In questo fine settimana, precisamente domenica 24 febbraio, vi proponiamo una manifestazione davvero unica nel suo genere, il trentunesimo Torneo del Maiorchino, in cui si sfideranno Novara di Sicilia e Montalbano Elicona, due tra i Borghi più belli d’Italia, rappresentati dai rispettivi sindaci, Girolamo Bertolami e Filippo Taranto. Un evento nell’evento, all’interno del periodo carnascialesco, promosso come ogni anno, dal Circolo Sportivo Olimpia in collaborazione con il comune di Novara che, a partire dalle 15,30, vedrà il tradizionale lancio del formaggio nel tratto compreso fra via Duomo e il piano di Don Michele. Prima di conoscere il “gioco del maiorchino“, penetriamo in questi due meravigliosi “Borghi incantati”.
Novara di Sicilia
Le origini preistoriche di Novara di Sicilia, sita tra i monti Nebrodi e i Peloritani, sono documentate sia dai ritrovamenti nella contrada Casalini, che dalle rudimentali abitazioni scavate all’interno della roccia Sperlinga, presso San Basilio. Uno scritto di Bernabò Brea, del 1948, documenta il ritrovamento di un riparo sotto essa in cui è stato rinvenuto un notevole numero di frammenti di ceramica e di vasi, oggi custoditi nel museo di Lipari. Tra storia e leggenda si ha motivo di ritenere che oltre 2000 anni prima di Cristo, in contrada Grottazzi, tuttora esistente, abitassero i Ciclopi. Nella contrada Casalini certamente ebbe origine l’antica Città di Noa che, raggiunto il suo massimo splendore in età greco-romana, fu danneggiata dal terremoto che, tra il 24 e il 79 d.c., distrusse anche Tindari.
Successivamente il territorio fu abitato e fortificato dai Saraceni che costruirono uno Castello del quale si possono ancora ammirare i ruderi, dichiarati di grandissimo Interesse Storico ed Architettonico. Le tracce dell’antico Monastero cistercense di Vallebona, (sec. XII), a 5 chilometri dalla città, sono segni evidenti della notevole rilevanza che esso ha avuto per la storia di Novara. Dell’intero complesso monastico, primo del genere in tutta la Sicilia, insieme alle rovine resta la Regia Chiesa Abbaziale di Santa Maria La Noara, fondata da Ugone Cistercense, mandato in Sicilia, per pace fatta tra il regno di Sicilia e il papato, appositamente da San Bernardo di Chiaravalle, del quale era stato discepolo. Il Monastero fu abitato fino al 1659, quando i monaci bianchi si trasferirono in un nuovo monastero nel centro di Novara. L’area prescelta fu quella su cui oggi insistono l’attuale chiesa abbaziale di S. Ugo e l’Istituto Antoniano del Santo Annibale Maria di Francia, su un piccolo promontorio.
Il Castello di Novara e l’Abbazia Cistercense di Vallebona costituirono i centri, l’uno civile e l’altro religioso, della Novara Medievale. Il Borgo, che raggiunse il suo massimo sviluppo nel secolo XVII, periodo in cui fu edificato quasi tutto il tessuto edilizio conservato fino ad oggi, ha un tessuto di chiaro impianto medievale: le strade sono per lo più pavimentate con acciottolato stretto tra due file continue longitudinali di pietra arenaria locale, che sul territorio affiora un po’ dovunque, e contribuiscono a valorizzare l’architettura del centro storico. La notevole quantità di elementi architettonici realizzati sia in pietra arenaria, che in pietra rossa marmorea (cipollino), anch’essa locale, presenti in tutte le chiese del comune, testimoniano l’importanza a Novara dell’arte dello scalpellino. Da alcuni anni, “il nobile mestiere”, che ebbe una lunga pausa legata all’avvento del cemento, è stato ripreso e con grandi risultati.
Montalbano Elicona
Montalbano Elicona, Borgo dei borghi 2015, è un luogo sospeso nel tempo, di epoca medievale, con un antico castello che in principio fu una torre, in seguito fortezza, poi castello e, infine, palazzo reale. Diverse le ipotesi sulle origini del suo nome che alcuni fanno risalire alle parole latine “Mons Albus“, Monte Bianco, con riferimento ai monti innevati, e altri al nome arabo “al bana“, dal suggestivo significato di “luogo eccellente”. Nell’inno omerico a Poseidone, quest’ultimo viene definito: “scuotitore della terra e delle lande marine, dio dei profondi abissi e signore del Monte Elicona…” e i monti su cui sorge Montalbano Elicona, l’antica città greca di Helicon, erano detti proprio “Monti di Nettuno” (o Poseidone). Il fatto che tra i monti dedicati al dio (i Peloritani), vi fosse il monte Helicon di cui era “Signore”, attesterebbe l’origine atlantidea di parte dei suoi abitanti, suggestiva ipotesi di “Argimusco Decoded”, libro di successo di Paul Devins e il compianto professor Alessandro Musco, che fu titolare di Storia della filosofia Medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo e Presidente dell’Officina di Studi Medievali di Palermo.
