Nel 1772 venne pubblicata la prima edizione delle “Riflessioni politiche intorno all’efficacia e alla necessità delle pene dalle leggi minacciate”, opera nella quale vengono trattate dall’autore, Tommaso Natale, diverse questioni giuridiche.
Ma chi era costui? Tommaso Natale, marchese di Monterosato, località nei pressi di Palermo, fu un grande giurista, raffinato uomo di pensiero, profondo conoscitore del dibattito intellettuale europeo che s’infiammava sempre più in quegli anni e, pur non avendo mai viaggiato con il fisico, almeno sino agli anni giovanili, lo aveva fatto tante volte con la mente e lo spirito.
Nella formazione di Natale un ruolo fondamentale lo giocherà la filosofia di Gottfried Wilhelm von Leibniz. Non è un caso che il pensiero del filosofo tedesco domini la prima opera del nobile palermitano, completata nel 1756 e intitolata “La filosofia leibniziana esposta in versi toscani”, un poema, la cui pubblicazione recherà diversi problemi al marchese. Infatti, Leibniz criticò in modo chiaro e sistematico il principio secondo cui la ragione si debba subordinare alla fede, principio che ovviamente non poteva essere accolto dal mondo ecclesiastico. Pertanto, la Chiesa, intuendo che nel poema di Tommaso Natale si annidavano tali idee, idee portatrici di una nuova visione del mondo, nel 1758 inserì il testo nell’elenco delle opere proibite.
A questo punto, nello stesso anno, desideroso di cambiare aria, Natale decise di lasciare Palermo per trasferirsi a Napoli. Qui, entrò in contatto con diversi ambienti intellettuali, dove,molto accesi erano i dibattiti sulle idee illuministe, soprattutto in riferimento alla giustizia. E proprio su questi temi il pensatore siciliano affermò teorie e concetti incredibilmente innovativi per l’epoca, espressi nel 1759 nelle “Riflessioni politiche”, opera rimasta inedita, come abbiamo potuto vedere, sino al 1772 (probabilmente perché timoroso delle reazioni che avrebbe potuto suscitare la pubblicazione del testo).
Uno dei temi centrali del trattato riguarda la natura della pena che, secondo Natale, non deve rappresentare una vendetta personale: per cui, anche se ogni delitto merita una punizione, quest’ultimadeve essere equa, cioè deve essere proporzionata al reato commesso. Oltretutto,la pena non deve avere lo scopo d’infliggere un castigoma dovrebbe indurre il reo a riflettere su quanto commesso. Inoltre, scontando la propria pena il condannato si riscatta dalle proprie colpe e può nuovamente essere accolto nella società. Idee che saranno espresse, cinque anni più tardi, nel 1764, da Cesare Beccaria nel “Dei delitti e delle pene”, opera attraverso cui l’intellettuale milanese otterrà fama internazionale.
Ma se entrambi i pensatori ritenevano che una pena eccessivamente severa e sproporzionata serva soltanto a mortificare, a umiliare, a offendere la dignità umana, tra i due c’erano anche delle differenze: infatti, Beccaria, considerava l’essere umano come soggetto astratto, Natale, invece,considerava l’uomo come essere dominato da pulsioni, spesso sopraffattodalle passioni e dai vizi. Il giurista palermitano, pertanto, riteneva fondamentale porsi dal punto di vista del fuorilegge, l’unico modo, a suo avviso, per comprenderne le pulsioni che lo hanno spintoall’azione delittuosa, quindi, solo in questo modo sarà possibile mettere in campo un’efficace politica di prevenzione.
Inoltre, Natale disapprovava il ricorso alla tortura, poiché, sottoposto a crudeltà di ogni tipo anche un uomo innocente può giungere, in preda alla disperazione, a dichiararsi colpevole pur di liberarsi dalle insopportabili sofferenze patite. Disapprovava anche il ricorso alla pena capitale, ai suoi occhi, poco efficace poiché gli uomini non conoscono la morte, non sanno cosa sia con precisione, per cui, secondo il giurista palermitano, si tratta di una pena poco deterrente finalizzata soltanto a soddisfare le pulsioni vendicatrici. Quindi, in Natale è ben presente, rifacendosi a John Locke e Charles- Louis de Secondat di Montesquieu, il concetto di Stato di diritto, cioè un sistema politico- giuridico dove viene garantita la libertà dei cittadini e nel quale vi è la certezza della legge, quindi della pena, sempre proporzionata alla colpa commessa.
In conclusione, possiamo dire che Tommaso Natale fu un grandissimo intellettuale siciliano, in grado di ritagliarsi un ruolo rilevante nel quadro del dibattito filosofico e giuridico del suo tempo, promotore di idee e concetti sicuramente rivoluzionari per l’epoca e che saranno riproposti cinque anni più tardi da Beccaria, la cui opera probabilmente oscurerà il libro del marchese palermitano che certamente avrebbe meritato maggior fortuna. In ogni caso, quelle di Tommaso Natale sono idee di una modernità sbalorditiva, concetti che, dopo oltre 250 anni, riescono ancora oggi ad essere oggetto del dibattito politico continuando a dividere l’opinione pubblica.