Militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Catania, su delega della locale Procura distrettuale, hanno eseguito un’ordinanza nei confronti di funzionari dell’Anas dell’area compartimentale etnea e di imprenditori di Palermo, Caltanissetta e Agrigento.
Contro di loro il gip ha emesso un provvedimento cautelare in carcere e agli arresti domiciliari che ipotizza reati di corruzione in concorso commessi nell’esecuzione dei lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale. Ai domiciliari sono finiti tre funzionari del compartimento Anas di Catania, per un altro si sono aperte le porte del carcere, un altro è stato interdetto per un anno, arrestati anche quattro imprenditori che sono finiti agli arresti domiciliari.
Le strade fra Messina, Catania e Siracusa non sfuggivano a questo meccanismo corruttivo. Spesso i lavori venivano eseguiti male, per fare in modo che poco tempo dopo fosse necessario procedere con altri interventi di manutenzione. E così, fra buche e asfalto danneggiato, ecco che i costi lievitavano e le mazzette pure. A casa di un dirigente dell’Anas, la Guardia di finanza ha rinvenuto quasi ventimila euro in contanti. La svolta delle indagini è avvenuta a settembre quando un imprenditore era stato sorpreso a pagare una grossa tangente a due funzionari dell’Anas.
L’inchiesta rappresenta il prosieguo dell’operazione ‘Buche d’oro’ del nucleo Pef della guarda di finanza di Catania su quelli che la Procura definisce i “rodati circuiti corruttivi all’interno dell’Anas di Catania che vedono coinvolti dirigenti e funzionari infedeli responsabili della manutenzione programmata di strade e raccordi della Sicilia Orientale e imprenditori corruttori compiacenti“.
I Pm parlano di “mercimonio e dazione di tangenti” con “illegittimi risparmi di costi consentiti alle imprese” che, in accordo con funzionari Anas compiacenti, “scovavano, tra le pieghe dei capitolati tecnici dei lavori loro affidati, ampi margini di ‘manovra’, individuando le lavorazioni da non effettuare o da realizzare soltanto in parte“.
“I pubblici ufficiali coinvolti – accusa la Procura di Catania – piegavano i loro poteri discrezionali di vigilanza e controllo orientandoli al perseguimento di scopi criminali, in totale dispregio dei rilevanti interessi pubblici in gioco. Il profitto conseguito era pari a circa il 20% dei lavori appaltati e veniva assegnato per un terzo ai dipendenti Anas corrotti e, per la parte restante, restava nelle casse dei corruttori“.
Complessivamente sarebbero state state versate tangenti per circa 93mila euro, e almeno in un caso con consegna di soldi avvolti nella carta stagnola, per chiudere gli occhi sui “lavori svolti in economia“.
Come confermato da funzionari Anas coinvolti, i vantaggi per l’impresa era nella mancata rimozione di parte del manto stradale usurato, dichiarare falsamente di avere messo più strati di asfalto e nel risparmio delle spese di trasporto del materiale in discarica.
E i funzionari dell’Anas collusi certificavano che i lavori erano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il capitolato dell’appalto. Così, accusa la Procura di Catania, le ‘buche’ diventavano ‘d’oro’.
Dall’inchiesta della Procura, su indagini del nucleo Pef della guardia finanza, emerge “un vero e proprio sistema di corruttela” all’Anas di Catania con accordi “sistematicamente ricorrenti” tra gli indagati che hanno una “logica mercantile nel loro operare“. Lo scrive il Gip tra le 70 pagine dell’ordinanza cautelare emessa nell’ambito dell’operazione ‘Buche d’oro’.
I funzionari indagati, osserva il Gip, “anziché fare gli interessi dell’amministrazione di appartenenza si preoccupano di favorire le ditte ‘amiche’ stabilmente asservendo in tal modo la loro pubblica funzione agli interessi” delle imprese.
Il Giudice delle indagini preliminari ricostruisce anche i meccanismi di ‘risparmio dei costi’, che veniva poi ripartito tra imprenditori e dipendenti Anas. Erano quest’ultimi, ricostruisce il Gip, che “consentivano alle ditte di effettuare i lavori appaltati in misura inferiore a quanto dovuto” con “la profondità nella scarificazione, nell’apposizione della guaina d’attacco e nello spessore del manto bituminoso e con minore misura di materiale di conferire in discarica“.
Nel provvedimento sono riportate anche le dichiarazioni “autoaccusatorie ed etero accusatorie” di due funzionari dell’Anas di Catania: gli ingegneri Giuseppe Romano, posto agli arresti domiciliari, e Antonino Urso, sospeso per un anno dai pubblici uffici, che, scrive il Gip, hanno rivelato l’esistenza di altri casi che sono adesso al centro di indagini del nucleo Pef della guardia di finanza, coordinate dalla locale Procura distrettuale.
I NOMI:
In carcere è finito il geometra Gaetano Trovato (cl.1965), dipendente A.N.A.S., Capo Nucleo B del Centro di manutenzione A dell’Area Tecnica Compartimentale, competente nella manutenzione ordinaria e straordinaria della SS 192 della Valle del Dittaino (EN) e SS 284 (Occidentale etnea).
Agli arresti domiciliari:
Salvatore Truscelli (cl.1963), rappresentante legale della “TRUSCELLI SALVATORE SRL”,
Pietro Matteo Iacuzzo (cl. 1969), rappresentante legale della “ISAP SRL”,
Roberto Priolo (cl.1971), rappresentante legale della “PRIOLO SRL” ;
Calogero Pullara (cl.1979), titolare dell’omonima ditta individuale.
Misura dell’interdizione dall’esercizio di pubblico ufficio per la durata di un anno per l’ingegnere Antonino Urso (cl. 1980), Capo Centro Manutenzione “A” dell’Area Compartimentale ANAS di Catania.