Il tribunale tedesco ha respinto il ricorso di Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso insieme alla moglie e alla sua scorta nella strage di Capaci, presentato contro il proprietario di una pizzeria di Francoforte che ha intestato il suo locale a “Falcone e Borsellino”.
“Sono passati quasi 30 anni dalla morte di Falcone e il tema della lotta alla Mafia non sarebbe più così sentito tra i cittadini. Inoltre – prosegue la sentenza – il giudice ha operato principalmente in Italia, e in Germania sarebbe noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune”.
“Questa sentenza rappresenta un affronto e una grande preoccupazione. Forse in Germania si sono già dimenticati delle nostre stragi ma anche delle loro. La strage di Duisburg non ha insegnato loro nulla? – dichiara Giuseppe Antoci, Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto ed ex Presidente del Parco dei Nebrodi scampato ad un attentato mafioso nel maggio 2016.
I proprietari non volevano certo rendere onore ai due magistrati visto che hanno appeso all’interno del locale insieme alla foto che ritrae i due giudici uccisi dalla mafia anche l’immagine di don Vito Corleone protagonista del film Il Padrino.
“Adesso – continua Antoci – Maria Falcone, alla quale va tutta la nostra solidarietà, andrà avanti appellandosi alla sentenza e ci auguriamo che la giustizia tedesca ponga rimedio a questa ingiusta decisione”.
“Delegazioni di tutto il mondo a ottobre scorso e per 4 giorni hanno discusso di lotta alle mafie – continua Antoci – rinnovando e migliorando quanto sancito dalla Convenzione di Palermo nel 2000. Per la prima volta si fa riferimento, in una risoluzione, al contributo di un singolo scrivendo: “la sua eredità sopravvive attraverso l’impegno globale per la prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata”. Un’eredità, quella di Falcone, che ha ottenuto un grande riconoscimento ma che deve rappresentare per tutti noi un forte e rinnovato impegno di lotta alle mafie. Mi auguro che se ne ricordino i Giudici Tedeschi nella sentenza di appello – conclude Antoci.