Il 30 ottobre 2017, la Procura di Messina, sequestra il settimanale “100Nove”. Cessano così, dopo 25 anni, le pubblicazioni di una testata che ha gettato un sasso nel torpore delle cronache siciliane e che si è distinta negli anni per le inchieste politico- giudiziarie dal “ Caso Messina” al “ Caso Montante”. Quasi un anno dopo, alla fine del settembre 2018, viene sottoposto a sequestro giudiziario finalizzato alla confisca, l’impero editoriale di Mario Ciancio, l’ex presidente della federazione degli editori, che controlla “ La Sicilia” di Catania, “Gazzetta del Mezzogiorno“ di Bari, e ha partecipazioni societarie negli altri due quotidiani siciliani, “Giornale di Sicilia” e “Gazzetta del Sud”.
L’editoria del meridione è sotto scacco. Partendo da questo ultimo evento, Enzo Basso, fondatore e ultimo direttore del settimanale “100Nove”, ripercorre le tappe dell’indagine a carico del più importante editore del Sud accusato di concorso esterno alla mafia.
Una inchiesta lunga dodici anni, rinviata dalla Cassazione al Tribunale di Catania, dopo un curioso ping pong di provvedimenti giudiziari che annullano e fanno riaprire indagini su un fronte lungo mezzo secolo. Un braccio di ferro dentro la magistratura che Enzo Basso indaga nei vari aspetti penali, sociali, economici ed antropologici per approdare ad una riflessione finale: il processo ed editori storici va tenuto in un tribunale “neutro”, come si fa già con i magistrati. A goderne è la certezza del diritto.
Un appello in questo senso è rivolto al Presidente della Repubblica perché nella qualità di capo del Csm, il consiglio superiore della magistratura, intervenga per ridare serenità ad un rapporto incrinato tra stampa e giudici. Il controllo inaugurato dalla magistratura di Messina con il sequestro preventivo della testata “100Nove”, un fatto traumatico che ha determinato la chiusura del settimanale d’inchiesta siciliano, mette a nudo l’incapacità dello Stato ad amministrare le iniziative editoriali e pone una pesante ipoteca non solo alla libertà di stampa ma anche al rispetto dovuto all’art.21 della Costituzione che tutela la libertà di espressione, principio cardine alla base delle società democratiche.