Montalbano Elicona, che possiamo definire luogo “mitico”, ha un incantevole e labirintico centro storico con scorci d’incantamento che lasciano senza fiato; scalinate che si inerpicano tra le casette in pietra dai balconi fioriti; stradine acciottolate, che passano sotto gli archi di alcune delle antiche porte della città, come quella di Porta Giovan Guerino e, a pochi passi, il bosco di Malabotta e l’Argimusco, la Stonehenge siciliana, unico caso al mondo che riproduce specularmente le costellazioni poste sull’orizzonte al tramonto estivo e in cui troverete un’atmosfera rarefatta che rimanda a un remoto passato, facendolo rivivere grazie ai megaliti dalle forme bizzarre, tra cui spicca “l’Orante“, una figura di donna in preghiera in cui alcuni vedono Cerere, altri la Madonna e altri ancora la regina Eleonora d’Angiò che visse per lunghi periodi nel castello di Montalbano e commissionò, sempre secondo l’affascinante tesi di Argimusco Decoded, l’Argimusco con i suoi megaliti al grandissimo medico-teologo e astrologo catalano, Arnau de Vilanova, per le cure mediche e la salute di Federico III, Re di Sicilia, che assegnò alla consorte la cosiddetta “Camera Reginale”. Un borgo che ammalia e incanta in cui non si vede l’ora di ritornare.
Il Torneo del Maiorchino
Il gioco del maiorchino, che si presenta come variante della “Ruzzola” che, in lingua italiana è un disco di legno che si lancia con la mano facendolo ruzzolare per le strade campestri. In dialetto novarese, invece, “a maiurchèa” è una forma di formaggio pecorino locale, dai 10 ai 12 kilogrammi con uno spessore di 10 ai 12 cm. e con un diametro intorno ai 35 cm., che si lancia con il mazzacorto, avvinto lungo la circonferenza. La prima manifestazione popolare della “maiorchìna” a Novara di Sicilia, dovette avere inizio nel primo trentennio del 1600, epoca in cui cominciava a essere battuta la strada che va dallo spigolo della cappella della Madonna del Carmine al piano don Michele. Il gioco della “maiorchìna” non poteva esistere prima, perché non poteva essere praticato nell’angusta via del Passitto, con i suoi vicoli ciechi. A Novara di Sicilia questo torneo si pratica con grandissimi entusiasmo e partecipazione, seguendo le stesse regole di un tempo. Il sindaco Giro Bertolami, entusiasta come un ventenne e dedito h24 alla sua piccola e virtuosa comunità, con grande soddisfazione, ci ha raccontato: “Da Natale in poi, Novara di Sicilia, ha visto un afflusso incredibile di turisti che continuano ad aumentare in vista di questo “Torneo” che ha per protagonista il “Maiorchino”, formaggio tipico composto da latte ovino per il 65% e di latte caprino per il restante 35%, e nacque come gara fra i pastori per decretare il formaggio più duro e resistente. Infatti, se troppo morbido si rompeva per la felicità dei ragazzi che si tuffavano in questa prelibatezza. L’anno scorso abbiamo partecipato a Verona al “Tocatì” Festival Internazionale dei Giochi in Strada, eravamo tra i 12 comuni partecipanti, grazie a questo gioco che stiamo facendo conoscere per promuovere il nostro territorio. Questa Torneo, proprio come nel calcio, da un mese a questa parte si è messo in movimento con preliminari, quarti di finale, semifinale e la finale del 3 marzo. Il Torneo di Maiorchino con l’amico Filippo Taranto, sindaco di Montalbano Elicona, è una estemporanea all’interno di questa gara antica che continuiamo a custodire nel presente“.
