Giuseppe Antoci, presidente onorario della Fondazione Caponnetto, commenta le recenti scarcerazioni di personaggi di rilievo della criminalità organizzata a seguito dell’emergenza coronavirus.
“Le nostre preoccupazioni erano fondate – sottolinea Antoci -. I boss mafiosi vogliono approfittare delle maglie aperte dalle necessità sanitarie dovute alla diffusione del Covid-19 per poter tornare facilmente fuori dalle carceri. Risulta inaccettabile che persone che hanno compiuto reati così efferati possano ottenere tali benefici“.
Sono stati tanti gli interventi di autorevoli magistrati che hanno posto in maniera forte il tema fra i quali: Sirignano, Tartaglia, Di Matteo, Gratteri e Maresca, questi ultimi anche minacciati da componenti di famiglie mafiose che, con sfrontatezza, li hanno insultati sui social.
“E’ necessario essere chiari – aggiunge Antoci. Anche nel nostro ordinamento Penitenziario è stato sancito il meccanismo del “doppio binario” che consente di mantenere un equilibrato rapporto tra l’esigenza del massimo rigore nella lotta alle mafie e, nel contempo, di garantire ai detenuti comuni maggiori opportunità d’inserimento. Ma il DAP, nelle sue circolari, ha l’obbligo di distinguere tra capi mafia e detenuti comuni“.
“Nel Codice Penitenziario vige infatti il 4 bis che esclude l’automatismo a favore dei detenuti che si sono macchiati di reati gravissimi come quelli legati al 416 bis o detenuti nel regime severo del 41 bis. Nel prossimo Decreto Legge è opportuno che il Governo e il Parlamento chiariscano che per prevenire il Coronavirus nelle carceri i boss mafiosi non possono però scontare la pena nelle loro case. I mafiosi – aggiunge Antoci – vanno mantenuti e semmai curati dentro i circuiti penitenziari ed è chiaro, comunque, che qualsiasi decisione non può prescindere dai pareri sia della Direzione Nazionale Antimafia sia delle Procure Distrettuali competenti per territorio. Per i detenuti comuni – ancora Antoci – si possono prevedere ulteriori meccanismi di detenzione domiciliare, organizzando al meglio il controllo e la sicurezza a distanza attraverso anche l’uso di braccialetti elettronici“.
“Rischio di contagio da coronavirus? E del rischio che stanno correndo tanti uomini e donne nelle Forze dell’Ordine, nell’Esercito e nella Polizia Penitenziaria o ai tanti che sono in prima linea nei settori necessari al Paese, che diciamo? Anche alcuni di loro hanno patologie che potrebbero comportare rischi maggiori in caso di contagio, eppure sono per strada o nei loro posti di lavoro“.
“Ho ascoltato il grido di dolore di Tina e Giovanni Montinaro, familiari di Antonio Montinaro capo scorta di Falcone e ucciso nella strage di Capaci, che, commentando le scarcerazioni, hanno evidenziato la loro grande sofferenza. Ecco, ascoltando Giovanni, rifletto su cosa avrebbero potuto pensare le mie figlie vedendo queste scarcerazioni, se quella notte io e gli uomini della mia scorta fossimo stati uccisi dalla mafia. Sono certo che avrebbero provato, anche loro, un profondo sentimento di solitudine” – conclude Antoci .