La loro professione viene classificata insieme a barbieri, parrucchiere, estetisti e altri operatori del settore benessere, ma di loro, ‘ai tempi del coronavirus‘, pochi si occupano. Stiamo parlando dei tatuatori, che oggi, come tante altre categorie, vivono un momento di crisi economica senza precedenti. La data prevista per la ripartenza delle attività è prevista per il primo giugno. Se tutto andrà bene.
Eppure proprio chi disegna e realizza tatuaggi si sente pronto per l’apertura fin da subito: “Evidentemente – afferma il palermitano Gabriele Greco, titolare di Blacktop Tattoo Club a Bagheria – i decisori politici non conoscono la nostra categoria, né come lavora. Non siamo stati minimamente considerati. Se così fosse stato, si sarebbe saputo che noi utilizziamo presidi e metodi di lavoro sicuri dal punto di vista sanitario già da molto tempo prima dell’esplosione dell’emergenza coronavirus: strumentazione monouso, mascherine, guanti“.
E in effetti, chiunque abbia fatto un tatuaggio in un centro professionale può facilmente confermare che le misure precauzionali per l’igiene e la sicurezza sono scrupolose: “D’altronde – spiega Gabriele Greco – per esercitare il nostro mestiere serve un’autorizzazione da parte dell’Asl, rilasciata dopo la frequenza di corsi, esercitazioni pratiche, superamento di esami… e non parliamo di disinfezione e pulizia degli ambienti… I nostri studi sono praticamente degli ambulatori medici“.
Considerazioni sulla stessa linea di principio indicata dall’associazione di categoria attraverso Massimiliano Corona: “La Confederazione Nazionale Tatuatori Piercer chiede un tavolo tecnico con le istituzioni per regolamentare al meglio la riapertura delle attività degli studi di tatuaggio e piercing – si legge nella nota – Ci sono troppe storture da sistemare e l’emergenza ha accelerato l’esigenza di intervento. Non esiste una categoria professionale. Si viene paragonati a estetisti e massaggiatori ma conosciamo tutti le differenze tra questi mestieri, totalmente diversi tra loro. I tatuatori usano DPI da ben prima dell’emergenza e sono formati professionalmente per affrontare virus ben peggiori del covid19. Chiediamo di essere rispettati, riconosciuti e invitati al dialogo istituzionale. Al fine di migliorare e regolamentare al meglio un settore che produce centinaia di milioni di euro l’anno tra contributi diretti ed eventi affini. Vogliamo che i tatuatori professionisti abbiano il rispetto che meritano. Con oneri e onori“.
Elementi che non sono stati presi in considerazione nell’ultimo decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, che condanna i tatuatori alla chiusura fino al primo giugno. A meno che non ci sia una ‘marcia indietro’, come richiesto da altre categorie, professionali e non (i titolari di pub e ristoranti, per esempio, che aspirano all’anticipazione dell’apertura, o i fedeli delle religioni e le autorità ecclesiali, che chiedono di potersi recare nei luoghi di culto).
“Sotto questo punto di vista, condivido la tesi dell’associazione dei tatuatori – è l’idea Gabriele -, possiamo aprire subito assumendo i dovuti accorgimenti, come dicevo siamo già avanti rispetto ad altri per quel che riguarda igiene e pulizia degli ambienti e norme di sicurezza sul lavoro. Se poi, per un certo periodo, si dovrà lavorare facendo entrare un cliente alla volta in studio – conclude – nessun problema“.