Parte un duro attacco dell’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, oggi Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto e scampato ad un attentato mafioso nel 2016, nei confronti del Boss Bontempo Gino scarcerato, nel mese di maggio durante la pandemia Covid19, dopo l’arresto scaturito a seguito dell’operazione “Nebrodi” del 15 gennaio che ha portato in cella 94 soggetti e 151 aziende sequestrate per mafia.
L’operazione “Nebrodi” della DDA di Messina, con a capo il Procuratore Maurizio De Lucia, fra le più importanti eseguite in Sicilia, ha coinvolto tanti soggetti già pregiudicati per mafia e fra loro proprio Bontempo Gino considerato, nell’ordinanza, un vero padrino e definito come “Don Vito Corleone”.
Adesso basta – tuona Antoci – occorre rivedere il provvedimento di scarcerazione. È un segnale devastante la sua permanenza a Tortorici. Lo Stato non può permettersi un tale sfregio a coloro che per anni hanno patito le vessazioni dei gruppi mafiosi. Occorre agire subito con la revisione dell’ordinanza”.
Un attacco da far tremare i polsi e che scuote gli ambienti della mafia Nebroidea che vede nel Presidente Antoci il suo nemico numero uno.
Si ricordano le parole pronunciate da alcuni militanti delle famiglie mafiose vicine ai Batanesi, di cui Bontempo Gino risulta nell’ordinanza chiaramente affiliato. I soggetti, come si evince da un’annotazione dei ROS, dicevano: “Ci vogliono 5 colpi per farla finita con Antoci”.
Se Bontempo Gino pensa di passare le vacanze a casa – aggiunge Antoci – sappia che io tenterò in tutti i modi di evitarlo. È un atto di giustizia e di rispetto nei confronti della tanta gente perbene che non può ricevere tali segnali “.
“Bisogna aiutare a tutti i costi gli agricoltori e allevatori onesti, stragrande maggioranza della popolazione siciliana, che hanno, in questi anni e per primi, subìto la morsa della mafia. A loro devono giungere con correntezza e senza ritardi gli aiuti comunitari e, per questo, il lavoro di Agea e del suo Direttore Generale Pagliardini sta dando buoni risultati. A loro, comunque, lo Stato deve far capire che non rimarranno mai soli nelle mani delle famiglie mafiose imperanti nei vari territori. E’ proprio per questo che il rientro in carcere di Bontempo Gino sarebbe una concreta risposta alle loro aspettative – conclude Antoci.