L’Ente sviluppo agricolo “batte cassa” alla Regione Siciliana. E lo fa con una sentenza del Tar del valore di circa venti milioni di euro.
L’importo è uno dei debiti fuori bilancio arrivati in prima commissione che la legislatura targata Musumeci si trova in eredità dai vecchi governi regionali ma che ad oggi non riesce a saldare. Il debito in questione nasce per l’appunto da una sentenza del Tar Sicilia (n. 01907/2015) “che ordina l’accertamento delle somme effettivamente erogate all’Esa, per ciascun anno a partire dal 2008 (sino al 2010), stabilendo il diritto dell’Ente ad avere erogato da parte degli Assessorati dell’Economia e Agricoltura della Regione Siciliana, la differenza tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire sull’accordo di programma del 6/3/2007”.
Il debito è stato verificato dal dipartimento Regionale Sviluppo Rurale e Territorio e fino a quando era impugnabile non è stato mai impugnato dalla Regione su indicazione dell’Avvocatura dello Stato.
Ma qual era questo accordo tra la Regione Siciliana, governata dall’allora presidente Totò Cuffaro e l’Esa? Il patto è pesante come un mattone e proprio di questi stiamo parlando: mattoni. L’Esa attraverso un accordo di programma ha di fatto trasferito cinque dei suoi immobili dislocati tra Catania e Palermo, alla Regione Siciliana, che a quanto pare a sua volta li ha trasferiti “tramite cessione a titolo oneroso” ad un fondo temporaneo di imprese costituito da Pirelli, Real Estate, Società di Gestione del Risparmio Spa, Intesa Sampaolo e altri. Il fondo è stato denominato “Fondo Immobiliare Pubblico Regione Siciliana”. Il valore di questo accordo era pari a circa 34 milioni di euro.
Un fondo, che avrebbe cambiato pelle nel corso degli anni ed è balzato alle cronache giornalistiche attraverso un’inchiesta della Corte dei Conti (2008) e un’indagine della procura di Palermo (2017). A quanto pare gli immobili dell’Esa – sia quelli Catania che di Palermo – sarebbero stati venduti al Fondo per essere poi riaffittati dalla Regione stessa. Dice l’accordo di programma ed esattamente il comma 4 dell’articolo 6: “Le locazioni attive sui medesimi immobili sono a beneficio dell’Ente e dello stesso saranno riscosse”.
Venti milioni di euro circa, che ad oggi non sono arrivati nelle casse dell’Esa, seppur da anni ci sono state una serie di missive tra l’ente e la Regione Siciliana e una sentenza, come già detto del Tar. Oggi le carte della vicenda stanno nelle scrivanie della commissione Bilancio dell’Ars ma il presidente Savona assicura che: “sono stati già inseriti sui capitoli di spesa”.
Proprio ieri (23 ottobre ndr) il governatore Musumeci nel corso di un suo intervento ad un incontro organizzato dalla Cisl a Palermo ha dichiarato: “La Corte dei Conti ha messo in difficoltà questo governo, adesso dobbiamo congelare le risorse disponibili perché in occasione della parifica di Bilancio potrebbero emergere alcuni nuovi disavanzi“.
Nel settembre del 2018 l’Ente di sviluppo agricolo attraverso il suo ex presidente Nicola Caldarone, ha inviato una nota protocollata ai vari assessorati e alla Ragioneria Generale quanto segue: “Con la presente si evidenzia che, nonostante il lungo tempo trascorso e le innumerevoli note inviate fin dal 2016 agli organi in indirizzo non risulta essere stato dato alcun seguito alla sottoscrizione di un formale accordo transattivo sulla problematica in oggetto (accordo di programma) anche in virtù della sentenza Tar di Palermo favorevole all’Esa, non impugnata dalla Regione su espressa indicazione dell’Avvocatura dello Stato che ne ha riconosciuto la fondatezza, in fatto ed in diritto, perciò passata in autorità di cosa giudicata. Si evidenzia altresì onde non incorrere in eventuali responsabilità che possano derivare anche in capo al sottoscritto rappresentante legale e al cda cid si reitera con la presente nota formale atto di diffida e messa in mora ai sensi del codice civile, interruttivo di ogni termine di prescrizione e/o decadenza sul credito vantato dall’ente per il pagamento di quanto spettante relativamente alle somme…”
Caldarone lascia la presidenza dell’Esa ad ottobre 2018. Le dimissioni arrivano dopo sette mesi alla guida del Cda. Caldarone ha comunicato la decisione (che sarebbe stata presa in raccordo con Forza Italia), ai dipendenti nel corso di una riunione. Pare che il suo successore dovesse arrivare dalle fila di “Diventerà Bellissima”.
Una storia complicata quella dell’Ente che ad inizio mandato Musumeci aveva definito: “l’ultimo vergognoso carrozzone della Prima repubblica”. Ma da quelle dichiarazioni, nulla di concreto ed effettivo al momento, che cancellasse l’Esa e assorbisse i dipendenti (600 tra lavoratori di ruolo e stagionali) in un nuovo dipartimento.