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Il ricordo di Falcone: un’occasione persa per una memoria condivisa

giovedì 23 Maggio 2019
falcone

Oggi è una di quelle date che dovrebbe essere patrimonio di tutti e invece, il ricordo del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, e degli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, è diventato l’occasione per divisioni, distinguo, accuse, veleni, lenzuoli di protesta ai balconi e contromanifestazioni.

Niente di più inutile, niente di più dannoso per una memoria che dovrebbe essere condivisa e andare al di là delle divisioni politiche.

Perché, non ce lo dobbiamo negare, la vera ragione di tutte queste divisioni, o se vogliamo, il vizio d’origine, è la presenza a Palermo del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Presenza ovvia, come del resto lo era stata negli anni passati quella dei suoi predecessori al Ministero dell’Interno. Ma, evidentemente, il fatto che il ministro Salvini venga a Palermo in una data così importante è visto come un’onta da coloro che ritengono che la lotta alla mafia (e anche la partecipazione a un giorno di ricordo) sia ad esclusivo uso e consumo di coloro che coltivano certe idee, o meglio, ideologie, e dovrebbe, invece, essere preclusa a tutti gli altri.

Eppure, pur guardandoci dal volere generalizzare, in certi casi non si può nascondere che i megafoni di queste polemiche siano gli stessi “maestri di legalità” che applaudivano e strizzavano l’occhiolino a quei “professionisti dell’antimafia” che hanno spadroneggiato in Sicilia per tanti, troppi anni, creando carriere e fortune politiche sulla pelle delle vittime di Cosa nostra. Ma, evidentemente, il “caso Montante” e quel che ha rappresentato per la nostra terra è stato già frettolosamente e abilmente dimenticato da molti.

Per non parlare dell’iperbolico accostamento “mafia-fascismo” che alcuni studenti palermitani hanno fatto per inscenare una contromanifestazione dal sapore vetero-ideologico: evidentemente, si tratta di studenti immemori del fatto che la prima grande vera crociata alla mafia fu fatta, proprio in pieno periodo fascista, dal prefetto Cesare Mori, incaricato da Mussolini di ripulire la Sicilia dai mafiosi.

Ma, storia a parte, restano i veleni di oggi, con Claudio Fava che ha annunciato la propria assenza dall’aula bunker dell’Ucciardone, spiegando che il ricordo di Falcone è diventato una sorta di Festino di Santa Rosalia, e con il presidente della Regione Musumeci che ha deciso pure lui di non esserci con una motivazione inspiegabile “C’è troppo veleno“. Per non parlare della contromanifestazione, di coloro che hanno deciso che non andranno all’aula bunker e saranno semmai presenti alla casina di Capaci: fra questi Anpi, Arci e chi più ne ha più ne metta. Poi c’è la storia dei lenzuoli ai balconi anti-salvini: pochi, a dire il vero, anzi pochissimi, ma esempio anche questo, di protesta radical-chic da “salotto buono” di stampo divisivo, in un giorno in cui occorrerebbe essere tutti uniti, quanto meno nel ricordo.

E la domanda che nasce è se abbiano fatto più passerella e protagonismo quei politici che oggi sono presenti all’Aula bunker e all’albero Falcone, oppure coloro che hanno riempito le redazioni dei giornali con comunicati stampa per motivare la propria assenza.

Insomma, Palermo e la Sicilia hanno perso un’occasione, inscenando un tutti contro tutti (o forse un tutti contro uno) di cui non c’era alcun bisogno. Mentre immaginiamo che Matteo Messina Denaro, dal proprio covo, se la rida.  

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