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In occasione del 202° Anniversario della Fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, si è svolta a all’Istituto Penale per i Minorenni Malaspina di Palermo, la cerimonia commemorativa alla presenza dei rappresentanti di varie istituzioni siciliane.
Una celebrazione che “rappresenta la continuità di un corpo che ha sempre servito il Paese lavorando in quei luoghi e in quelle strutture che la società preferisce dimenticare – sottolinea Francesco Cerami, comandante di reparto della polizia penitenziaria all’IPM – e che ricorda, purtroppo, soltanto in momenti di ondate emotive, non ricordando che in queste strutture vivono delle persone detenute che hanno commesso dei reati e che devono scontare una pena per poi essere reinserite in società e soprattutto vivono dei professionisti danno un senso a questo che è un obbligo che la Costituzione ci impone“.
“La giustizia minorile è un settore molto importante e delicato – dice Rosanna Gallo, direttore del Centro giustizia minorile per la Sicilia – noi ci prendiamo cura dei ragazzi che entrano nel circuito penale perché commettono reato, cerchiamo, durante l’esecuzione di un provvedimento penale, di far fare loro un percorso trattamentale, orientato verso i valori della legalità e onestà. In questo percorso intervengono non solo gli operatori e gli educatori ma anche la polizia penitenziaria che ha un ruolo specifico nella giustizia minorile rispetto al settore adulti in quanto ha un rapporto diretto con ciascun ragazzo, per questo oggi celebriamo questa figura fondamentale e imprescindibile“.
“Si tratta di una giornata particolare e importante per tutti noi – dichiara Clara Pangaro, direttore dell’Istituto penale per i minorenni Malaspina – tutto il personale del corpo della polizia penitenziaria si impegna quotidianamente in un lavoro faticoso con spirito di servizio e senso del dovere per raggiungere le finalità e il mandato che è proprio degli istituti penali e di tutti i servizi della giustizia minorile e noi oggi celebriamo l’impegni di questi uomini e donne che appartengono al corpo della polizia penitenziaria“.
Cenni storici
Il Corpo di Polizia Penitenziaria, oggi giunto al 202° Annuale della fondazione, trae le sue origini dalle regie Patenti del 1817 che approvarono il “Regolamento della Famiglia di Giustizia” atto di nascita dei custodi delle carceri che, nel Regno d’Italia, assumeranno la denominazione di guardiani. Dopo l’Unità d’Italia, con l’estensione del codice penale sardo del 1859 a tutte le provincie italiane il Governo, nell’arco di due anni, emanò i nuovi regolamenti delle carceri. Nel 1861, con Regio Decreto del 9 ottobre n. 255, fu istituita la Direzione generale delle carceri dipendente dal Ministero dell’Interno, in sostituzione della Divisione dell’Ispettorato generale, creata nel 1849 dal Regno Sardo, al cui vertice era stato posto un ispettore generale e si giunse al primo riordino del relativo personale. Primo direttore generale delle carceri del Regno d’Italia fu nominato, nel 1861, l’avvocato Giuseppe Boschi, già ispettore generale, che vi rimase in carica fino al 1870.
Il riordino e l’unificazione del personale di custodia si ebbe con la legge 23 giugno 1873, n. 1404 (serie 2) “Riordinamento del Personale di Custodia delle Carceri e dei Luoghi di Pena”, che emanò il Regolamento 27 luglio 1873 “pel corpo delle guardie carcerarie”. Il regolamento stabiliva le nuove qualifiche di capoguardia, sottocapo e guardia e introduceva la denominazione di guardia carceraria in luogo di guardiano. Il corpo delle guardie carcerarie era organizzato militarmente.
L’esigenza di istituire la scuola per gli allievi guardie fu posta dal regolamento del personale del 1873, che riorganizzava il personale di custodia richiedendo specifici requisiti e assegnando precise competenze. Il regolamento istitutivo della scuola fu emanato con R. D. n. 1510 (serie 2) 27 luglio 1873. La scuola per gli allievi guardie trovò ospitalità nei locali dell’ex monastero di Regina Coeli, sito in via della Lungara e fu inaugurata il 15 luglio 1875.
Il Corpo delle guardie carcerarie, istituto con il regolamento del 1873, fu riformato dal R.D. n. 7011, 6 luglio 1890, che istituì il Corpo degli agenti di custodia. Lo stato critico degli stabilimenti penitenziari e le esigenze di custodia determinate dai numerosi detenuti adibiti ai lavori all’aperto, rendevano insufficiente l’organico degli agenti di custodia, le cui condizioni di lavoro continuavano ad essere massacranti e insufficientemente retribuite, a queste difficoltà si aggiungeva il rigido sistema di disciplina cui era sottoposto il personale. Aspetti critici che avevano inevitabilmente riflessi negativi sul funzionamento dell’intero sistema penitenziario.
Il Regolamento 30 dicembre 1937, n. 2584, seppure modificato negli anni successivi per adeguare le norme contenute al sistema democratico e alla nuova concezione del carcere sancita dalla riforma penitenziaria del 1975, è rimasto in vigore fino al 1990.
Il Corpo degli Agenti di Custodia, inquadrato con il decreto legge luogotenenziale 21 agosto 1945 n°508 nelle Forze Armate dello Stato, ottenne la concessione della Bandiera che, con solenne cerimonia, venne consegnata, il 12 settembre 1949, nella Scuola Allievi di Portici (NA), al 1° Battaglio Allievi Sottufficiali del Corpo.
Con Legge n. 395 del 15 dicembre 1990 per meglio interpretare i sentimenti sinceri di una Società moderna in rapida evoluzione, il Corpo viene disciolto ed il Ruolo delle Vigilatrici Penitenziarie viene soppresso, assumendo la denominazione di “Corpo di Polizia Penitenziaria”.
La fascia diminuita di rosso ricorda il sangue versato dagli uomini del Corpo degli agenti di custodia e dalle vigilatrici penitenziaria – oggi Polizia Penitenziaria – a difesa delle istituzioni democratiche e delle sue Leggi. La pezza onorevole del palato di quattro, nei colori tradizionali, è simbolo di fermezza e di stabilità nella missione assegnata. Lo stemma è timbrato dalla corona d’oro dei Corpi di polizia ed è circondato da fronde di quercia e di alloro, legate entrambe da nastro tricolore. I peculiari compiti istituzionali del Corpo sono anche richiamati nel motto: “Despondere spem munus nostrum” (garantire la speranza è il nostro compito), iscritto nella lista d’oro alla base dello stemma.
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