Ringraziando il sindaco per le tante chicche che ci ha raccontato, continuiamo col nostro viaggio nel “gioco del maiorchino”, che è fatto di abilità, ma soprattutto di fortuna, e consiste nel lanciare la “maiorchìna”, facendo leva sul piede di appoggio fermo, pedi fermu, sul punto segnato, senza alcuna rincorsa, lungo il percorso che va dall’inizio della via Duomo al traguardo fissato alla fine di un muretto del piano don Michele. In caso di una eventuale appendice, dovuta al gioco, si prosegue come da tradizione, per la stradina che porta ai mulini di Corte Sottana. Indicati dai capitani i due primi giocatori, fatta la conta, u toccu, per stabilire chi deve iniziare, rispettivamente intervallati, lanciano a maiurchèa lungo il percorso citato, da cantuèa da Chiazza a sarva du chièu don Michèri, e di seguito, i secondi giocatori delle rispettive squadre, alternandosi, dal punto dove è andata a fermarsi.
La squadra, composta da due o tre tiratori, che con il suo ultimo giocatore raggiunge, oltrepassa e va più lontano da sarva dell’altro, a parità di colpi (lanci), risulta la vincitrice e ha diritto al possesso della posta in palio: “a maiurchèa”. Ai margini della strada, dopo mezzogiorno, si assiepa una folla tifante e di indescrivibili proporzioni che fa vivere ai sempre più numerosi turisti un’atmosfera di esultanza e di esaltazione, di emulazione e rivalità, di confronti e preferenze, di previsioni e pronostici. Come se si sfogliasse un vocabolario antico, si pronunciano parole di lingue diverse e si ascoltano parole ed accenti arcaici. Eccone alcuni:
Preliminari: “u toccu” – “gratta a maiurchèa e strìghila bora o muru” – fagìdivi fa a lazzàda ‘nciàda du scarpàu” – “guàrdici u strittu” – “mòglia bora a maiurchèa”.
Modi, cause ed effetti del lancio: “mòglia bora a lazzàda” – strìngila bella fitta” – “schìccila a màu dritta” – “dacci na runcàda” – “lànzila o spìgu da cappillitta” – “mèttici u strittu p’a cariètta” – “mèttici un giru e menzu i lazzada“ – ‘mbuccàu” – “a ‘mbusciuèu” – “a cattafuccàu” – “si ni niscìu i to lazzu” – “si smugliau” – “si cuglìu” – “sarvàu”.
Avvisi: “guardèmmu” – “i ghemmi”.
Numerosi sono gli imprevisti, i trabocchetti, per cui non c’è mai sicurezza di vittoria da ambo le parti e, molto spesso, accade che i giocatori meno esperti prevalgano sui più quotati. Liberandosi da lazzàda (spago), la “maiorchìna” comincia a guadagnare terreno, girando su sé stessa vorticosamente, “rotola, saltella, rimbomba, precipita” lungo la strada, sbattendo qua e la, immettendosi in altri vicoli (vaèlli) non previsti dal gioco, andando poi, non avendo più la forza di girare, a voltarsi e rivoltarsi, adagiandosi a terra, spesso in fossi che, numerosi, sono ai margini della strada e spesso andando “a tombolare” sotto le case, su profonde cavità (cattafùcchi) esistenti tra esse e la strada elevata. Quando la “maiorchìna” sollecita, lesta e diritta, percorre l’itinerario prestabilito, coralmente si applaude al bel colpo, riuscito e azzeccato.
Regolamento del gioco
Art. 1 Il giuoco consiste nel lanciare il maiorchino lungo il percoso che va “da cantuèa da Chiazza a sarva du chièu don Michèri”;
Art. 2 Ogni squadra deve segnalare, prima dell’inizio della gara, il proprio capitano, che potrà conferire con i giudici di gara per far valere le proprie ragioni “nel caso … ve ne fossero”;
Art. 3 Inizia il giuoco la squadra che risulta sorteggiata per prima (toccu);
Art. 4 Ogni giocatore deve lanciare il maiorchino dal punto segnato, senza alcuna rincorsa, facendo leva sul piede di appoggio (pèdi fermu);
Art. 5 Vince la squadra che raggiunge, per prima il punto di arrivo (a sarva) a parità di lanci (corpi).In caso di una eventuale appendice, si prosegue, come da tradizione, per la stradina che porta ai mulini di Corte Sottana;
Art. 6 Nel caso in cui il maiorchino, durante la gara, dovesse rompersi, verrà segnato il punto dove si fermerà il pezzo più grande e verrà sostituito con un’altra forma di maiorchino di eguale peso;
Art. 7 Per quanto non previsto nel presente “regolamento”, restano sempre in vigore le ataviche e vetuste regole del “Giuoco del Maiorchino a Novara”.
Viva le nostre belle tradizioni, Viva Novara di Sicilia e, la sua rivale per gioco, Montalbano Elicona, scrigni preziosi di una Sicilia, terra tutta da scoprire.