GUARDA IL VIDEO IN ALTO
Dopo 31 anni di lotta e ricerca della verità, il signor Vincenzo Agostino ha trattenuto a stento le lacrime per l’emozione, uscendo oggi dall’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo dove si è tenuta l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura Generale di Palermo, relativamente al delitto del 5 agosto 1989 in cui morì il figlio Nino Agostino e la nuora Ida Castelluccio, incinta di 5 mesi.
Indagati per quel duplice omicidio i due boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto; mentre Francesco Paolo Rizzuto, amico del poliziotto (all’epoca dei fatti aveva solo 15 anni) è accusato di favoreggiamento aggravato.
Un delitto rimasto nel mistero da 31 anni. Il poliziotto Agostino, secondo alcune ricostruzioni, riuscì a sventare l’attentato dell’Addaura ai danni del giudice Falcone, ma fu ucciso a Villagrazia di Carini pochi mesi dopo. Da quel giorno Vincenzo Agostino, non si è più tagliato la barba come forma di protesta contro la mancanza di verità e giustizia.
Oggi l’emozione era tanta: Vincenzo Agostino però ha alzato una mano facendo il segno della vittoria.
La sua speranza di ottenere giustizia non è mai tramontata: «Dopo 31 anni, oggi ho riprovato una grande emozione insieme ai miei figli, ai miei nipoti e a tutti voi – ha detto il padre dell’agente ucciso – Ora la prossima udienza è fissata per il 18 settembre. Vi ringrazio tutti e mi auguro che lo Stato questa volta faccia giustizia e verità, quella giustizia e quella verità che aspettiamo da 31 anni. Ho ancora speranza perché ho sempre detto che lo Stato siamo noi e noi dobbiamo cercare la verità e la giustizia per vincere quei malfattori, quei venduti che sono nello Stato. Finalmente ci sono dei magistrati che non hanno avuto paura. È molto strano sapere che fra gli indagati c’è quello che era un amico di mio figlio (Rizzuto, ndr). Ma il suo atteggiamento e quello del padre sono stati molto strani e sono ancora da spiegare».
Una “coltre di silenzi” durata 31 anni e “causata dai tanti e tanti depistaggi”, conclude.
Per l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile della famiglia Agostino, Nino Agostino rimase incastrato tra gli “ibridi connubi fra Cosa nostra e alcuni settori degli apparati di polizia e dell’intelligence proprio per il suo lavoro di poliziotto”.
Il legale oggi si dice “ottimista” per le richieste di rinvio a giudizio. “Nel 2016, vista la richiesta di archiviazione, ritenemmo che la cosa più appropriata fosse rivolgersi alla Procura generale e chiedere formalmente un’avocazione. Fu una valutazione corretta, perché la procura generale ha svolto un gran lavoro, come un gran lavoro ha svolto la polizia giudiziaria e il centro DIA di Palermo portando ulteriori elementi che, a mio parere, corroborano in maniera incontrovertibile le prove della responsabilità di Nino Madonia e Gaetano Scotto quali mandanti e esecutori materiali del delitto”.
E su Rizzuto dice: “Sono convinto della solidità delle intercettazioni raccolte”.
Presenti oggi per far sentire il proprio sostegno a Vincenzo Agostino, alcuni familiari vittime di mafia come Graziella Accetta, mamma del piccolo Claudio Domino, Scorta Civica e anche Antonio Vullo, l’agente di scorta sopravvissuto alla strage di via D’Amelio.
LEGGI ANCHE:
ESCLUSIVO | “Un amico lo tradì”. Dopo 31 anni ecco le prove del Delitto Agostino