Tre arresti domiciliari, una interdizione di un anno dall’esercizio di attività d’impresa e il sequestro preventivo di una azienda. È il bilancio dell’indagine condotta dalla Procura e dalla guardia di finanza di Catania sul fallimento della ‘Do.Si.An. Srl‘, società di Pedara che era attiva nel settore degli impianti telefonici.
Ai domiciliari sono finiti Alfonso Croazzo, Antonio Alfio Messina e Silvestro Zingale, di 74, 32 e 29 anni. Il divieto di esercitare attività d’impresa riguarda Antonino Zingale, di 51 anni. L’azienda finita sotto sequestro è la ‘Catania Impianti Srl‘ e con lo stesso provvedimento sono stati apposti i sigilli anche a quattro appartamenti e disponibilità finanziarie: il valore complessivo dei beni è di circa 1,4 milioni di euro.
L’indagine, portata avanti dalla Tenenza di Acireale, ha portato alla luce quella che le fiamme gialle definiscono “una serie di sistematici atti illeciti compiuti dagli amministratori e dai soci della ‘Do.Si.An. Srl’ al solo fine di appropriarsi indebitamente delle risorse economiche aziendali”. Risorse che sarebbero state utili, invece, a soddisfare i creditori, tra cui l’Erario che vanta una pretesa complessiva di circa 7,5 milioni di euro.
Secondo la guardia di finanza “già dal 2013 hanno avuto inizio le operazioni di spoliazione consistenti nella cessione, per un importo irrisorio e non corrisposto, del principale ramo d’azienda della fallita alla neo-costituita ‘Catania Impianti Srl'”. Vennero trasferite anche le commesse appaltate da importanti aziende telefoniche, mentre la proprietà e la gestione della nuova società rimasero in capo allo stesso management della ‘Do.Si.An. Srl’. Secondo gli inquirenti, inoltre, i soci avrebbero ottenuto dalla società fallita quattro immobili del valore di oltre 800mila euro “quale liquidazione del valore, arbitrariamente stimato in eccesso, delle loro quote societarie”.
Ricostruite anche “altre condotte distrattive” come “l’indebito pagamento di circa 50mila euro di fatture per operazioni inesistenti a favore di una ditta individuale riconducibile ad Alfonso Croazzo” e che sarebbe stata utilizzata come ‘cartiera’ per poi giungere anche questa al fallimento con un debito erariale di 13 milioni di euro. Tra le azioni messe in atto ci sarebbero anche un “continuo e ingiustificato prelievo di denaro contante o la restituzione di finanziamenti mai realmente concessi per un ammontare complessivo di circa centomila euro”. La ‘CataniaImpianti Srl’ e’ stata affidata alla gestione di un amministratore giudiziario.