hanno sottolineato che gli orientamenti della Commissione sono stati attuati in molti Stati membri e città solo in misura limitata, ed in assenza di adeguati piani di mobilità urbana sostenibile da cui emergessero ex-ante gli obiettivi perseguiti in termini di risultato (va comunque precisato che nel 14-20, l’accesso ai finanziamenti dell’UE non è subordinato obbligatoriamente all’esistenza di questi piani, anche se due degli Stati membri sotto audit – ovvero quelli che hanno registrato la miglior performance – hanno imposto questa condizione. In molti casi non sono state stanziate, ad integrazione dei fondi UE, risorse integrative sufficienti a garantire l’adeguato funzionamento e la manutenzione della propria rete di trasporti pubblici. Inoltre, le strategie di mobilità urbana a livello locale non sono apparse sempre in linea con l’obiettivo di pervenire ad una mobilità urbana maggiormente sostenibile, ma perseguono spesso fini di contenimento costi pubblici.
Il “verdetto” della Corte UE è che i progetti beneficiari dei fondi UE esaminati non siano efficaci come previsto, a causa di debolezze nella concezione e nell’attuazione. Questi progetti sono basati su strategie di mobilità urbana non sempre valide e spesso carenti di dati essenziali, analisi adeguate e valori-obiettivo pertinenti; tali strategie non sono inoltre coordinate con altri piani o concordate con i comuni circostanti. E non tengono dell’incidenza di altri piani concorrenti o di un più ampio sistema di intermdalità.
Alla luce di queste conclusioni, la Corte dei Conti europea ha raccomandato di basarsi sulle esperienze maturate in precedenza, per pubblicare dati migliori sulla mobilità urbana e sull’esistenza di piani di mobilità urbana sostenibile nelle maggiori città dell’UE beneficiarie dei fondi. Il rapporto della Corte infatti non va inteso quale “bocciatura” delle città e dei progetti esaminati, ma una precisa indicazione alla Commissione – e a cascata alle Città – su come meglio orientare le risorse nel ciclo 2021-2027, facendo ad esempio diventare propedeutica alla presentazione di un progetto l’approvazione di piani di mobilità urbana sostenibile.
Una cosa, che a noi cittadini, sembrerebbe scontata.