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Con questo bell’articolo sulla pittrice Maria Pia De Angelis si inaugura oggi “L’Occhiotriquétro – note e postille“, la nuova rubrica di Piero Longo, poeta, critico teatrale, critico e storico dell’arte, nonché presidente de “Gli Amici del Teatro Biondo” e presidente onorario di “Italia Nostra Palermo”. Un’ulteriore prezioso arricchimento per la nostra Testata.
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Sequenza di straordinario impatto visivo sono le immagini che costituiscono la narrazione della Passione di Cristo rappresentata da Maria Pia De Angelis con una raffinatissima tecnica di matrice post-impressionista e una profonda sensibilità religiosa.
Non credo che nella storia della pittura italiana vi siano state molte donne-pittrici che abbiano affrontato un simile tema e soprattutto dal secolo scorso, cioè da quando le donne si sono imposte anche nella scena culturale ed artistica ma nessuna pittrice nota ha rivolto la sua attenzione a questo tema, tradizionalmente affidato ai pittori.
La riminese De Angelis, diplomata a Brera e docente a Cagliari, dove oggi vive e continua a dipingere come nota ritrattista, si è invece rivelata una pittrice esemplare dell’arte religiosa del ‘900 perché ha saputo interpretare l’ansia religiosa del nostro “tempo dissacrato” intuendo anche quel bisogno di dialogo interconfessionale che ben si può osservare nelle tele che ornano il tamburo ottagonale su cui poggia la cupola della Cappella dell’Aereoporto Militare di Decimomannu a Cagliari.
Negli anni ’70 del secolo scorso quando le sue opere erano presenti nelle Gallerie d’arte milanesi e nelle più importanti mostre collettive italiane, proprio per una antica chiesa cagliaritana Maria Pia dipinse infatti l’intera Via Crucis cui si riferiscono queste immagini, che certamente non sono una banale narrazione delle tradizionali 14 Stazioni presenti in tutte le chiese della cattolicità post-tridentina e ancora presenti e venerate nella chiesa post-conciliare, nella quale anche la tradizione delle icone bizantine ha trovato accoglienza.
In queste immagini che raccontano dolore e solitudine ma anche compatimento e compianto, lungi dalla disperazione, la luce e la sfumata ambientazione che si sostituisce all’oro delle icone, ci riconduce cromaticamente all’esperienza dell’astrattismo cromatico e al minimalismo della post-modernità, ma ci trasporta, con acuta intuizione estetica e originale visione, nel conflitto reale che domina il mondo contemporaneo, alla ricerca di una fede che dia senso anche al dolore dell’umanità redenta da Cristo con la sua Croce.
Nella sua scarna ed essenziale interpretazione pittorica, Maria Pia De Angelis ha saputo restituire proprio alla Croce il senso dell’albero vivo che abbraccia l’universo e ci ricorda la presenza del divino e la sacralità della natura.